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La propaganda (non) russa a scuola. Lo studio dell’Istituto Germani

Uno studio dell’Istituto Gino Germani ha esaminato 28 manuali delle scuole medie e individuato sei filoni di propaganda allineati alle narrative del Cremlino. Gli autori richiamano l’urgenza di educare al pensiero critico e allo studio di tutte le forme di totalitarismo

Libri di testo per le scuole medie che risultano, “consapevolmente o inconsapevolmente” organici all’immagine della Russia che si è consolidata in Italia negli ultimi 80 anni “grazie a operazioni di soft power, sharp power, hybrid analytica, history and culture weaponisation, lavorando in profondità nella mente degli italiani anche attraverso la creazione di miti collettivi”.  È quanto emerge da un nuovo studio dell’Istituto Gino Germani di Roma, firmato da Massimiliano Di Pasquale e Iryna Kashchey sfogliando 28 manuali scolastici, pubblicati tra il 2010 e il 2024 dai principali editori italiani del settore e adottati nelle scuole medie italiane.

Tra questi miti ci sono, si legge, quello dell’Unione Sovietica come Stato promotore di pace o a quello della grande cultura russa. Il primo “quasi a parziale giustificazione dell’atteggiamento aggressivo della Russia attuale che interverrebbe per tutelare le minoranze russe o russofone (il termine in molti manuali è intercambiabile, in un testo si parla addirittura di ucraini russi!) nei territori un tempo ‘suoi’, oggi segnati da scontri etnici tra nazionalisti laddove un tempo regnava la pace!”. Il secondo, invece, “a supporto di una teoria secondo la quale l’arte e la cultura prodotte da artisti vissuti nell’impero zarista o sovietico sono russe”.

Qualche esempio. L’Ucraina “è un Paese povero, corrotto e armato fino ai denti”. Kyiv (per lo più scritto alla russa, ovvero Kiev) “la madre delle città russe”. La Crimea “ritornata alla Russia” dopo un referendum. E la cultura dell’Europa dell’Est? Tutta russa. “Non sono casi isolati”, ha spiegato Massimiliano Di Pasquale, direttore dell’Osservatorio Ucraina dell’Istituto Germani, all’Adnkronos. Non si tratta neanche, però, di complotti orditi da chissà chi: “Questi contenuti sono figli di un soft power ben radicato, perfettamente coerenti con una cultura accademica e geopolitica che da decenni glorifica l’immagine della Russia e minimizza quella degli altri Paesi post-sovietici”.

In generale, nei manuali scolastici ricorrono sei filoni di propaganda che ricalcano quasi perfettamente quella russa: la Rus di Kyiv (regno slavo medioevale, ndr) è la progenitrice del “Regno russo” e della “nazione russa”; l’Ucraina è un Paese fallito; la Crimea è tornata alla Russia dopo un referendum; l’accerchiamento della Russia da parte della Nato è la causa della politica attuale del Cremlino; esiste una “Regione russa”, accomunata dalla stessa cultura e dalla stessa lingua, che comprende Russia, Ucraina, Bielorussia, Moldova e i Paesi Baltici; la cultura dell’Europa orientale coincide con la cultura russa.

“Serve uno sforzo culturale, non ideologico”, ha dichiarato Di Pasquale. “Bisogna insegnare a usare la testa, a riconoscere tutte le forme di totalitarismo. In Italia si parla solo di nazismo. Del patto Molotov-Ribbentrop non si fa mai menzione. La cultura democratica si difende anche così”, ha concluso.


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