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Così WeChat è entrata nello scontro Usa-Cina sul fentanyl

Il procuratore generale della Carolina del Nord, Jeff Jackson, ha pubblicamente accusato WeChat di essere diventata “un pilastro” del sistema di riciclaggio del denaro dei cartelli della droga, contribuendo a finanziare la crisi da fentanyl che ogni mese uccide migliaia di americani. È un cambio di paradigma per le accuse americane contro l’app di Tencent

WeChat entra nel braccio di ferro tra Washington e Pechino sul fentanyl. Si tratta della potente droga che causa in media 200 morti al giorno negli Stati Uniti e che viene prodotta con precursori chimici proveniente per la quasi totalità della Cina. A tirare il ballo l’app di proprietà del colosso cinese Tencent è stato Jeff Jackson, procuratore generale della Carolina del Nord ed ex membro della Camera dei rappresentanti per il Partito democratico, secondo cui i cartelli messicani stiano sfruttando il suo sistema per organizzare il traffico e il riciclaggio di denaro proveniente dalla vendita di fentanyl negli Stati Uniti.

In un video online di qualche giorno fa, Jackson ha dichiarato che le organizzazioni criminali utilizzano WeChat per pianificare “ritiri di contanti in numerose città americane”, per scambi di valuta con broker cinesi e per trasferire profitti illeciti oltre confine, il tutto “con l’aiuto di un’infrastruttura che oggi conta 1 miliardo di utenti a livello globale, di cui circa 19 milioni negli Stati Uniti”. Per il procuratore generale WeChat è ormai “una parte centrale di un modello di business che uccide migliaia di americani ogni mese”. Per questo, Tencent dovrebbe illustrare “le strategie e gli strumenti” che intende mettere in campo per bloccare l’uso criminale della propria app, sottolineando che le sue affermazioni non sono frutto di mere supposizioni, ma si basano su “casi concreti, condanne, indagini e relazioni pubbliche”.

La presa di posizione di Jackson segue l’iniziativa congiunta di sei procuratori generali (tre democratici e tre repubblicani) – oltre a quelli della Carolina del Sud, del Colorado, del Mississippi, del New Hampshire e del New Jersey – che in una lettera inviata a Tencent hanno chiesto di conoscere entro l’11 giugno “tutte le misure adottate in seguito a indagini, incriminazioni e rapporti ufficiali” che collegano WeChat al riciclaggio dei proventi del traffico di fentanyl. Nel documento, vengono citati alcuni casi emblematici, come la condanna nel 2021 di Xizhi Li, colpevole di aver messo in contatto i distributori dei cartelli con reti finanziarie cinesi e l’indagine federale del 2023 nota come “Operation Chem Capture” nel corso della quale l’agenzia antidroga statunitense (DEA) ha documentato l’utilizzo di app criptate per importare in America i precursori chimici del fentanyl. “Non si tratta di episodi isolati, ma di un inquietante schema abuso-facilitazione”, recita la lettera, che riporta anche la testimonianza di un agente della Dea: “Tutto si svolge su WeChat e i riciclatori non si nascondono neanche”.

Nel 2021 un rapporto del Congresso aveva già indicato WeChat come “strumento chiave nelle operazioni di riciclaggio cinesi”, capace di spostare fondi fra Stati Uniti, Cina e Messico con “velocità, discrezione ed efficienza”.

C’è un cambio di paradigma nelle accuse statunitensi a WeChat. Quest’ultima era finora stata nel mirino delle autorità statunitensi soprattutto per ragioni di sicurezza nazionale: sorveglianza, censura e presunte interferenze cinesi. Oggi, invece, il focus si sposta sul danno diretto subito dalle comunità americane, con le autorità che accusano l’app di funzionare come “hub digitale” per il traffico di fentanyl e il conseguente riciclaggio di ingenti somme di denaro.


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