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Diplomazia parlamentare, nuova frontiera della cooperazione sanitaria. La riflessione di Onori (Azione)

Di Federica Onori

Mentre le crisi sanitarie ridisegnano le priorità globali, le assemblee legislative diventano snodi cruciali per azione, cooperazione e innovazione. La riflessione di Federica Onori, deputata, membro commissione Affari esteri

Se la cooperazione tra governi e organizzazioni internazionali è ormai ampiamente riconosciuta, ciò che resta spesso in secondo piano è il ruolo decisivo che le istituzioni parlamentari possono assumere nella promozione della salute globale. La pandemia da Covid-19 ha mostrato con chiarezza che la salute non conosce confini e che nessun Paese può considerarsi al sicuro in solitudine.

In un mondo interconnesso, la vulnerabilità di un solo sistema sanitario può avere effetti a catena ben oltre i confini nazionali. Per questo, sostenere il rafforzamento dei sistemi sanitari nei Paesi a basso e medio reddito – come quelli del continente africano – non è solo un dovere etico, ma anche una scelta strategica per la stabilità e la sicurezza di tutti.

I parlamenti, grazie al loro potere legislativo, di bilancio e di controllo, sono attori centrali per dare continuità alle politiche sanitarie e garantire che vengano implementate. Possono inoltre collegare le esigenze delle comunità locali alle sfide internazionali, offrendo un punto di vista unico e spesso trascurato nei grandi forum multilaterali. In questo contesto, la diplomazia parlamentare emerge come un canale essenziale per promuovere politiche sanitarie più eque e sostenibili. Il confronto diretto con colleghi di altri Paesi e lo scambio di esperienze legislative permettono di costruire risposte comuni e di rafforzare la capacità di azione collettiva.

Un esempio concreto di questo approccio è rappresentato dalla rete Unite, che riunisce parlamentari da tutto il mondo impegnati nel promuovere politiche sanitarie in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdg) delle Nazioni Unite. Tra le sue iniziative, Unite organizza missioni internazionali per rafforzare il dialogo tra legislatori e approfondire la conoscenza delle sfide sanitarie nei diversi contesti. Ogni anno, 14 milioni di donne affrontano emorragie durante il parto. Quattro su cinque tra coloro che perdono la vita a causa di emorragia post-partum vivono in Paesi a basso o medio reddito. L’80% di questi decessi avviene nell’Africa subsahariana e nell’Asia meridionale, dove troppo spesso le donne non hanno accesso a prevenzione, assistenza medica e cure adeguate.

Il Kenya rappresenta un caso particolarmente interessante. Durante una missione nel Paese, lo scorso novembre, una delegazione parlamentare ha potuto approfondire le questioni legate alla salute materna e infantile. Il Kenya si è dimostrato un Paese capace di cogliere le opportunità, sfruttare le innovazioni tecnologiche e adattare soluzioni semplici ed efficaci alle proprie esigenze. La visita ha permesso di osservare da vicino sia le difficoltà quotidiane affrontate dal sistema sanitario nazionale, sia l’eccezionale resilienza delle strutture e del personale sanitario. Colpisce, in questo contesto, l’adozione nei centri maternità di strumenti a basso costo ma ad alto impatto, come il telo graduato di raccolta del sangue posizionato sotto la partoriente. Si tratta di un dispositivo a forma di imbuto che convoglia il sangue in una sacca graduata, permettendo di misurare con precisione la quantità di sangue perso durante e subito dopo il parto. Questo meccanismo di misurazione consente agli operatori sanitari di intervenire tempestivamente qualora si superi una soglia critica, attivando un protocollo salvavita. Una tecnologia semplice, ma cruciale per ridurre la mortalità materna, che dimostra come soluzioni accessibili e contestualizzate possano fare la differenza, anche in ambienti con risorse limitate.

Accanto a queste soluzioni per le madri, si stanno diffondendo anche dispositivi salvavita per i neonati in difficoltà respiratoria, che rappresenta una delle principali cause di mortalità infantile nei Paesi a basso e medio reddito. L’ossigeno medicale è fondamentale per trattare i neonati con difficoltà respiratorie, ma nella maggior parte dei casi si tratta di una risorsa limitata, costosa e difficilmente accessibile. In molti ospedali mancano le condizioni tecniche per l’uso sicuro dell’ossigeno, che, se somministrato puro, può risultare tossico. Per rispondere a questa sfida, alcune strutture sanitarie hanno introdotto dispositivi innovativi e a basso costo, tra cui dei sistemi di erogazione di ossigeno che non richiedono elettricità né serbatoi d’aria compressa, rendendoli particolarmente adatti agli ospedali e ai presidi medici rurali, dove la continuità del servizio elettrico non è sempre garantita. Il dispositivo bubble Cpap (Continuous positive airway pressure), ad esempio, permette una ventilazione non invasiva dei neonati in difficoltà, mentre il miscelatore di ossigeno previene danni agli occhi, ai polmoni e al cervello causati dalla somministrazione di ossigeno puro. Queste soluzioni, autonome, sostenibili e facilmente implementabili, rappresentano un esempio virtuoso di tecnologia adattata ai bisogni reali dei territori.

Parallelamente alle missioni sul campo, è fondamentale promuovere spazi di confronto tra legislatori ed esperti. Se da un lato l’esperienza diretta aiuta a comprendere le specificità dei contesti, è attraverso il dialogo strutturato che si costruiscono risposte efficaci e durature. Lo scorso febbraio, in Vaticano, nell’ambito del Rome action plan, è stato avviato un confronto internazionale per accelerare lo sviluppo e la diffusione di diagnosi e trattamenti pediatrici per Hiv e tubercolosi. Un’occasione per integrare evidenze scientifiche e pratiche legislative, con l’obiettivo di dare forma a politiche più concrete e incisive.

Queste piattaforme di scambio sono essenziali per formulare leggi che rispondano alle reali necessità dei territori. Solo un dialogo costante tra scienza e politica può generare soluzioni all’altezza delle sfide globali. L’Africa, in particolare, ha bisogno di strumenti legislativi solidi e adattabili, in grado di sostenere sistemi sanitari in continua evoluzione.

In questo scenario, rafforzare i sistemi sanitari africani non è solo una scelta morale, ma una condizione imprescindibile per la sicurezza sanitaria mondiale. I parlamenti hanno il potere – e la responsabilità – di influenzare le decisioni di bilancio, orientare le priorità politiche e garantire che la salute resti al centro dell’agenda pubblica.

Le crisi sanitarie del presente e del futuro esigono risposte condivise e strutturate. Solo con il pieno coinvolgimento dei legislatori potremo costruire sistemi sanitari più forti, inclusivi e capaci di garantire il diritto alla salute per tutti. Perché la salute non è un privilegio né un confine: ci riguarda tutti.

(Pubblicato su Healthcare Policy 15)


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