Il vertice del 19 maggio a Londra segnerà un passo cruciale nella cooperazione tra Regno Unito e Unione europea sul fronte della difesa. Ma il riarmo non potrà reggersi solo su nuovi contratti: richiederà anche strutture finanziarie inedite, capaci di sostenere l’intero ecosistema industriale. La proposta di una Banca per la Difesa, la sicurezza e la resilienza punta a colmare questa lacuna. L’analisi della professoressa Fiona Murray, associate dean of innovation presso la Mit school of management e vicepresidente del Nato innovation fund
Il 19 maggio a Londra i leader si incontreranno per firmare uno storico Patto di Difesa tra Regno Unito e Unione europea. Ma quello che seguirà sarà influenzato non solo dalla politica, ma anche dall’economia.
Per sostenere una deterrenza credibile a lungo termine, il Regno Unito e l’Europa devono riarmare anche le loro economie, non solo i loro eserciti. Questo richiederà un impegno verso nuove istituzioni finanziarie, non semplicemente una rivitalizzazione delle vecchie istituzioni militari. Se implementato efficacemente, l’impegno sulla difesa di oggi potrebbe diventare un potente moltiplicatore di rinnovamento economico, andando ben oltre i confini tradizionali delle politiche nell’ambito della difesa.
I benefici di una maggiore spesa per la difesa sono chiari: capacità di dissuasione e difesa più moderne e affidabili. Ma i vantaggi economici non deriveranno solo dall’approvvigionamento di armamenti e, senza una riforma strutturale più ampia, potrebbero non concretizzarsi mai.
Negli ultimi mesi, i contratti assegnati ai principali fornitori di sistemi di difesa tradizionali, da Rheinmetall a BAE Systems, hanno incontrato ostacoli di lunga data. Un improvviso aumento della domanda non può essere assorbito da un settore industriale della difesa progettato per operare ad un ritmo di pace. L’aumento della capacità produttiva richiede tempo. Nel frattempo, le crescenti tensioni con la Cina, la minaccia di dazi o embarghi su componenti chiave, mettono ulteriormente sotto pressione le catene di approvvigionamento. Il costo dei proiettili di artiglieria da 155 mm è passato da $2.000 prima dell’invasione russa dell’Ucraina a oltre $8.000 oggi. Quando l’Europa esercita una pressione simultanea su un sistema a bassa capacità di produzione, il risultato è prevedibile: paghiamo di più per avere di meno.
C’è una crescente consapevolezza che il procurement di soluzioni militari deve espandersi oltre i grandi player tradizionali, per includere la nuova generazione di imprese in ambito difesa che stanno crescendo in tutta Europa. Startup come Kraken, che costruisce imbarcazioni a guida autonoma, o Tiberius, che ripensa il design dei missili, sono sempre più coinvolte attraverso contrattazioni rapide e partnership innovative con i Ministeri della Difesa. Sostenute da capitali privati, queste aziende portano competenze nuove e idee fresche nel settore.
Ma espandere il numero dei fornitori non è sufficiente. Il problema dell’Europa non è la mancanza di idee, ma la mancanza di capacità produttiva e, soprattutto, la mancanza di infrastrutture finanziarie per sostenere il settore. La proposta di una Banca per la Difesa, la Sicurezza e la Resilienza (DSR Bank), che sarà basata in Europa ma progettata per includere partner affini come Canada, Australia e Giappone, potrebbe aiutare a raggiungere questo obiettivo. Una istituzione dal cuore europeo e dalla portata globale, espressione di una nuova coalizione di volenterosi impegnata per una sicurezza condivisa.
Una delle funzioni principali della DSR Bank sarebbe immettere liquidità nel sistema. In un incontro dei ministri delle finanze dell’UE e del Regno Unito a Varsavia lo scorso mese, il programma SAFE della Commissione Europea da 150 miliardi di euro è stato accolto come un passo nella giusta direzione. Ma è anche una misura temporanea. Ciò che manca al settore è la persistenza: un’istituzione stabile capace di stabilizzare il finanziamento della difesa attraverso i cicli economici. La DSR Bank potrebbe garantire prestiti di capitale circolante, consentendo alle banche commerciali di offrire credito a condizioni accessibili ai fornitori e permettendo alle PMI con contratti stipulati con i Governi di accedere a finanziamenti a condizioni migliori. Con un bilancio di 100 miliardi di euro, di cui solo il 20% di capitale iniziale fornito dalle nazioni azioniste, potrebbe sbloccare capitali privati, trasformando l’attuale rischio frammentato in velocità di reazione collettiva.
Potrebbe anche ridurre l’alto costo di finanziamento che oggi colpisce anche i principali player della difesa. BAE Systems, il più grande produttore del settore in UK, vanta un rating BBB+. Saab, il leader svedese nella difesa e nell’aerospazio, ha lo stesso rating. Questi non sono casi isolati ma sintomi di un sistema in cui le aziende di settori strategici sono trattate come se fossero realtà speculative. Per BAE un rating basso significa spendere potenzialmente circa 90 milioni di sterline in più ogni anno per ottenere finanziamenti — l’equivalente di 11.000 proiettili d’artiglieria.
Le banche non sono avverse al settore difesa, semplicemente il sistema non è progettato per sostenerlo. Molte aziende emergenti nelle tecnologie avanzate e quelle alla base della catena di approvvigionamento sono trattate come realtà ad alto rischio e spesso escluse completamente dal sistema del credito. Tuttavia, il venture capital della difesa è in aumento: il capitale immesso nelle startup di difesa europee è aumentato di dieci volte, da 62 milioni di dollari nel 2022 a 626 milioni di dollari nel 2024. La DSR Bank aiuterebbe a mitigare questo rischio trasferendo il suo rating AAA alle aziende con rating inferiori.
Un terzo imperativo è la prontezza industriale. L’Europa non deve solo produrre di più oggi, ma essere pronta ad aumentare la produzione di domani. Tuttavia, costruire capacità di difesa latente—fabbriche, attrezzature, strutture logistiche— è un percorso difficile da giustificare all’interno di cicli fiscali annuali. La DSR Bank potrebbe detenere direttamente tali asset nel proprio bilancio, dando ai Governi lo spazio per riarmarsi senza aumentare immediatamente il debito pubblico. Investirebbe nella capacità sottoutilizzata in paesi alleati come la Corea del Sud e il Canada, accelerando la consegna degli armamenti ed evitando pressioni inflazionistiche nel contesto europeo ancora in espansione. Non si tratta di sussidi ma di investimenti strategici nella resilienza.
Nel dopoguerra furono istituzioni come la Banca europea per gli investimenti e la Comunità del carbone e dell’acciaio, insieme alle controparti britanniche, a ricostruire l’Europa grazie a strumenti comuni e a un approccio di rischio condiviso. La DSR Bank riprenderebbe quella logica.
Il terreno politico è già pronto. Il summit di Londra segna un punto di svolta nella cooperazione tra Regno Unito e UE sulla difesa e la resilienza. Ma se il riarmo deve portare a un rinnovamento, dobbiamo andare oltre. L’istituzione della Banca per la Difesa, la Sicurezza e la Resilienza nell’ambito del Patto di Difesa UK-UE invierebbe un segnale potente: che il Regno Unito, l’Europa e i loro partner sono pronti a finanziare la loro sicurezza, condividere il rischio industriale e considerare la difesa come un impegno economico condiviso e non come un onere nazionale.