Cristo, Pace, Missione, Unità: queste le stelle polari che illuminano un pontificato che restituisce a credenti e non credenti le emozioni di un Papa dal nome impetuoso e combattivo, Leone, ma anche dal sorriso e dallo sguardo commosso, bagnato di quelle lacrime che solo la gioia della Resurrezione condivisa con altri uomini e altre donne riuniti intorno a Cristo, sanno far sgorgare da un cuore che ama la vita, la verità e l’umanità intera. Scrive Ivano Sassanelli
Splende il sole su Roma e l’aria tersa di un pomeriggio di maggio prepara piazza San Pietro a un evento che da millenni affascina uomini e donne di ogni nazionalità: l’elezione di un nuovo Vescovo di Roma, Successore dell’Apostolo Pietro, Papa della Chiesa Cattolica.
In questo scenario si staglia nel cielo una fumata bianca, poi la finestra della Loggia delle Benedizioni si apre e il cardinale protodiacono proclama il famigerato: “Annuntio vobis gaudium magnum: Habemus Papam”.
La febbrile attesa è finita. Si aspetta solo il nome del nuovo Papa. Poi un po’ di incertezza prende gli astanti. Infatti si sente proclamare: “Robert Francis Prevost”. Le dita e le mani dei fedeli contenti per questa scelta si stringono e si tramutano in preghiera, applausi, abbracci e sorrisi. Altri, invece, rimuginano ancora sull’assenza del proprio “candidato” preferito. Ma si sa: lo Spirito soffia dove vuole.
Da quel giorno in poi si sono inseguite indagini giornalistiche, sociologiche e politologiche per cercar di comprendere l’impatto che il nuovo Pontefice avrebbe avuto sulla situazione internazionale, soprattutto nell’attuale contesto geopolitico.
Il Papa, però, ha spiazzato tutti innanzitutto con la scelta del nome: “Leone XIV”. Un nome impegnativo, di spessore, pesante che, scelto da un canonista agostiniano, unisce la grande tradizione teologica e spirituale cattolica all’impegno nella vita quotidiana che la Dottrina Sociale della Chiesa ha da sempre sviluppato grazie ad Encicliche come, ad esempio: la Rerum novarum di Leone XIII; la Quadragesimo anno di Pio XI; la Fulgens radiatur di Pio XII; la Pacem in Terris di Giovanni XXIII; la Popolorum progressio di Paolo VI; la Centesimus annus di Giovanni Paolo II; la Caritas in veritate di Benedetto XVI; la Laudato si’ di Francesco.
Inoltre, guardando allo stemma del nuovo Papa, ci si rende subito conto che il motto episcopale da lui scelto è: “In Illo uno unum” – ossia “sebbene noi cristiani siamo molti, nell’unico Cristo siamo uno” – che riprende l’Esposizione sul salmo 127 scritta da Sant’Agostino.
Questa frase racchiude in sé lo spirito che anima il nuovo Pontefice: ossia il centrare l’esistenza della Chiesa, dei fedeli e di tutti gli uomini e le donne del nostro tempo su Gesù Cristo e, in particolare, sul Cristo Risorto. Infatti, le prime parole pronunciate da Papa Leone XIV sono state sì parole di pace ma non parole di semplice irenismo.
“La pace sia con voi” vuol dire, in sostanza: “la pace donata a voi dal Cristo Risorto, dimori in voi e da voi sia donata agli altri e al mondo”.
Ciò provoca la missione, ossia l’annuncio della gioia pasquale a tutte le genti. Tale messaggio è quello ascoltato dagli apostoli il giorno dell’Ascensione del Signore: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo a ogni creatura” (Mt 16,15). Questo mandato post-pasquale di Gesù è un dato così ineludibile della vita del cristiano che un indimenticato e indimenticabile canonista, Manuel Jesus Arroba Conde, lo definiva come il fulcro della “norma missionis”, capace di racchiudere in sé il deposito della fede e la vita di comunione della Chiesa Universale.
Ed è proprio la comunione, il frutto maturo di tutto questo. Un cammino fatto di unione con Dio e con gli altri, cristiani e non cristiani, tutti. Prendersi per mano vuol dire sostenersi a vicenda, camminare insieme, all’unisono, sentendo le difficoltà dell’altro, empatizzando con lui.
In particolare, Papa Leone XIV porta con sé una possibilità concreta per un proficuo dialogo di unità, soprattutto all’interno della Chiesa. Infatti, per un verso, egli è un discepolo di Sant’Agostino e proprio un agostiniano è stato colui che ha dato avvio alla nascita delle Chiese Riformate: ossia Martin Lutero.
La condivisione da parte del Papa dello stesso carisma religioso di Lutero, può avere l’effetto di dare ancora maggior impulso al dialogo con le Chiese Evangeliche.
Per altro verso, l’elezione del nuovo Papa è avvenuta l’8 maggio, giorno in cui la Chiesa Universale celebra la Madonna di Pompei e la chiesa particolare di Bari festeggia il suo santo patrono: San Nicola di Myra. Quest’ultimo elemento, apparentemente trascurabile, in realtà, risulta molto significativo in
quanto Bari è stata definita “Capitale dell’unità della Chiesa” da Papa Francesco a conclusione dell’evento “Mediterraneo, frontiera di pace” il 24 febbraio 2020.
Questa città, porta d’oriente, che conserva le ossa del Santo venerato da Cattolici e Ortodossi, richiama alla centralità del dialogo ecumenico con l’oriente cristiano. Per questo, in quest’anno giubilare, lo sguardo si sposta a levante: il Pontificato di Leone XIV si apre nel segno dell’anniversario dei 1700 anni del Concilio di Nicea, pietra miliare per la fede cristiana e per l’unità dei credenti.
Dunque, Cristo, Pace, Missione, Unità: queste le stelle polari che illuminano un pontificato che restituisce a credenti e non credenti le emozioni di un Papa dal nome impetuoso e combattivo, Leone, ma anche dal sorriso e dallo sguardo commosso, bagnato di quelle lacrime che solo la gioia della Resurrezione condivisa con altri uomini e altre donne riuniti intorno a Cristo, sanno far sgorgare da un cuore che ama la vita, la verità e l’umanità intera.