L’ondata di violenze e sabotaggi in Europa nel 2024 è attribuibile al servizio di intelligence militare russo. Si tratta di una combinazione di metodologie sovversive per destabilizzare i Paesi bersaglio e creare caos interno. L’analisi di Luigi Sergio Germani, direttore dell’Istituto Gino Germani di Scienze Sociali e Studi Strategici
L’ondata di sabotaggi, incendi dolosi e altre azioni violente che si sono moltiplicati in Europa – soprattutto in Nord Europa, Germania ed Europa centro-orientale – nel corso del 2024 sarebbe da attribuire, secondo i servizi d’intelligence europei, al GRU (GU), il servizio di intelligence militare russo. Tra gli obiettivi di questa campagna violenta vi sono: cavi sottomarini nel Mar Baltico (una infrastruttura critica essenziale dell’era digitale), reti ferroviarie, centri commerciali, magazzini, fabbriche di armamenti, basi militari. Si sono intensificate le attività di guerra elettronica e jamming contro voli civili tra i Paesi baltici e l’Europa centro-orientale. Inoltre, si sono verificate intrusioni in impianti di trattamento delle acque in vari Paesi e pacchi DHL hanno preso fuoco o sono esplosi in magazzini di compagnie aree cargo in Germania e Regno Unito (gli ordigni incendiari erano destinati ad esplodere a bordo di voli DHL). In diversi casi gli esecutori delle azioni violente erano criminali comuni reclutati dal GRU su Telegram.
La campagna di azioni violente sarebbe coordinata da una struttura del GRU creata nel 2023, il Servizio per le attività speciali (SSD), specializzata in attività di sovversione violenta, sabotaggi e assassini all’estero, e specie in Europa. Questa nuova struttura avrebbe assorbito la famigerata unità 29155 del GRU (denominata anche 161st GRU Specialist Training Center), che i servizi occidentali ritengono responsabile di azioni di destabilizzazione violenta in Montenegro, Moldova, Armenia e Spagna, nonché del tentato assassinio a Salisbury (Regno Unito) nel 2018 di Sergej Skripal (ex ufficiale GRU) e la figlia con l’aggressivo chimico Novichok.
Secondo autorevoli analisti di intelligence la finalità dell’ondata di sabotaggi che ha colpito l’Europa nel 2024 sarebbe non solo di compiere azioni destabilizzanti (per ora con impatto limitato) ma soprattutto di raccogliere informazioni utili per pianificare una offensiva terroristica di più alta intensità, individuando i bersagli più vulnerabili, e osservando l’impatto delle azioni di sabotaggio e le reazioni delle autorità dei Paesi colpiti. Pertanto, questa campagna violenta rappresenta, con tutta probabilità, un’attività preparatoria per una possibile futura offensiva di attentati terroristici veri e propri in Europa.
Secondo questa linea interpretativa, condivisa da diverse agenzie di intelligence occidentali, la creazione del succitato SSD del GRU sulla base dell’Unità 29155 e di altre unità operative del GRU e del FSB specializzate in cyber-attacchi e human intelligence – nonché la nomina a vicedirettore del GRU del generale Andrei Averyanov (già capo di tale unità) – indicherebbero la volontà del Cremlino a potenziare sempre di più le capacità operative dei servizi segreti russi nel campo della sovversione violenta nei Paesi occidentali.
Ci troviamo di fronte, in altre parole, all’evoluzione più recente della cosiddetta “guerra ibrida” condotta dalla Russia in Europa. I concetti di “guerra ibrida” e “minaccia ibrida” sono diventati centrali nei dibattiti sulla sicurezza in ambito Nato e Ue dopo l’annessione della Crimea e la destabilizzazione violenta del Donbas a opera della Russia nel 2014 (anche se alcuni esperti preferiscono utilizzare altri termini: guerra non-lineare, guerra non-convenzionale, gray zone warfare, guerra politica, guerra ambigua).
La guerra ibrida è una strategia, praticata sistematicamente dalla Russia – e con modalità in parte diverse anche dalla Cina, dall’Iran e da altre autocrazie antioccidentali – che punta a destabilizzare un Paese target sfruttando le sue vulnerabilità, a creare instabilità e caos al suo interno tramite un uso combinato e sinergico di diverse metodologie di sovversione, militari e soprattutto non-militari. Le offensive russe di guerra ibrida spesso hanno lo scopo di preparare il terreno per un intervento militare convenzionale, indebolendo il Paese bersaglio e provocandone la paralisi prima dell’inizio di un conflitto bellico aperto, come accadde in Georgia nel 2008 e in Ucraina nel 2014 e nel 2022.
Le metodologie sovversive della guerra ibrida sono molteplici: campagne di disinformazione e propaganda; cyber-attacchi alle infrastrutture critiche; sostegno a forze politiche antisistema ed estremiste; interferenze elettorali; reclutamento di “agenti di influenza” filo-Cremlino nel mondo politico e mediatico; promozione di flussi migratori irregolari; uso della criminalità organizzata con finalità destabilizzanti; “corruzione strategica” delle élite; sabotaggi e assassini mirati, tra cui assassini di defezionisti e dissidenti anti-regime residenti in Europa.
Nel 2024 sono entrati nell’elenco di persone da assassinare alcuni cittadini dell’Unione europea invisi al Cremlino. Secondo il centro di analisi Dossier Center, che fa capo all’oppositore Michail Chodorkovskij, all’inizio del 2025 il GRU sarebbe stato incaricato di raccogliere informazioni su politici, giornalisti e intellettuali europei ostili al regime putiniano per eventuali operazioni di eliminazione fisica di tali personalità (una notizia che tuttavia non è stata ancora confermata pubblicamente dai servizi d’intelligence europei o da altre fonti ufficiali).
La guerra ibrida russa trae le sue origini dalla strategia sovietica di disinformazione e “misure attive” (aktivnye meroprijatija), un termine del KGB, la polizia segreta sovietica, che abbracciava svariate attività sovversive tese alla destabilizzazione politica e psicologica dell’Occidente e all’espansione dell’influenza sovietica nel Terzo Mondo. La strategia delle misure attive – condotta dall’URSS dagli anni Sessanta fino alla metà degli anni Ottanta del secolo scorso – puntava a creare divisioni e instabilità all’interno del mondo occidentale, fiaccando sempre di più la sua volontà di fronteggiare la sfida sovietica a livello militare. In quegli anni, infatti, il Cremlino perseguiva un programma pluridecennale di riarmo teso a raggiungere e superare l’Occidente sotto il profilo sia nucleare che convenzionale.
Oltre alla dezinformacija e alla diffusione globale di propaganda filo-sovietica le misure attive comprendevano anche il finanziamento occulto a partiti comunisti all’opposizione in tutto il mondo; l’assassinio di dissidenti residenti all’estero; la strumentalizzazione di movimenti pacifisti occidentali; il sostegno fornito a movimenti rivoluzionari e gruppi insurrezionali nel Terzo Mondo; l’appoggio offerto al terrorismo di sinistra in Europa (ad esempio alle Brigate Rosse in Italia e alla Rote Armee Fraktion in Germania), al terrorismo etnico-separatista (IRA ed ETA), e a formazioni terroristiche palestinesi, come il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (PFLP). Secondo alcuni autorevoli esperti, le misure attive comprendevano anche il sostegno al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, soprattutto dall’Afghanistan, verso gli Stati Uniti e l’Europa occidentale, allo scopo di indebolire, demoralizzare e destabilizzare l’Occidente. Come fu puntualmente sottolineato dal generale Oleg Kalugin, già capo del direttorato K del KGB (preposto alle operazioni di counterintelligence all’estero), “la sovversione era l’anima e il cuore dell’intelligence sovietica, Non la ricerca informativa, ma la sovversione: le misure attive per indebolire l’Occidente, creare tensioni all’interno delle alleanze occidentali, e in particolare della NATO, seminare discordia tra alleati”.
La sovversione è la missione prioritaria anche per gli attuali servizi segreti russi – l’SVR, l’FSB e il GRU – che continuano la tradizione operativa dell’intelligence sovietica. Così come il KGB in epoca sovietica anche le agenzie di intelligence della Russia putiniana ravvisano nelle misure attive una missione di livello superiore rispetto allo spionaggio tradizionale.
La guerra ibrida russa del XXI secolo rappresenta una componente fondamentale della grand strategy di Mosca, che si prefigge tre obiettivi principali: ricostituire un sistema imperiale riportando sotto il controllo di Mosca i Paesi dello spazio post-sovietico, disgregare la NATO e l’Unione Europea, e affermare l’egemonia russa in Europa. Mosca persegue questi obiettivi con determinazione anche tramite la transizione accelerata a una economia di guerra e un programma massiccio di ricostruzione delle proprie forze armate convenzionali. Gli obiettivi geostrategici di Mosca, pertanto, sono decisamente più ampi della sottomissione dell’Ucraina.
La guerra ibrida mira, in una prima fase, a penetrare il Paese bersaglio, manipolare le percezioni dell’opinione pubblica, cooptare settori delle sue élite, e raccogliere informazioni sulle sue vulnerabilità economiche, sociali e infrastrutturali. Successivamente, si attacca la coesione sociale della nazione presa di mira, tentando di inasprire le divisioni al suo interno, estremizzandone le contrapposizioni, diffondendo sfiducia nelle sue istituzioni statali e degradando la loro capacità di governare e mantenere l’ordine. Infine, si provoca una escalation della crisi alimentando una dinamica di destabilizzazione violenta della società bersaglio.
Una caratteristica distintiva della guerra ibrida russa è che essa mira deliberatamente a diffondere confusione, incertezza e ambiguità, nei decisori politici e nella popolazione dello Stato avversario, circa la reale esistenza e la provenienza della minaccia. Lo Stato aggredito, pertanto, non sempre percepisce in maniera chiara di essere sotto attacco ibrido, specie se quest’ultimo è di bassa intensità.
La guerra ibrida praticata dalla Russia e da altri Stati autocratici antioccidentali richiede da tutte le democrazie, Italia compresa, un ripensamento delle proprie strategie di sicurezza nazionale e d’intelligence. Gli Stati democratici potranno fronteggiare efficacemente la minaccia della guerra ibrida solo adottando un approccio olistico e integrato alla sicurezza: tutte le Istituzioni dello Stato e tutte le componenti della società devono partecipare agli sforzi di prevenzione, contrasto e rafforzamento della resilienza e della coesione nazionale.
La minaccia ibrida rende sempre più necessario introdurre significative innovazioni nel sistema di sicurezza nazionale italiano. Dal momento che la guerra ibrida attacca la società stessa le contromisure devono necessariamente basarsi sulla partecipazione della società civile. Ciò richiede una adeguata percezione della minaccia ibrida da parte dell’opinione pubblica e delle élite. Tuttavia, una tale consapevolezza appare attualmente molto scarsa nel nostro Paese, quando non completamente assente.
La difesa del sistema-Paese dalla guerra ibrida richiede un livello sempre più elevato di coordinamento, integrazione e scambio di informazioni tra tutti i ministeri e dipartimenti preposti alla gestione della sicurezza (PCM, servizi di intelligence, ministeri dell’Interno, della Difesa e degli Esteri, Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza, ecc.). Risulta pertanto essenziale istituire, presso la presidenza del Consiglio dei ministri, un National Security Council italiano con funzioni di indirizzo strategico, coordinamento e pieno scambio di informazioni tra i diversi apparati istituzionali responsabili delle politiche di difesa e sicurezza.
Occorre, inoltre, potenziare e rinnovare profondamente l’intelligence e la counterintelligence italiana, che devono sviluppare capacità molto elevate di ricerca informativa e analisi nel settore del contrasto alla guerra ibrida, anche attraverso una sempre più stretta collaborazione con attori della società civile (imprese, istituti di ricerca scientifica, università, think tank, organizzazioni non-governative) in campi quali la cyber-sicurezza, il monitoraggio di attività di disinformazione e influenza sui social media, e l’individuazione di fenomeni destabilizzanti nella società civile.
I servizi segreti hanno il compito fondamentale di consentire ai decisori politici di uscire dall’incertezza e dalla confusione, scientemente diffuse dallo Stato aggressore, e di avvertire con chiarezza se il sistema-Paese sia sotto attacco ibrido o meno. L’intelligence deve fornire al decisore informazioni, analisi, previsioni ed early warning circa eventuali attacchi ibridi, e ove possibile intervenire con covert operation per neutralizzare tali minacce. La counterintelligence, infine, dovrebbe adottare un approccio più offensivo, puntando a penetrare, disinformare e degradare i servizi segreti avversari che guidano le operazioni di guerra ibrida in Europa e nel nostro Paese.
UN WEBINAR E UN CORSO PER APPROFONDIRE
L’Istituto Gino Germani di Scienze Sociali e Studi Strategici ha organizzato un webinar “L’intelligence contro la strategia del caos: guerra ibrida e sicurezza nazionale”, che si terrà mercoledì 7 maggio 2025 alle ore 18:00. Qui il link per la partecipazione, a titolo gratuito, in diretta all’evento. Seguirà un corso di alta formazione “Tecniche avanzate di Human Intelligence: Corso operativo per l’intelligence istituzionale e privata”, che si terrà a Roma in presenza il 16-17 maggio, 23-24 maggio, con una esercitazione operativa fuori sede il 30-31 maggio 2025.