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Il Manifesto di Ventotene va solo incorniciato. L’opinione di Arcuri

Di Gabriele Arcuri

Quel documento non va riletto, non va ripensato, non va interpretato e soprattutto non va sovrapposto al presente, neanche da chi per ragioni strumentali di opposizione politica tenta di difenderne il valore e il contenuto. Ma tutto questo era chiarissimo a tutti, Meloni compresa che, sono certo, non ha voluto metterne in discussione il senso profondo, né tantomeno il valore di chi lo ha scritto ma, al più, “sfruttarne” alcuni passaggi per tentare di spiegare che anche l’Europa merita di essere costantemente ripensata. Il commento dell’avvocato Gabriele Arcuri

La rilettura della storia e delle pagine che l’hanno scritta, è sempre un pavimento scivolosissimo; una lastra di ghiaccio su cui, nella migliore delle ipotesi, si rischia di camminare maldestramente dando uno spettacolo imbarazzante, per evitare di scivolare e capitolare.

Per farlo ci vuole un’abilità dialettica davvero straordinaria e, soprattutto, la consapevolezza e il coraggio di subire tutti gli attacchi di chi, a quelle pagine di storia, è legato indissolubilmente, consapevolmente e/o strumentalmente.

Esistono pagine della storia del nostro Paese, scritte con penne particolarmente indelebili; vergate in momenti chiave della nostra storia, legate a luoghi e momenti simbolo e che non meritano di essere rilette.

Pagine la cui rilettura rischia solo di diventare blasfemia per qualcuno e, davanti alla blasfemia, possono sorgere solo polemiche che fanno male a tutti, sia al lettore che all’uditore.

Il Manifesto di Ventotene – originariamente titolato “Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un manifesto” – è considerato storicamente (e, quindi, oggettivamente) il documento per la promozione dell’unità politica europea, scritto nel 1941 durante il confino sull’Isola di Ventotene dagli oppositori del regime fascista Spinelli, Rossi e Colorni.

Un documento in cui non siamo chiamati a rispecchiarci o meno; una pagina di storia scritta nel cuore di una guerra lunghissima, in un contesto oggi inimmaginabile ed irripetibile; affermare di non rispecchiarsi in quelle parole rischia di divenire provocatorio quanto ovvio.

“Provocatorio” perché si presta – e in queste ore si è prestato – all’inevitabile strumentalizzazione di chi vuole sostenere che affermare di non rispecchiarsi in quel manifesto significhi essere fascisti e non rispecchiarsi nell’idea di un’Europa che tra quelle righe trovata la sua embrionale forma e “ovvio” perché il 1941 non può neanche lontanamente esser accostato ai giorni nostri, nonostante le invasioni, le bombe, i razzi e i droni che si muovono non lontano da noi.

Rileggere l’elenco degli eventi che hanno caratterizzato il 1941 è doloroso quanto anacronistico, un lungo elenco di scontri, invasioni, attacchi e forme di resistenza; insomma, una guerra.

Tra le maglie di quegli eventi quel manifesto è stato pensato e scritto; mentre l’Europa – in quel momento soltanto geografica – era palcoscenico di alcune delle pagine più dolorose della sua storia.

L’idea stessa che a vergarlo siano stati dei personaggi storici al confino su un’isola nel cuore del mar Tirreno, dove oggi vanno in vacanza quelli per cui Ponza è troppo caotica e Ischia troppo lontana, è qualcosa che – per fortuna – non ci appartiene più.

Il Manifesto di Ventotene non va riletto, non va ripensato, non va interpretato e soprattutto non va sovrapposto al presente, neanche da chi per ragioni strumentali di opposizione politica tenta di difenderne il valore e il contenuto; va solo incorniciato. Incorniciato come si fa con le opere d’arte antiche, come i dipinti tratteggiati da mani delicate ed esperte, capaci di creare ombre e sfumature che oggi affidiamo alla tecnologia, ai telefonini e ai computer. Quelle opere evidentemente inattuali, che narrano di battaglie, equestri o navali, nature morte, panorami che oggi amiamo lasciare impressi in digitale.

Ma tutto questo era chiarissimo a tutti, Giorgia Meloni compresa che, sono certo, non ha voluto mettere in discussione il senso profondo di quel testo né tantomeno il valore di chi lo ha scritto ma, al più, “sfruttarne” alcuni passaggi testuali per tentare di spiegare che anche l’Europa merita di essere costantemente ripensata, in ragione degli scenari economici e sociali in cui essa stessa viene incastonata tempo per tempo. Forse non le è riuscito il passaggio o forse l’ardire è stato davvero troppo.

In fondo, anche chi oggi tenta di ritenere che sia caduta la maschera della Meloni istituzionale davanti agli occhi dei suoi milioni di elettori, sbaglia. Chi ha votato il centrodestra e gli ha permesso di governare ha portato nel segreto della cabina elettorale la speranza di far crescere i propri figli in un’Europa diversa, forse proprio un’Europa che abbia la forza di mettere a fattor comune i propri valori ideali più che mobiliari; un’Europa senza soggezione tra Paesi di serie A e Paesi di serie B; un’Europa in cui i problemi del singolo Stato membro siano problemi comuni, come per tanti anni i nostro governi hanno tentato di far capire rispetto al tema dei flussi migratori provenienti dal nord Africa.

Nessuno di noi tenterebbe mai di interpretare o commentare un fratricidio citando i testi che narrarono di Caino e Abele ma ci limiteremmo a citare il Codice penale e quelle norme che censurano certi comportamenti e prevedono le corrispondenti pene. Discutere di Europa muovendo dalla “mera rilettura” del Manifesto di Ventotene ha più o meno lo stesso (scivolosissimo) sapore.

Lo scontro titanico tra chi a Ventotene andava e va per far baldoria e godersi lo splendido mare e chi andava e torna per calpestare la terra calpestata da quegli oppositori del regime fascista di cui facevano parte Spinelli, Rossi e Colorni non finirà mai o, almeno, non finirà se non quando l’Europa sarà così forte e attuale da poter guardare a quel manifesto solo come un “semplice” quanto chiave documento storico.

Insomma, Giorgia Meloni per qualcuno (dei suoi) è stata realista, per qualcun altro troppo audace e per qualcun altro ancora, molto irrispettosa; probabilmente, a prescindere da queste letture, è stata anche molto stratega perché, dopo il suo discorso, nessuno ha più parlato di riarmo europeo ma solo di Ventotene.


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