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Trump usa i dazi per plasmare il commercio. Scrive Vicenzino

Di Marco Vicenzino

I negoziati in corso nei prossimi 90 giorni saranno cruciali per definire il nuovo assetto delle relazioni commerciali internazionali, in un mondo sempre più incerto e caratterizzato da una competizione tra grandi potenze. L’analisi di Marco Vicenzino

Un fattore chiave che motiva il presidente statunitense Donald Trump è la necessità di proiettare potenza, e la volontà di usarla quando necessario. Nonostante una pausa di 90 giorni sui maggiori oneri per la maggior parte delle nazioni, principalmente quelle disposte a negoziare con gli Stati Uniti, il blitz globale sui dazi rappresenta un tentativo di riconfigurare e trasformare le relazioni commerciali degli Stati Uniti a livello mondiale. Fondamentalmente, si tratta di una mossa geopolitica rivolta a diversi paesi, ma in particolare alla Cina, che da anni conduce la propria strategia di potere – alcuni direbbero addirittura una guerra irregolare – contro gli Stati Uniti, l’Occidente e altri.

I titoli che annunciavano che Trump aveva ceduto alle pressioni interne ed esterne sono generalmente ancora prematuri. La giuria è ancora al lavoro, poiché molto dipenderà dall’esito delle negoziazioni di Trump con i partner commerciali americani nei prossimi 90 giorni e oltre, così come dal futuro andamento delle relazioni Stati Uniti-Cina. Mentre la Cina domina la produzione globale e le catene di fornitura, gli Stati Uniti continuano a primeggiare nel settore finanziario. Almeno per ora, viviamo in un mondo dominato dal dollaro. La supremazia nel settore tecnologico, in particolare nell’intelligenza artificiale e nei campi correlati, resta tutt’altro che decisa.

I Paesi terzi, che non sono pienamente alleati o legati agli Stati Uniti o alla Cina – e che rappresentano la maggior parte delle nazioni nel mondo – stanno affrontando difficoltà crescenti in questo ambiente competitivo. Le nazioni più piccole e vulnerabili saranno spesso costrette a dover fare scelte difficili tra le grandi potenze. Gli Stati più grandi, compresi quelli regionali o di media potenza, avranno una leva maggiore per far giocare le potenze maggiori l’una contro l’altra e ottenere maggiori concessioni per il proprio interesse.

Entrando nel secondo quarto del XXI secolo, l’attenzione globale mainstream è largamente concentrata sul duopolio Stati Uniti-Cina. Tuttavia, all’interno dell’equazione internazionale degli interessi concorrenti e variabili, è importante non sottovalutare l’impatto delle medie potenze, che potrebbero plasmare eventi ben oltre ogni previsione nei prossimi anni e decenni.

Finora, la Casa Bianca ha dichiarato di essere stata contattata da oltre 70 nazioni per discutere la riduzione dei dazi. Il 2 aprile ha segnato un altro momento chiave nel nuovo ordine mondiale in rapida evoluzione delle grandi potenze. Il bersaglio primario di Trump, la Cina, ha promesso di “combattere fino alla fine”. Nell’ultimo aumento dei dazi, il presidente degli Stati Uniti ha incrementato ulteriori oneri contro la Cina fino al 125 per cento.

Nonostante l’imposizione di numerosi dazi, i due vicini e maggiori partner commerciali degli Stati Uniti, Messico e Canada, hanno in gran parte ottenuto delle tregue dagli oneri prima della pausa di 90 giorni, grazie al loro accordo commerciale trilaterale, tecnicamente in scadenza per la rinegoziazione nel 2026 ma che probabilmente verrà rivisto in tempi più brevi. Sebbene l’Unione europea abbia dovuto affrontare una tariffa forfettaria del 20 per cento sulle esportazioni verso gli Stati Uniti, molto dipenderà ancora dai singoli scambi commerciali di ciascun Stato membro con gli Stati Uniti. Prima della ritirata di Trump, avvenuta il 9 aprile, Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, aveva dichiarato che l’Unione europea potrebbe eliminare i dazi sui prodotti industriali americani se Trump abbandonasse gli oneri equivalenti in cambio. Nonostante i titoli, la minaccia più immediata per l’Unione europea è in realtà rappresentata dallo smaltimento dei prodotti cinesi, originariamente destinati ai mercati statunitensi, sul territorio europeo.

Nonostante la pausa di 90 giorni, i paesi asiatici continuano a fronteggiare i dazi più elevati, in virtù della quota maggiore delle loro esportazioni verso gli Stati Uniti. Tuttavia, il pragmatismo nella risoluzione delle divergenze potrebbe prevalere più rapidamente tra coloro che rientrano sotto l’ombrello di sicurezza statunitense, tra cui Giappone, Corea del Sud e Taiwan. Trump sfrutterà sicuramente la carta della difesa al tavolo dei negoziati.

Con la Corea del Sud immersa in una profonda crisi costituzionale e alle prossime elezioni anticipate, il Primo Ministro giapponese cerca un coinvolgimento urgente con la Casa Bianca. L’Indonesia, la più grande economia del Sud-Est asiatico, è stata colpita da un dazio del 32 per cento; ha rifiutato di reagire con rappresaglie e ha optato per negoziati diretti con gli Stati Uniti. Il Vietnam, un partner strategico importante per gli Stati Uniti, è stato uno dei paesi asiatici più colpiti, con un dazio del 46 per cento. Tuttavia, una diplomazia rapida da parte del presidente Tô Lâm, volta a disinnescare le tensioni, ha dato il via a colloqui per la rimozione degli oneri e per un possibile incontro con Trump.

Le prossime settimane vedranno negoziazioni simultanee tra gli Stati Uniti e i loro partner commerciali per risolvere le questioni in sospeso.

Una domanda chiave, sorta dopo la “Giornata della Liberazione” di Trump del 2 aprile, era: per quanto tempo i mercati saranno in grado di sostenere forti ribassi e profonde volatilità? Dopo la pausa generale di 90 giorni sui dazi imposta da Trump, la domanda prevalente diventa ora: per quanto tempo i mercati riusciranno a resistere all’incertezza continua?


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