Questa settimana Beniamino Irdi, nonresident senior fellow della Transatlantic Security Initiative presso l’Atlantic Council, è stato audito in Senato su “Le ingerenze straniere nei processi democratici degli Stati membri dell’Unione europea e nei Paesi candidati”. Pubblichiamo alcuni passaggi della sua audizione
È stato già sollevato nelle audizioni precedenti come il contrasto a questa sfida ponga dei dilemmi fondamentali rispetto al perimetro, sacro, della nostra libertà. Dopo tutto limitare una piattaforma social, porre restrizioni agli investimenti, in generale richiedere più collaborazione dal settore privato significa già, in qualche misura, comprimerla. La necessità di difenderci ci metterà di fronte al problema di dove sia la linea e fino a che punto possiamo spostarla prima di smettere di essere noi stessi. Lo abbiamo visto in questi giorni in modo plastico con il notevole scambio fra l’amministrazione americana e il ministero degli Esteri tedesco a seguito del rapporto dell’intelligence di Berlino su Alternative für Deutschland. Lo abbiamo visto negli ultimi mesi con il primo e poi il secondo round di elezioni in Romania, la cui lezione è che il dilemma si fa più acuto quando lo si affronta troppo tardi. E anche negli ultimi anni, in casi più drammatici e solo apparentemente più lontani come quello della Georgia, un caso di scuola di una campagna ibrida portata al suo tragico compimento politico.
Questo, in ultima analisi, è il nocciolo della sfida. I nostri avversari cercano di restituirci una caricatura del nostro stesso sistema nel tentativo di indurci a smantellarne i principi fondanti.
Ci interrogano sulla compatibilità delle democrazie liberali come le conosciamo con l’ambiente tecnologico e informativo del 21esimo secolo.
Ci chiedono se i nostri leader sono in grado di prendere decisioni che vanno contro gli incentivi naturali offerti dal nostro sistema, guardando al prossimo decennio e non ai prossimi mesi, anteponendo la strategia alla tattica, e accettandone il costo politico.
Ma altre volte in passato le democrazie sono state sfidate sfruttando la loro stessa libertà e hanno vinto rimanendo sé stesse. La libertà non è una debolezza, e la storia degli ultimi secoli dimostra che il mercato delle idee funziona e che, se accompagnato da una società istruita e sana, è una formula invincibile di potere e prosperità.
Come aveva capito Karl Popper nel 1945: “La tolleranza illimitata conduce alla scomparsa della tolleranza” (La società aperta e i suoi nemici, 1945). Se estendiamo la tolleranza anche a coloro che sono intolleranti e vogliono distruggere il nostro sistema — o se non siamo pronti a difendere una società tollerante dall’assalto degli intolleranti — allora i tolleranti saranno annientati. E con loro anche la tolleranza.