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Contro Pechino, Taipei pesca tra i nazionalisti pro Trump

Questa settimana la vicepresidente taiwanese Hsiao Bi‑khim è intervenuta sul “Shawn Ryan Show” per promuovere difesa asimmetrica, resilienza civile e lotta alla disinformazione, puntando a un’audience conservatrice pro Trump. L’obiettivo è trasformare l’anticomunismo in sostegno politico e militare a Taipei

Hsiao Bi‑khim, vicepresidente di Taiwan e volto popolare e “internazionale” dell’amministrazione di Lai Ching-te, è stata ospite questa settimana del “Shawn Ryan Show” su YouTube per parlare delle strategie di difesa e comunicazione del governo di Taipei. Scelta insolita per un leader taiwanese. L’intervista è stata una mossa di public diplomacy, studiata per raggiungere segmenti di pubblico spesso trascurati: i nazionalisti pro Donald Trump, notoriamente scettici sulla questione taiwanese ma pronti a sostenere qualsiasi causa presentata come battaglia contro il comunismo.

Shawn Ryan, ex Navy SEAL e contractor della CIA, gode di grande popolarità tra gli ascoltatori più intransigenti dell’America profonda. Non è uno dei tanti complottisti di quella galassia, come Tucker Carlson. La sua audience, però, non è nota per apprezzare volti istituzionali esteri. Eppure Hsiao ha scelto di andare proprio lì, ricevendo in regalo, secondo tradizione dello show, un sacchetto di caramelle a forma di orsetto. “Un’invasione cinese potrebbe ridisegnare il mondo intero”, ha scritto Ryan. “Per favore, contribuite a diffondere la notizia”.

Nel corso dell’intervista Hsiao ha ribadito che l’unico scopo delle forze armate e della società civile taiwanese è “prevenire un conflitto, che sia entro il 2027 o oltre”. Ha parlato di investimenti in difesa asimmetrica: sistemi d’arma e tattiche nate per complicare i calcoli dell’Esercito popolare di liberazione. Di rafforzamento della resilienza civile, con formazione al primo soccorso, scorte di emergenza, organizzazione di rifugi. E di whole‑of‑society resilience, ovvero capovolgere il paradigma classico di supporto militare alla società, affinché sia la popolazione a sostenere in prima linea la difesa nazionale. Ha raccontato che, oltre alle minacce convenzionali, Pechino persegue una “guerra cognitiva”: disinformazione, tentativi di dividere la società taiwanese e indebolire l’unità interna. L’arma principale di Taipei, secondo Hsiao, è la coesione civile e la trasparenza informativa, sostenute da campagne di educazione digitale e fact‑checking.

L’obiettivo strategico era chiaro: dimostrare che Taiwan non è solo una questione geopolitica “d’élite”, ma un simbolo di libertà cara anche a un elettorato fortemente patriottico. Ovvero, guardare oltre al consenso dei partiti (fortissimo), che Hsiao ha contribuito a realizzare quando stata è rappresentante a Washington (da luglio 2020 a novembre 2023). In passato Taiwan faticava a raccontarsi all’estero, oggi la strategia punta a raggiungere ogni nicchia mediatica. In questo caso, la sensibilizzazione del pubblico conservatore americano dovesse tradursi in maggior pressione sui trumpiani al Congresso per sostegno militare e politico a Taipei, si tratterebbe di un passo avanti notevole.

Intanto il suo intervento al “Shawn Ryan Show” rimarrà forse come uno dei momenti più originali e coraggiosi della diplomazia taiwanese: un mix di tattica militare asimmetrica, resilienza civile e comunicazione mirata, capace di penetrare un’audience altrimenti impermeabile alla retorica democratica. In un mondo in cui le opinioni si formano anche – e forse soprattutto – nei podcast meno istituzionali, Taipei potrebbe aver trovato una nuova arma per difendere la propria esistenza.

(Foto: X, @ShawnRyan762)


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