Un rapporto bipartisan denuncia una spesa non controllata di circa 3 miliardi di sterline l’anno da parte dei servizi segreti britannici. Le risorse dell’organismo di vigilanza, invece, non vengono aumentate da oltre un decennio
Le agenzie di intelligence britanniche stanno spendendo fino a 3 miliardi di sterline all’anno in attività riservate per le quali non esiste un adeguato scrutinio parlamentare. È l’allarme suonato da membri della Camera dei Comuni e della Camera dei Lord che compongono la commissione Intelligence e sicurezza.
Il documento bipartisan sottolinea che, nonostante la crescente mole di lavoro e personale dei servizi segreti – MI6, MI5, GCHQ e altri – le risorse concesse alla commissione non sono aumentate dal 2013. Questa carenza strutturale è stata aggravata dalla mancata erogazione di un incremento di bilancio concordato dai precedenti ministri e mai recepito dal nuovo governo laburista guidato da Sir Keir Starmer, insediatosi quasi un anno fa. “Se la commissione non riceverà un aumento di risorse, non potremo tenere aperte le nostre porte”, scrivono con preoccupazione i parlamentari e i lord. Nel testo si puntualizza che “in termini semplici, ci sono ora circa 3 miliardi di sterline di denaro pubblico spesi senza alcuna capacità di controllo”. Tali fondi finanziano operazioni segrete che, per definizione, “non sono accessibili all’opinione pubblica”, ma dovrebbero comunque restare sotto supervisione parlamentare tramite la commissione.
Tra le altre criticità, si ricorda che il primo ministro non incontra più la commissione dal 2014, interrompendo un’usanza fino ad allora rispettata ogni anno. Questa diminuzione di interlocuzioni dirette riduce la capacità di porre domande di merito sulle operazioni segrete.
Secondo il presidente, il laburista Kevan Jones, Lord Beamish, “la radice del problema risiede nel controllo esercitato sul personale e sulle risorse della commissione dal Cabinet Office, nonostante la commissione stesso sovrintenda a parti sostanziali di quel dipartimento. Un organismo di controllo non dovrebbe risiedere all’interno, e dipendere da, un ente che è chiamato a sorvegliare”. E ancora: “Se non verrà attuato l’aumento di risorse concordato prima delle elezioni, non potremo continuare a operare”.
Più voci esperte hanno definito la lettera un intervento straordinario. Citati da The Record, Andrew Defty (Università di Lincoln) parla di “bomba” sul tema delle interferenze del Cabinet Office, sottolineando come non sia la prima volta che il presidente della commissione solleva tali obiezioni; Paul Scott (Università di Glasgow) giudica la nota “un intervento significativo”, evidenziando come l’enfasi sulla dipendenza dal Cabinet Office per il personale riveli un problema di interferenza senza precedenti; Dan Lomas (Università di Nottingham) osserva che la commissione “opera in un mercato affollato” e fatica a ritagliarsi un ruolo incisivo, pubblicando meno rapporti proattivi rispetto ad altre commissioni parlamentari e, pur riconoscendone il valore, Lomas invita la commissione a riflettere sul proprio approccio, oltre alla sola questione delle risorse.
Non è la prima volta che la commissione lancia allarmi: nel luglio 2023 denunciò l’assenza di una strategia efficace contro la minaccia cinese e la sottostima delle risorse per affrontare il modello “whole-of-state” di Pechino. Senza dimenticare il noto Russia Report del 2020 sulle interferenze russe diventate una “nuova normalità” nel Regno Unito.