L’annuncio del raggiungimento del 2% del Pil in spesa militare da parte del governo rappresenta una potenziale svolta per le Forze armate e per il posizionamento del Paese in ambito Nato. Tuttavia, la mancanza di dettagli sulle modalità con cui tale obiettivo sarà raggiunto alimenta dubbi sulla reale portata dell’iniziativa. Solo il Dpp per il triennio 2025-2027 potrà chiarire se si tratta di una scelta strutturale volta a colmare i gap o di un’operazione formale. L’analisi del generale Pietro Serino, già capo di Stato maggiore dell’Esercito
Il recente annuncio dei ministri degli Esteri, Antonio Tajani, e della Difesa, Guido Crosetto, circa il raggiungimento del 2% del Pil di spese militari già a partire dall’anno in corso ha sicuramente sorpreso gli addetti ai lavori, trattandosi di un incremento del bilancio intorno ai dieci miliardi di euro che non trova precedenti.
Ma la sorpresa più grande consiste nel fatto che, ad oggi, non è dato sapere come questa spesa si concretizzerà: se attraverso una rivalutazione dei settori di spesa da includere nel cosiddetto Bilancio integrato in chiave Nato, che già oggi comprende parte del bilancio dei Carabinieri riferito ad attività militari, le spese per programmi finanziati dal Mimit, quelle per le missioni fuori dal territorio nazionale e le pensioni per il personale già militare; oppure attraverso nuove risorse da reperire con una manovra di bilancio; ovvero un mix delle due.
Presumibilmente, per saperne di più bisognerà attendere la presentazione in Parlamento del Documento Programmatico Pluriennale per il triennio 2025 – 2027, che anche quest’anno è in ritardo rispetto alla data del 30 aprile prevista dal Codice dell’Ordinamento Militare. Documento che chiarirà anche se il raggiungimento del 2% migliorerà, ed in che tempi, la situazione di forte ritardo capacitivo che lo Strumento militare nazionale presenta in taluni settori, con particolare riferimento al settore terrestre, ma non solo.
Il target di spesa individuato dalla Nato, per oggi ancora il 2%, non è infatti un fine, ma il mezzo per impegnare le Nazioni alleate a conseguire i target capacitivi definiti dal processo di pianificazione operativa dell’Alleanza, piano che definisce nel dettaglio cosa deve essere messo a disposizione, da parte di chi ed in quali tempi.
Se il piano del governo prevede risorse aggiuntive, allora sarà possibile, citando il DPP 2024 – 2026, dare soluzione allo “ipo-finanziamento del settore Esercizio, che ha raggiunto livelli ormai insostenibili, incidendo in maniera importante sia sui livelli di efficienza dei mezzi e sistemi sia sulla possibilità di effettuare le attività addestrative necessarie”, ovvero avviare una parte dei programmi indicati come “non meno rilevanti e necessari, che risultano oggi in attesa di prossimi finanziamenti utili”; se invece, si rivelasse una mera operazione contabile, allora il raggiungimento del 2% del Pil sarà un solo fatto formale e all’Alleanza Atlantica ed alle nostre Forze armate non resterà che attendere, come ormai fanno da lungo tempo.