Il presidente taiwanese Lai Ching‑te ha convocato un briefing sulla sicurezza nazionale a porte chiuse, invitando per la prima volta i vertici di Difesa, Esteri e intelligence a relazionare i leader dell’opposizione. In agenda quattro rapporti su espansione militare cinese, strategie diplomatiche, relazioni sullo Stretto e minacce di guerra ibrida. Ma Tpp e Kmt si tirano indietro, per ora
Lai Ching‑te, da poco più di un anno presidente di Taiwan, ha deciso di aprire un canale di consultazione trasversale sulla sicurezza nazionale, convocando mercoledì un briefing a porte chiuse rivolto ai leader del Kuomintang e del Partito popolare di Taiwan. È la prima volta che, in un’unica sede, il ministero della Difesa, quello degli Esteri, il Mainland Affairs Council (ovvero l’agenzia governativa che si occupa delle relazioni delle relazioni con Cina, Hong Kong e Macao) e il National Security Bureau (agenzia di spionaggio) illustreranno congiuntamente la situazione al Parlamento.
Secondo la portavoce dell’ufficio presidenziale, Karen Kuo, l’incontro – proposto da Lai, leader del Partito progressista democratico, in occasione del primo anniversario della sua investitura lo scorso 20 maggio – è stato pensato per “assicurare che il Paese resti unito di fronte alle molteplici sfide” e per far sì che le opposizioni “comprendano appieno le principali minacce nazionali e le politiche correlate”. La mattinata prevede quattro relazioni istituzionali: la Difesa su espansione militare cinese e possibili contromisure di difesa di Taiwan; gli Esteri sulle sfide globali e strategie diplomatiche di Taipei per rinsaldare alleanze internazionali; il Mainland Affairs Council su evoluzioni in Cina e ricadute sulle relazioni attraverso lo Stretto di Taiwan; il National Security Bureau sulle minacce di guerra ibrida da parte di Pechino e risposte della comunità internazionale. Al termine dei briefing tecnici, spazio a un dibattito generale: un’occasione rara di confronto tra maggioranza e opposizione sulla sicurezza nazionale, che fino ad oggi ha spesso subito logiche di partito separate.
L’appuntamento giunge in un momento particolarmente teso sul piano interno: la Commissione elettorale centrale ha infatti annunciato che si riunirà il 20 giugno per decidere se le campagne di richiamo contro decine di deputati del Kuomintang potranno passare alla fase del voto pubblico. Un passaggio che potrebbe cambiare l’equilibrio dei 113 seggi del Parlamento, dove la coalizione di opposizione detiene ora la maggioranza con 62 seggi, contro i 51 del Partito progressista democratico.
Ma Huang Kuo‑chang, leader del Partito popolare di Taiwan, formazione populista, dopo aver avanzato interrogativi su “forma, portata e spazio di discussione” dell’incontro ha deciso di non partecipare definendo la scelta del governo “affrettata e piena di calcoli politici”. Dopo la sua mossa, anche il Kuomintang, partito con un approccio meno rigido verso la Cina, si è tirato indietro. Il leader Eric Chu ha spiegato che non si è trovato un accordo sull’ordine del giorno e sulle porte chiuse, ma ha apprezzato l’iniziativa del governo.