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Orbán spia Zelensky? Cosa accade tra Ucraina e l’Ungheria

Per la prima volta l’intelligence ucraina denuncia ufficialmente una rete ungherese. Budapest risponde espellendo due diplomatici. Secondo esperti di relazioni internazionali, Orbán cerca di trarre vantaggio politico e territoriale allineandosi a un attore più forte (la Russia) nonostante sia in Nato e Ue

In un’escalation diplomatica senza precedenti tra Ungheria e Ucraina, Budapest ha annunciato l’espulsione di due “spie” sotto copertura diplomatica dopo che a Kyiv il tribunale distrettuale Shevchenko ha disposto la custodia cautelare per due cittadini ucraini accusati di spionaggio a favore dei servizi militari ungheresi. È la prima volta nella storia dell’Ucraina che il Servizio di sicurezza (Sbu) porta alla luce una rete di intelligence militare di Budapest operativa sul suo territorio.

Espulsione dei diplomatici ucraini

Il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó ha dichiarato che i due funzionari dell’ambasciata ucraina a Budapest, identificati come agenti sotto copertura, sono stati dichiarati “persona non grata” e invitati a lasciare il Paese entro 72 ore. Secondo Szijjártó, essi raccoglievano informazioni riservate danneggiando gli interessi nazionali ungheresi, e le accuse di Kyiv rappresentano “l’ultima campagna diffamatoria” contro l’Ungheria e il suo popolo.

La rete di spionaggio ungherese scoperta

Kyiv respinge le motivazioni di Budapest come “propaganda di ritorsione” e sottolinea la gravità dell’operazione spionistica svelata dallo Sbu. È la prima volta dall’indipendenza che il servizio ha reso pubblica l’esistenza di una cellula di spionaggio legata all’intelligence militare ungherese, con il compito di: raccogliere dati sulla sicurezza militare della regione della Transcarpazia, al confine con l’Ungheria; identificare vulnerabilità nei sistemi di difesa aerea e nelle infrastrutture terrestri; studiare gli orientamenti socio-politici della popolazione locale e simulare reazioni in caso di ingresso di truppe ungheresi. Due ex militari ucraini – un quarantenne del distretto di Berehove e un ex ufficiale congedato nel 2025 – sono finiti in manette con l’accusa di tradimento in tempo di guerra, reato punibile con l’ergastolo. Il tribunale Shevchenko di Kyiv ha disposto la loro detenzione preventiva per 60 giorni senza possibilità di cauzione. Durante le perquisizioni, il controspionaggio ha sequestrato telefoni e documentazione strategica.

A rimarchio di Mosca

Secondo Edward Hunter Christie, esperto del Finnish Institute of International Affairs, esperti di relazioni internazionali, il caso ungherese rientra nella categoria dell’offensive bandwagoning, ossia l’allineamento a un attore più potente con l’obiettivo di trarne vantaggio territoriale e politico. Questo fenomeno, documentato soprattutto durante la Seconda guerra mondiale sotto il regime di Miklós Horthy, assume oggi caratteristiche inedite: l’Ungheria infatti persegue politiche aggressive pur restando membro di Nato e Unione europea, organizzazioni nate proprio per impedire simili derive. Solo una risposta di forza superiore e misure di deterrenza efficaci possano scoraggiare tali comportamenti co-aggressivi, ha scritto l’esperto.

Tensioni e timori di occupazione

Il caso si inserisce in un contesto di crescente diffidenza lungo il confine occidentale ucraino, dove vive una comunità di circa 150.000 ungheresi etnici. Fin dal 2022, con l’invasione russa, erano emerse preoccupazioni secondo cui il premier Viktor Orbán poteva pianificare un’incursione nella Transcarpazia qualora le forze di Mosca avessero avuto ragione su Kyiv. Budapest, pur sostenitrice delle sanzioni europee contro la Russia, si è sempre mostrata riluttante a fornire armi letali a Kyiv, invocando la protezione delle minoranze ungheresi.


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