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Chi non decide, verrà deciso da altri. La deterrenza di cui ha bisogno l’Europa

Di Pasquale Preziosa e Dario Velo

L’Europa non deve militarizzarsi per diventare offensiva. La sua forza deve essere difensiva, garanzia di pace e non uno strumento di aggressione. Una deterrenza credibile serve proprio per evitare di doverla utilizzare. L’analisi di Pasquale Preziosa, già Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica, e Dario Velo, professore Università di Pavia

Le crescenti difficoltà degli Stati Uniti nel confermare la propria leadership aprono un dibattito sulla fondazione di un nuovo ordine internazionale e sulla riforma delle istituzioni internazionali. L’Europa si trova di fronte a una scelta cruciale: continuare a confidare nella protezione strategica americana, sempre più incerta, oppure costruire una propria capacità di difesa credibile e autonoma. L’epoca dell’illusione post Guerra Fredda, in cui pace e sicurezza sembravano garantite una volta per tutte, è finita. Oggi, le minacce sono concrete, ibride, pervasive e la fiducia cieca in Washington non è più sufficiente.

La posta in gioco non è soltanto militare: è la sovranità strategica del continente. Senza una difesa europea, l’Unione rischia l’irrilevanza, diventando ostaggio degli eventi e delle decisioni altrui. Serve una difesa europea “di scopo” fondata sulla deterrenza, non sull’aggressione.

Non è necessario, nel contesto geopolitico attuale, un grande esercito europeo di proiezione di potenza. Occorre invece una difesa chiara nei suoi obiettivi, orientata a garantire la sicurezza collettiva principalmente attraverso la deterrenza per impedire che l’Europa sia minacciata. Questo tipo di difesa non esclude la Nato, al contrario ne rafforza la sua coerenza attraverso una maggiore autonomia strategica europea. Si tratta di un’assicurazione strategica, utile soprattutto quando l’Alleanza Atlantica non è in grado di operare in piena sinergia con l’Unione europea.

Il punto centrale è che la nuova competizione tra grandi potenze – Stati Uniti, Russia, Cina, India– si gioca sempre di più sulla capacità di deterrenza. Le guerre del futuro non si vinceranno necessariamente con la forza, ma attraverso il potere: la capacità di influenzare, dissuadere e orientare le scelte altrui. E in questo scenario, l’Europa rischia di presentarsi disarmata – anche solo simbolicamente.

Una deterrenza credibile richiede capacità operativa immediata, un nucleo che abbia il potere di “schiacciare il bottone”. L’Europa possiede l’arma nucleare francese: intorno alla Francia può organizzasi il cuore della difesa strategica con il coinvolgimento dei Paesi già protagonisti delle decisioni, Germania in primis, sulla base della Cooperazione Strutturata.

Ogni Stato dovrebbe disporre di una forza di terra per la Difesa del proprio territorio, sul modello svizzero. Un simile modello è stato adottato anche dagli Usa per due secoli, dalla fine del XVIII secolo fino alla Seconda Guerra Mondiale: un esercito federale di punta (allora navale), affiancato da forze terrestri organizzate dai singoli “Stati membri”. Questa soluzione consentirebbe oggi in Europa un accordo fra forze politiche federali, il nucleo difensivo della Aeronautica e della deterrenza atomica, e forze politiche confederali, le forze di terra nazionali.

L’Europa è cresciuta lungo tutta la sua storia secondo la logica di Jean Monnet: una sintesi evolutiva fra soluzioni federali e confederali, capace di rafforzare il potere europeo rispettando i poteri nazionali. Fatta questa scelta fondamentale, altre scelte sono possibili, puntuali e a partecipazione flessibile degli Stati membri in base alla loro capacità.

L’Europa ha urgente bisogno di una rete unificata di radar, satelliti, capacità intelligence, elettronica, strumenti di allerta precoce e sorveglianza. Lo spazio è ormai un dominio operativo, al pari del cyberspazio, che è diventato campo di battaglia quotidiano tra Stati e attori non statali. Una postura unificata di cyberdifesa europea è tanto urgente quanto una linea di frontiera armata.

I grandi progetti europei come l’Fcas (Future Combat Air System) e altri devono uscire dalla lentezza burocratica e diventare vere priorità strategiche. L’Europa ha bisogno di mezzi interoperabili, costruiti in consorzi sovranazionali, che parlino la stessa lingua tecnologica e operativa. Ogni Difesa necessita di un comando e controllo politico-militare efficace. Per questo è indispensabile elaborare una dottrina strategica europea – chiara, realistica, condivisa – e istituire un Comando europeo della difesa. Ma soprattutto, serve una direzione politica comune, in grado di decidere rapidamente in caso di crisi. Un Consiglio Europeo della Sicurezza, permanente e dotato di reali poteri, non è più oggi un’utopia ma una necessità.

L’Europa non deve militarizzarsi per diventare offensiva. La sua forza deve essere difensiva, garanzia di pace e non uno strumento di aggressione. Una deterrenza credibile serve proprio per evitare di doverla utilizzare.

Oggi l’Europa ha tutto ciò che le serve: risorse economiche, basi industriali da riorganizzare con i nuovi programmi, capacità tecnologiche, strumenti normativi. Manca l’ultimo passo: la volontà politica di assumersi la responsabilità strategica del proprio destino.

Chi non decide, verrà deciso da altri.


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