L’Africa è un continente paradossale dal punto di vista energetico, caratterizzato da un’abbondanza di risorse naturali e al tempo stesso dalla persistente carenza di accesso all’energia per milioni di persone. Il settore delle energie rinnovabili, che rappresenta una delle soluzioni più promettenti per l’autosufficienza energetica del continente, risente anch’esso delle conseguenze climatiche. L’analisi di Nicola Pedde, direttore dell’Institute for global studies
Il cambiamento climatico rappresenta una delle principali sfide per il continente africano, un’area già caratterizzata da fragilità economiche e sociali. Gli impatti del riscaldamento globale si manifestano con crescente intensità, alterando equilibri ambientali e minacciando settori strategici come l’energia, essenziale per la crescita e la stabilità. L’Africa è un continente paradossale dal punto di vista energetico, caratterizzato da un’abbondanza di risorse naturali e al tempo stesso alla persistente carenza di accesso all’energia per milioni di persone. L’alterazione dei modelli climatici peggiora sistematicamente questo equilibrio e l’aumento delle temperature e la riduzione delle precipitazioni influenzano direttamente la produzione idroelettrica, su cui molti Paesi africani fanno affidamento per soddisfare soprattutto il proprio fabbisogno di energia elettrica.
Il bacino del fiume Congo e il sistema idrico dell’Africa orientale, ad esempio, registrano una crescente variabilità della portata dell’acqua, mettendo a rischio l’affidabilità delle dighe e la continuità della produzione di elettricità. Il settore delle energie rinnovabili, che rappresenta una delle soluzioni più promettenti per l’autosufficienza energetica del continente, risente anch’esso delle conseguenze climatiche. Le tempeste di sabbia sempre più frequenti nella regione saheliana riducono l’efficienza dei pannelli solari, mentre l’instabilità delle correnti d’aria influenza la produttività degli impianti eolici. Allo stesso tempo, la siccità prolungata intensifica la competizione per le risorse idriche tra usi agricoli ed energetici, penalizzando lo sviluppo sostenibile. L’insicurezza alimentare generata dal cambiamento climatico aggrava le tensioni sociali, aumentando il rischio di conflitti interni e regionali che minano gli investimenti nel settore energetico.
La risposta a questa crisi richiede strategie integrate e un forte impegno internazionale, mentre il continente ha un enorme potenziale per l’energia solare ed eolica, che, se adeguatamente sfruttato con investimenti infrastrutturali e tecnologici, potrebbe garantire resilienza e crescita. Tuttavia, senza un’azione coordinata e politiche mirate, il cambiamento climatico continuerà a rappresentare un freno allo sviluppo energetico africano, con conseguenze drammatiche per l’intero continente. Il Global gateway rappresenta la risposta dell’Unione europea alla crescente competizione globale sulle infrastrutture strategiche, con un’attenzione particolare all’Africa e all’Asia. Nato come alternativa alla Belt and road initiative (Bri) cinese, il piano europeo punta a rafforzare la connettività globale attraverso investimenti sostenibili, trasparenti e rispettosi delle normative internazionali. Con un budget di circa 300 miliardi di euro tra finanziamenti pubblici e privati, il progetto si concentra su cinque settori-chiave: digitale, clima ed energia, trasporti, salute ed educazione.
Uno degli assi portanti della strategia europea in Africa è rappresentato dal progetto dell’Africa Atlantic pipeline, un’infrastruttura energetica strategica che mira a trasportare gas naturale dalla Nigeria al Marocco, connettendo il sistema energetico africano all’Europa. Il gasdotto, che si estenderà per circa 5.600 km lungo la costa atlantica, coinvolge numerosi Paesi dell’Africa occidentale e punta a garantire una fornitura energetica affidabile e diversificata all’Europa, riducendo la dipendenza dal gas russo e stabilizzando il mercato energetico. L’iniziativa risponde a una duplice esigenza. Da un lato, assicurare una fonte energetica alternativa per l’Europa, dall’altro, promuovere lo sviluppo economico nei Paesi attraversati dal gasdotto. La cooperazione tra l’Ue e i governi africani punta a realizzare infrastrutture che non solo migliorino la connettività energetica, ma che creino anche opportunità economiche e industriali per le economie locali.
Tuttavia, il Global gateway si scontra con non pochi ostacoli. Il primo riguarda la competizione con la Cina, che con la Bri ha già stabilito una presenza significativa nel continente africano, dove Pechino offre finanziamenti rapidi, spesso senza condizionalità stringenti, rendendo i suoi progetti più attraenti per alcuni governi africani. L’Ue, invece, insiste su principi di governance trasparente e sostenibilità, il che, se da un lato garantisce investimenti di lungo termine più solidi, dall’altro rende più complesso il processo di finanziamento e attuazione. Un altro nodo critico riguarda la sicurezza e la stabilità politica dei Paesi coinvolti nel gasdotto. Il Sahel e l’Africa occidentale sono regioni segnate da instabilità politica, conflitti interni e una crescente presenza di gruppi terroristici. La sicurezza delle infrastrutture è una sfida cruciale, sia per la costruzione sia per la gestione operativa del gasdotto. L’impatto ambientale e la transizione energetica rappresentano ulteriori elementi di dibattito. Se da un lato il gas naturale è considerato una risorsa chiave per la transizione verso un sistema energetico più sostenibile, dall’altro l’Unione europea sta cercando di ridurre la dipendenza dalle fonti fossili a favore delle rinnovabili.
Questo pone interrogativi sulla coerenza della strategia energetica dell’Ue, che da un lato investe in gasdotti e dall’altro spinge per una rapida decarbonizzazione. Nonostante le sfide, il Global gateway e progetti come l’Africa Atlantic pipeline rappresentano un cambio di passo nella strategia europea. La necessità di diversificare le forniture energetiche, la competizione con la Cina e la volontà di rafforzare le partnership con i Paesi africani rendono questa iniziativa una componente chiave della politica estera ed economica europea nei prossimi anni. La vera sfida sarà tradurre gli intenti strategici in progetti concreti e operativi, capaci di rispondere alle esigenze dei Paesi partner senza perdere di vista gli obiettivi di lungo periodo dell’Ue.
Formiche 212