Nelle prime ore del 13 giugno 2025 Israele ha lanciato l’operazione militare più ambiziosa della sua storia recente. Non un raid dimostrativo, ma una campagna sistematica per eliminare la minaccia nucleare iraniana. L’operazione “Rising Lion” segna il passaggio da una strategia di contenimento a una di annientamento, ridefinendo gli equilibri strategici del Medio Oriente e riaffermando la supremazia militare israeliana dopo il trauma del 7 ottobre 2023. L’analisi del generale Ivan Caruso, consigliere militare della Sioi
L’attacco israeliano all’Iran del 13 giugno 2025 rappresenta un punto di svolta nella strategia militare dello Stato ebraico. L’operazione “Rising Lion” non è stata un raid dimostrativo come quelli del passato, ma una campagna militare sistematica progettata per decapitare definitivamente il programma nucleare iraniano e neutralizzare la leadership militare della Repubblica islamica.
La natura rivoluzionaria dell’operazione
Quello che distingue l’operazione Rising Lion dai precedenti attacchi israeliani è la sua natura onnicomprensiva. Non si è trattato di colpire singole strutture o personalità, ma di un assalto coordinato che ha combinato guerra convenzionale e operazioni speciali su vasta scala. Il Mossad aveva preparato il terreno per mesi, infiltrando agenti e sistemi d’arma all’interno dell’Iran stesso, creando una base segreta per droni esplosivi nei pressi di Teheran e posizionando sistemi di precisione vicino alle difese aeree iraniane.
La simultaneità degli attacchi su più obiettivi sensibili – dall’impianto di arricchimento di Natanz al quartier generale dei Pasdaran a Teheran – dimostra una capacità operativa che va oltre il raid aereo tradizionale. Oltre 200 caccia israeliani hanno sganciato più di 330 ordigni su almeno 100 obiettivi, mentre commando del Mossad operavano sul territorio iraniano per neutralizzare le difese aeree e attivare dispositivi preposizionati.
Eliminazione sistematica delle capacità iraniane
L’operazione ha colpito simultaneamente tre pilastri del potere iraniano: il programma nucleare, la leadership militare e le capacità di difesa. L’impianto di Natanz, cuore del programma di arricchimento dell’uranio, è stato gravemente danneggiato. Secondo fonti israeliane, sono stati eliminati almeno 25 scienziati nucleari, tra cui figure chiave come Fereydoun Abbasi-Davani e Mohammad Mehdi Tehranchi.
Sul fronte militare, l’eliminazione del comandante dei Pasdaran Hossein Salami e del capo di stato maggiore delle forze armate Mohammad Bagheri ha decapitato la catena di comando iraniana. La morte di Ali Shamkhani, ex segretario del Consiglio supremo per la sicurezza nazionale e consigliere della Guida suprema, ha privato il regime di una delle sue menti strategiche più esperte.
Una dottrina oltre la deterrenza
Netanyahu ha dichiarato che l’operazione proseguirà “per tutti i giorni necessari”, segnalando un cambio di paradigma nella dottrina israeliana. Non si tratta più di rallentare il programma nucleare iraniano attraverso sabotaggi selettivi, ma di smantellarlo completamente. L’intelligence israeliana aveva valutato che l’Iran possedesse uranio arricchito sufficiente per produrre fino a 15 ordigni nucleari e fosse a poche settimane dalla weaponizzazione.
Questo approccio “all-in” riflette la convinzione israeliana che il tempo per soluzioni diplomatiche sia scaduto. L’attacco ha di fatto chiuso definitivamente la finestra negoziale: l’Iran ha infatti annunciato dopo i raid che non parteciperà ai colloqui nucleari previsti per domenica 16 giugno, segnando la fine del processo diplomatico.
Le implicazioni strategiche
L’operazione Rising Lion inaugura una nuova era nel confronto israelo-iraniano. Israele ha dimostrato di possedere capacità operative che permettono di colpire in profondità il territorio iraniano, neutralizzando le sue difese e raggiungendo obiettivi sensibili. La combinazione di intelligence umana, tecnologie avanzate e coordinamento tra forze speciali e aviazione rappresenta un modello operativo che altri attori regionali dovranno studiare attentamente.
L’Iran, dal canto suo, si trova ora in una posizione drammaticamente indebolita. La perdita della leadership militare, il danneggiamento delle strutture nucleari e la dimostrazione dell’incapacità di proteggere il proprio territorio costituiscono un colpo devastante per il regime degli ayatollah. La risposta con droni lanciati verso Israele, tutti intercettati dalle difese israeliane, ha evidenziato ulteriormente la sproporzione delle capacità militari.
Conseguenze per l’ordine regionale
L’operazione segna potenzialmente la fine del programma nucleare iraniano come minaccia strategica immediata, ridisegnando gli equilibri mediorientali. Gli alleati regionali dell’Iran, già indeboliti dai conflitti in Siria, Libano e Gaza, si trovano ora privi del sostegno di una potenza nucleare in formazione.
Per Israele, l’operazione Rising Lion rappresenta anche un momento di riscatto strategico fondamentale. L’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 aveva gravemente compromesso la credibilità deterrente israeliana, mostrando vulnerabilità che avevano incoraggiato l’asse della resistenza iraniano. Con questa dimostrazione di forza senza precedenti, Israele ha ricostruito la propria immagine di potenza militare dominante, dimostrando capacità operative che vanno oltre ogni aspettativa regionale e internazionale.
L’operazione Rising Lion rappresenta quindi non solo un successo tattico, ma una rivoluzione strategica che ripristina la deterrenza israeliana e potrebbe segnare l’avvio di un nuovo equilibrio mediorientale, fondato sulla supremazia militare israeliana riaffermata e sul contenimento definitivo delle ambizioni egemoniche iraniane.