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Huawei e la corruzione cinese nel cuore dell’Europa. Ecco cosa sappiamo

La polizia belga ha effettuato una serie di perquisizioni in Belgio, Francia e Portogallo, indagando su un presunto giro di tangenti di Huawei. L’inchiesta, avviata due anni fa, coinvolge lobbisti, eurodeputati ed ex-politici per presunti favoritismi

Il cuore dell’Europa viene scosso da uno scandalo legato al colosso cinese delle telecomunicazioni Huawei. Nelle scorse ore le autorità belghe hanno effettuato una serie di perquisizioni in oltre venti indirizzi, sigillando due uffici all’interno del Parlamento europeo, nell’ambito di un’inchiesta su un presunto giro di corruzione e riciclaggio di denaro legato alle attività di lobbying della multinazionale cinese in Europa.

Secondo la Procura federale belga, l’indagine riguarda accuse preliminari di corruzione attiva, falsificazione di documenti e riciclaggio di denaro. Il presunto schema corruttivo avrebbe favorito il gigante tecnologico cinese già oggetto di preoccupazioni in Europa per i suoi legami con il governo di Pechino e con la People’s Liberation Army. Le operazioni di polizia, durante le quali sono stati arrestati diversi sospettati, si sono svolte a Bruxelles, nelle regioni delle Fiandre e della Vallonia, in Portogallo e in Francia.

A rivelare che Huawei fosse il fulcro dell’indagine è stata un’inchiesta congiunta del sito Follow the Money, del quotidiano belga Le Soir e del settimanale Knack. Le testate hanno rivelato che “le irruzioni notturne facevano parte di un’indagine segreta della polizia iniziata circa due anni fa a seguito di una segnalazione dai servizi segreti belgi”.

L’indagine si concentra in particolare sul lobbying di Huawei, un tempo influente in Europa ma recentemente ostacolato a causa dei timori di sicurezza. Il South China Morning Post riporta che degli agenti di polizia sarebbero entrati nella sede principale di Huawei a Bruxelles. Oltre alla sede del colosso cinese, sarebbero state perquisite anche le abitazioni dei suoi lobbisti.

Secondo la Procura belga, le attività illecite si sarebbero svolte dal 2021 in modo “regolare e molto discreto”, sotto la copertura di attività di lobbying commerciale. Tra le pratiche sotto indagine vi sarebbero la remunerazione per l’adozione di posizioni politiche favorevoli, regali costosi, inviti a eventi sportivi e copertura di spese di viaggio e ristorazione. La procura ha dichiarato che l’attività presuntamente corruttiva mirava a “promuovere interessi commerciali puramente privati nel contesto delle decisioni politiche”.

Gli inquirenti avrebbero nel mirino circa 15 tra deputati ed ex-deputati al Parlamento europeo, sospettati di aver ricevuto “viaggi di lusso in Cina e persino denaro in contante” per supportare Huawei nelle decisioni politiche europee. Tra le personalità coinvolte anche quella di Valerio Ottiati, dirigente Huawei finito al centro dello scandalo. Ottiati avrebbe lavorato come assistente parlamentare a Bruxelles tra il 2009 e il 2019, collaborando con eurodeputati italiani in ruoli chiave nella gestione delle relazioni Ue-Cina. Il suo ruolo e le sue connessioni con Pechino potrebbero essere elementi chiave nelle indagini in corso.

Il Parlamento europeo ha dichiarato di aver ricevuto una richiesta di collaborazione da parte delle autorità belghe e di essere pronto a collaborare alle indagini. Victor Negrescu, vicepresidente del Parlamento per la trasparenza e la lotta alla corruzione, ha definito le accuse “profondamente preoccupanti”, sottolineando la necessità di impedire a soggetti sospetti di influenzare la legislazione europea. Il portavoce della Commissione Europea Thomas Regnier ha invece affermato che Huawei rappresenta “un rischio maggiore rispetto ad altri fornitori di tecnologia 5G” e che tali preoccupazioni potrebbero essere integrate nelle valutazioni di sicurezza dei bandi pubblici nell’Ue.


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