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Così l’intelligence lavora per pace e democrazia. Le parole di Rizzi (Dis)

I servizi segreti lavorano “per costruire e consolidare le democrazie” nonostante la definizione non richiami trasparenza e democrazia, ha detto il direttore generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza. Parole che ricordano quelle del sottosegretario Mantovano

“Spesso l’intelligence viene associata a qualcosa di oscuro, la stessa parola ‘servizi segreti’ non richiama concetti di trasparenza e democrazia; in realtà dietro l’attività di intelligence c’è un’attività di costruzione di pace e democrazia”. Lo ha detto Vittorio Rizzi, dal cinque mesi direttore generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, nel corso del suo intervento all’Università degli Studi di Napoli Federico II che gli ha conferito il titolo di “Laureato illustre”, in occasione delle celebrazioni per gli 801 anni dalla fondazione dell’Ateneo. “Si dice che l’intelligence lavori sotto soglia”, ha detto ancora, “in quanto lavora dove non arrivano i governi, e non lo fa per costruire demoni o guerre, ma per il motivo opposto: per costruire e consolidare le democrazie”.

Le sue parole ricordano quelle pronunciate a dicembre dal sottosegretario Alfredo Mantovano, Autorità delegata alla sicurezza della Repubblica. “Servizi segreti”, aveva spiegato intervenendo alla cerimonia di premiazione della sesta edizione del premio “Una tesi per la sicurezza nazionale” promosso dal Dis, “evoca il nascondimento, le tenebre, le trame oscure”. Meglio parlare, aveva continuato, di “servizi di intelligence”. Ovvero, concentrarsi sull’obiettivo, cioè la raccolta informativa, piuttosto che sul metodo, che nella stragrande maggioranza dei casi è, appunto, segreto (il segreto, però, è diverso da mistero). In quell’occasione, Mantovano aveva anche auspicato “strade per riconsiderare i vincoli di segretezza” sull’identità del personale che si occupa di analisi. Serve ad “agevolare una più libera propagazione del senso di appartenenza a questa sempre più fondamentale articolazione dello Stato”, aveva spiegato.

Nel suo intervento di ieri, il prefetto Rizzi ha poi posto l’accento anche sul tema dell’elevata produzione di dati e sulla necessità per le aziende private e per la Pubblica amministrazione di trovare nuove figure professionali in grado di lavorare in questo nuovo settore. “Noi viviamo in un’epoca in cui il dato più sorprendente è che negli ultimi due anni è stato prodotto il 90% dei dati prodotti in tutta l’umanità”, ha evidenziato. “Stiamo parlando di un mondo che sta cambiando radicalmente e in cui tutte le aziende private e la Pubblica amministrazione hanno un problema di recruitment, di trovare talenti e professionalità che possano essere inserite in tutte queste nuove applicazioni scientifiche. Viviamo in un’era tecnologica in cui c’è bisogno di nuovissime professionalità e le accademie sono l’ancora di salvezza per il futuro occupazionale delle nuove generazioni”, ha proseguito.


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