L’Europa si trova oggi davanti a un bivio decisivo per il futuro della sua sovranità spaziale. I recenti successi dei lanciatori europei Ariane 6 e Vega-C confermano le prestazioni, l’efficacia e la competitività dell’industria spaziale europea, ma dietro questi risultati si cela una fragilità strutturale: la mancanza di un mercato istituzionale ampio e vincolato, simile a quello che garantisce indipendenza agli Stati Uniti, alla Cina e alla Russia. L’intervento di Giulio Ranzo, ad di Avio, e David Cavaillolès, ceo di Arianespace
Un modello europeo sotto pressione
L’Europa ha saputo affermare la propria eccellenza tecnologica attraverso programmi emblematici come Ariane e Vega, riconosciuti a livello mondiale per la loro affidabilità e precisione. Ma la competizione attuale non è solo tecnologica, è anche economica e politica. Le grandi potenze spaziali sostengono la propria industria attraverso un mercato istituzionale stabile e garantito, che consente investimenti a lungo termine, innovazione e mantenimento della leadership. Negli Stati Uniti, ad esempio, la US Space Force ha recentemente stanziato circa 14 miliardi di dollari per finanziare 54 missioni affidate a tre operatori statunitensi. Gli acquisti di servizi di lancio a valori così elevati determinano, per ciascun operatore, un surplus tra i 600 e gli 800 milioni di dollari annui rispetto ai prezzi di mercato; tale appannaggio permette quindi a questi operatori di espandersi e offrire lanci a prezzi bassi per clienti internazionali, inclusi quelli europei. Questo scenario minaccia direttamente la competitività dell’industria di lancio europea. Non possiamo permetterci questa ingenuità. Nel frattempo, l’Europa non beneficia di un mercato istituzionale coerente e garantito.
Affermare la preferenza europea: una scelta strategica
Eppure, l’Europa ha già dimostrato la propria capacità di gestire in maniera autonoma le proprie missioni spaziali. Programmi di grande rilievo come Galileo (sistema di posizionamento satellitare) e Copernicus (programma per l’osservazione della Terra), oppure satelliti strategici per la sicurezza come Cso, sono stati lanciati con successo da vettori europei. Rendere la preferenza europea un principio intangibile sosterrebbe non solo Ariane e Vega, ma incoraggerebbe anche lo sviluppo di progetti emergenti nel settore dei piccoli lanciatori. La Francia e l’Italia occupano una posizione privilegiata per promuovere una visione comune e dare impulso a una dinamica collettiva in Europa. Il successo dei programmi Ariane e Vega illustra perfettamente questa stretta sinergia tra le nostre due nazioni, che ha permesso di unire 13 Stati europei e centinaia di imprese – con migliaia di posti di lavoro creati – per garantire all’Europa un accesso autonomo allo spazio. In un contesto di competizione mondiale sempre più accesa, è più che mai essenziale consolidare questi legami e investire collettivamente nella nostra industria europea, come ricorda il rapporto Draghi sulla competitività dell’Ue.
È il momento di agire
All’orizzonte si profilano due scadenze decisive: la conferenza ministeriale dell’Esa alla fine dell’anno e l’adozione del prossimo quadro finanziario pluriennale dell’Unione Europea per il periodo 2028-2034. Questi appuntamenti devono essere colti per integrare in modo duraturo il principio di preferenza europea al centro della nostra politica spaziale. La cooperazione tra europei è sempre stata il motore delle nostre più grandi conquiste: è unendo le nostre competenze che siamo riusciti ad affrontare sfide tecnologiche di grande portata e a costruire una filiera industriale d’eccellenza. Spetta ora ai leader europei trasformare questa solidarietà nel pilastro della nostra ambizione spaziale: è tempo di lanciare europeo, per gli europei, con gli europei.