Nella relazione annuale dei servizi segreti americani la Russia viene descritta come un competitor formidabile. La Cina, invece, emerge come la minaccia più complessa. Il rapporto sottolinea, inoltre, che l’Iran non sta attivamente sviluppando armi nucleari, preferendo investire in capacità missilistiche e deterrenti convenzionali. Attori non statali (gruppi terroristici e cartelli della droga) continuano a costituire un pericolo interno
La guerra in Ucraina “ha assicurato a Mosca una grande quantità di lezioni sulle armi e sull’intelligence occidentale in una guerra su larga scala” e questa esperienza “probabilmente metterà a dura prova i futuri piani di difesa degli Stati Uniti, anche nei confronti di altri avversari con i quali Mosca sta condividendo le lezioni apprese”. È quanto si legge nell’Annual Threat Assessment, la relazione annuale dell’Intelligence community degli Stati Uniti, pubblicata oggi e presentata da Tulsi Gabbard, direttrice dell’Intelligence nazionale, al Congresso.
Nel suo intervento, Gabbard ha evidenziato che “le capacità militari nucleari e convenzionali della Russia, insieme alla sua dimostrata resistenza economica e militare” davanti alle sanzioni imposte dall’Occidente per l’invasione dell’Ucraina, “ne fanno un formidabile competitor”. Mosca, ha continuato, “possiede più armi nucleari di qualsiasi altra nazione, che potrebbero infliggere danni catastrofici agli Stati Uniti e al mondo intero in caso di una guerra di grandi dimensioni, che i leader russi temono possa mettere in serio pericolo loro e il loro regime. Alla fine del 2024, la Russia ha annunciato l’aggiornamento della sua dottrina nucleare pubblica, ampliando le condizioni in cui avrebbe preso in considerazione l’uso di armi nucleari”.
Parole, quelle scritte nella relazione e quelle pronunciate da Gabbard, che rappresentano un assist al presidente Donald Trump che, convinto dell’urgenza di porre fine alla guerra in Ucraina, non ha mai lesinato critiche all’Ucraina e all’Europa, spesso finendo per alimentare alcune narrazioni russe (come lo spauracchio della guerra nucleare) e la stessa immagine di potenza di Mosca. Il tutto, per giunta, senza far riferimento alle conoscenze sui sistemi d’arma russi apprese dalle potenze occidentali.
In generale, emerge l’idea che la pressione russa possa compromettere la sicurezza dell’intero continente. La postura dell’amministrazione Trump appare in linea con queste conclusioni dell’intelligence. Un esempio sono le parole recenti di Steve Witkoff. L’inviato speciale, dopo aver incontrato il leader russo Vladimir Putin, ha spiegato che la Russia non ha intenzione di conquistare l’Europa. Il punto è che la strategia russa, delineata da Putin a Monaco nel 2007, è quella di destabilizzare l’Europa centrale e orientale e disgregare la Nato spezzando l’asse transatlantico. Creare l’idea dei carri armati russi su Berlino non fa che rafforzare l’immagine di Mosca, che per giunta non sembra averne le capacità militari.
Il rapporto evidenzia che la Cina rappresenta la minaccia più complessa e articolata nei confronti degli interessi degli Stati Uniti. Il Partito comunista cinese, guidato da Xi Jinping, persegue il “grande rinascimento” nazionale con l’obiettivo di ampliare la propria influenza globale. Per farlo, Pechino sta potenziando sia le proprie capacità militari – con modernizzazioni nel campo navale, missilistico e cibernetico – che quelle economiche e tecnologiche, puntando a controllare catene di approvvigionamento strategiche e a esercitare pressioni economiche sugli avversari. In aggiunta, la Cina utilizza campagne di influenza e operazioni informatiche per indebolire la leadership occidentale e proiettare potere nella regione del Pacifico e oltre.
Il rapporto conferma che, nonostante le crescenti pressioni regionali e le difficoltà economiche interne, l’Iran non sta procedendo nello sviluppo di armi nucleari. Il regime mantiene una linea che, pur lasciando aperta la possibilità di riconsiderare in futuro le proprie capacità nucleari, al momento non intende varcare quel confine. Al contrario, l’Iran continua a investire in altre aree, come il potenziamento delle capacità missilistiche e la ricerca di strumenti di dissuasione attraverso armi convenzionali, chimiche e biologiche.
Il documento dedica poi ampia attenzione anche agli attori non statali – dai gruppi terroristici transnazionali, che includono organizzazioni come Isis e al-Qa‘ida, ai cartelli della droga – che rappresentano una minaccia diretta alla sicurezza interna degli Stati Uniti. Questi gruppi, sfruttando canali di traffico illeciti e operazioni cibernetiche, mettono in luce una dimensione del conflitto che non è limitata ai tradizionali confronti statali. Infine, il rapporto osserva una crescente cooperazione tra Paesi avversari come Cina, Russia, Iran e Corea del Nord. Questa alleanza, anche se non omogenea, rafforza le capacità di pressione contro gli Stati Uniti, aumentando il rischio che una crisi in un’area possa innescare reazioni a catena in altre.