Le “cento sfumature di rosso” scese in piazza a Roma difficilmente riusciranno ad innescare una sorta di “solidarietà nazionale” attorno al futuro e alla prospettiva di un’Europa democratica, liberale, costituzionale, sicura e pacifica. L’unità europea e lo spirito comune europeo non possono decollare se poi a livello nazionale si coltiva un odio implacabile nei confronti del nemico politico. Il corsivo di Giorgio Merlo
Premessa. Ogniqualvolta si scende in piazza democraticamente e pacificamente è sempre un momento da incoraggiare e da valorizzare.
Certo, quella di Piazza del Popolo di Roma è stata una manifestazione chiara sin dall’inizio. Anche perché è stata organizzata e promossa da una gloriosa testata giornalistica politicamente e da sempre ben schierata.
E non è un caso che alcuni l’hanno definita, pur senza particolare originalità, come “le cento sfumature di rosso”, altri come “la piazza del tutto e del contrario di tutto”, altri ancora come una “bella scampagnata” di tutto ciò che è riconducibile alla sinistra italiana.
Sinistra riformista, radicale, massimalista, estremista, televisiva, editoriale, accademica, giornalistica, comica, artistica e cinematografica.
Ma sempre di sinistra si tratta, com’era ovvio ed evidente sin dall’inizio. Una bella e solare iniziativa accompagnata da alcuni nemici giurati: Giorgia Meloni, la coalizione di centro destra, la nuova leadership politica americana e, soprattutto, il progetto della Von Der Leyen.
Cioè la risoluzione votata recentemente a larga maggioranza per rafforzare ed affinare la nuova “difesa comune europea”. Questi i nemici giurati della manifestazione che si è svolta in Piazza del Popolo a Roma.
Ora, che si trattasse di una manifestazione organizzata quasi se non esclusivamente contro il centro destra di governo non c’era alcun dubbio. Come hanno confermato i vari interventi dal palco allestito in piazza.
E questo a prescindere dalle concrete scelte fatte da quei partiti e, nello specifico, al di là di quello che hanno votato nel Parlamento Europeo.
Ma è proprio di fronte a questo scenario che si pone, adesso, il vero problema politico e forse anche culturale.
E cioè, ma com’è possibile, secondo il minestrone rosso di Piazza del Popolo, costruire un vero “spirito europeo”, al di là delle chiacchiere e della solita propaganda, demonizzando e detestando scientificamente il nemico politico?
Perché, alla fine, questo è il vero punto debole di manifestazioni che invocano giustamente un rinnovato ed aggiornato “spirito europeo” e poi, come da copione, a livello nazionale hanno un nemico politico da combattere senza scrupoli e senza tregua.
Che, nel caso specifico, è la maggioranza che governa il paese. Ovvero, è una contraddizione plateale se proprio uno dei caposaldi essenziali e decisivi di una politica democratica e di pace – ossia il rilancio e la riscoperta delle ragioni originarie dell’Europa – si trasforma, al contempo, in una contrapposizione frontale e senza sconti con la parte politica sgradita.
Per queste ragioni, semplici ma oggettive, le “cento sfumature di rosso” scese in piazza a Roma difficilmente riusciranno ad innescare una sorta di “solidarietà nazionale” attorno al futuro e alla prospettiva di un’Europa democratica, liberale, costituzionale, sicura e pacifica.
Altroché il richiamo al patrimonio e all’esperienza dei padri costituenti di un’Europa federale, democratica e unita attorno a valori comuni e, soprattutto, condivisi.
Perché, appunto, se da un lato la partecipazione democratica è sempre da incoraggiare, è altrettanto vero che l’unità europea e lo spirito comune europeo non possono decollare se poi a livello nazionale si coltiva un odio implacabile nei confronti del nemico politico.
Un atteggiamento, questo, che rischia solo di ingessare la situazione e, purtroppo, di indebolire indirettamente lo stesso “spirito europeo” che viene predicato negli articoli, nei salotti televisivi e negli interventi dal palco delle piazze “amiche”.