Il Caucaso è sempre più al centro delle rotte energetiche globali, e la Cina ne prende le redini con un’aggressiva politica di investimenti green in Azerbaigian. L’Europa rischia di rimanere spettatrice
Nel percorso di avvicinamento tra Azerbaigian e Cina, le energie rinnovabili sembrano assumere un ruolo pivotale. Lo scorso aprile i due Paesi hanno infatti firmato una serie di accordi riguardanti questo specifico settore, dall’investimento congiunto tra il ministero dell’Energia azero e la multinazionale cinese Universal per la costruzione di un impianto solare da 100 megawatt a Gobustan, la cui entrata in funzione è prevista per il 2026, all’impegno della China Datang Overseas Investment nella realizzazione di un impianto solare galleggiante da 100 megawatt sul lago Boyukshor, e ancora alla collaborazione tra PowerChina Resources e Socar Green per sviluppare un parco solare da 160 megawatt, la cui messa in esercizio è prevista per il 2028.
Ma ci sono anche progetti più ambiziosi, come ad esempio il memorandum d’intesa tra il ministero dell’Energia, Socar Green, China Datang e PowerChina per la realizzazione di un gigantesco impianto eolico offshore da due gigawatt nel Mar Caspio. Inoltre, è stato formalizzato un accordo di cooperazione con l’Istituto cinese di pianificazione ed ingegneria dell’energia elettrica, volto a supportare l’integrazione delle fonti rinnovabili nella rete nazionale azera nel periodo post-2028. Questi accordi non si limitano alla sola costruzione di impianti, ma puntano a un’infrastruttura energetica integrata e avanzata, capace non solo di soddisfare il fabbisogno interno ma anche di rendere l’Azerbaigian un potenziale esportatore di elettricità verde verso l’Europa.
La collaborazione tra Pechino e Baku in questo campo non è una novità. Già nel novembre dello scorso anno, all’interno del framework della Cop29, i due Paesi avevano stretto alcuni accordi di collaborazione riguardanti lo sviluppo di capacità per la produzione di energia rinnovabile e l’istituzione di centri di ricerca sempre relativi a questo settore.
La visita di Aliyev a Pechino dimostra chiaramente che la relazione con la Cina è diventata strategica per Baku (e viceversa), non solo sul piano economico ma anche su quello geopolitico. L’Azerbaigian mira a trasformarsi in un hub energetico regionale “verde”, capace di esportare elettricità rinnovabile verso i mercati europei, anche grazie a progetti multilaterali con Kazakistan e Uzbekistan. Ma per realizzare questa ambizione, ha deciso di rivolgersi alla Cina, che offre tecnologia a basso costo e pacchetti integrati che uniscono finanziamenti, costruzione e gestione. Questa penetrazione non è neutrale: significa progressiva dipendenza da forniture, servizi, standard tecnologici e competenze cinesi. Anche la gestione a lungo termine degli impianti, soprattutto quelli offshore o galleggianti che richiedono alta specializzazione, aumenterà la necessità di supporto tecnico dalla Cina.
Per evitare che l’Azerbaigian si leghi troppo a Pechino su questo piano, è importante che l’Europa agisca da subito. E Roma, come interlocutore di lunga data di Baku (su varie tematiche, compresa anche quella energetica), può giocare un ruolo fondamentale nel portare avanti lo sforzo economico-diplomatico europeo per agganciare il Paese caucasico, allontanandolo dall’orbita cinese.