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Safe, uno strumento macchinoso ma con il potenziale per una svolta europea. La lettura di Braghini

Di Fabrizio Braghini

Il Consiglio Ue ha adottato il regolamento Safe. Il nuovo strumento apre ai prestiti per acquisti comuni in ambito difesa, anche a Paesi terzi partner, ma con criteri stringenti e preferenze europee. Un meccanismo flessibile, con margini di discrezionalità, che potrebbe anticipare una vera politica industriale europea della difesa

Il Consiglio dell’Unione europea ha adottato oggi il regolamento Security Action For Europe (Safe) con una controversa procedura di urgenza, utilizzando l’art.122 del Trattato che esclude il Parlamento Europeo, il quale minaccia un ricorso alla Corte di Giustizia. Sono stati superati gli ostacoli politici che ne avevano rallentato il dibattito, introducendo elementi di novità come l’estensione della possibilità di partecipare o accedere ai prestiti oltre il perimetro Ue (concetto di Europa geografica), e condizioni di partecipazione ristretta, una forma di preferenza europea peraltro richiamata dai regolamenti per la difesa in vigore.

Nel Safe, per l’accesso ai prestiti, non sono previsti criteri di allocazione ma “demand driven” da parte di almeno due Paesi eleggibili per common procurement (in casi eccezionali un solo Paese e temporaneamente), previa trasmissione alla Commissione europea di European Defence Industry Investment Plans.

Si evince dai comunicati odierni della Commissione che al Safe possono partecipare agli acquisti in comune i 27 Paesi Ue/EAA EFTA e Ucraina, oltre ai Paesi che hanno richiesto di diventare membri della Ue e quelli candidati, nonché i Paesi che hanno accordi di partnership in sicurezza e difesa (il prossimo sarà il Regno Unito). È prevista anche la possibilità di accordi bi-multilaterali tra Ue e Paesi Terzi con i quali possono aprirsi condizioni di eleggibilità. In ogni caso, se viene prevista l’unanimità, alcuni Paesi potrebbero bloccarli per ragioni di concorrenza.

Potranno beneficiare dei prestiti i Paesi Ue e anche i Paesi che hanno stabilito un accordo di sicurezza e difesa con l’Ue (attualmente sono sette e si è in attesa dell’accordo Ue-Uk). I prodotti eleggibili devono originare da entità stabilite e con quartier generale in Ue/EA EFTA e Ucraina.

Per i prodotti non complessi o “war consumable”, i Paesi Ue devono assicurare che i componenti rappresentino il 65% del costo di un prodotto finale originato da Ue/EAA EFTA e Ucraina. Per i prodotti complessi (categoria 2 delle aree prioritarie) sono previste condizione ristrette di eleggibilità, in quanto i Paesi devono anche assicurare che i contraenti abbiano il pieno controllo del progetto dell’equipaggiamento (System Design Authority) al fine di evitare nuove dipendenze dall’estero.

Pur se macchinoso, come d’altra parte gli altri regolamenti in vigore nel settore difesa, Safe consente una certa flessibilità e discrezionalità della Commissione e dei Paesi, lascia spazio al coinvolgimento di altri Paesi ampliando la supply chain, rafforza le imprese nazionali dei Paesi membri. Se il meccanismo funzionerà, potrà aprire la strada al passo successivo, quello di acquisti comuni non più ai piani nazionali ma alle capacità prioritarie europee, che siano finanziate dal budget Ue.


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