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La sinistra su Gaza ha ceduto agli estremismi. Scrive Concia

Di Anna Paola Concia

La manifestazione del 7 giugno rischierà di cadere nelle mani di slogan violenti, antisemiti, distruttivi, dove gli ebrei italiani non potranno partecipare, dimenticando che tantissimi israeliani ed ebrei sono per il dialogo e la pace tra i due popoli. È un rischio reale che si poteva evitare, facendo una operazione politica diversa, più faticosa ma più giusta. Che parlasse al mondo, perché è totalmente falso il racconto manicheo e propagandistico che c’è chi vuole la pace e chi vuole la guerra. L’opinione di Anna Paola Concia

Se si vuole la pace bisogna chiederla a tutti. Dal 7 ottobre 2023 il conflitto israelo-palestinese è diventato feroce. A Gaza c’è la guerra vera, ma un’altra guerra attraversa l’Occidente: quella della propaganda, quella delle parole simbolo, quella della caccia all’ebreo, quella degli schieramenti polarizzati, quella della fine del confronto democratico, quella delle gogne, tante gogne.

Alimentata e amplificata dai social. L’Occidente sembra impazzito, sembra diventato nemico di se stesso, in una furia distruttiva endogena ed esogena.

Quella esterna ha tanti nomi la Russia, i paesi mussulmani integralisti, la Cina. Quella interna è figlia di una fragilità delle nostre democrazie che prendono schiaffi a destra e a manca come pugili suonati, non riuscendo a reagire con forza e con autorevolezza alla minaccia di dissoluzione che viene dai sovranismi e dalle autocrazie, ma non solo, anche dalla posa anti-occidentalista.

Il conflitto in Medio Oriente ci riguarda eccome se ci riguarda, perché oltre alla tragedia della guerra è anche un grande conflitto di civiltà che ha raggiunto vette altissime, e che a mio parere ci trova impreparati, impauriti e soprattuto con una scarsa capacità di dare risposte nuove all’altezza della drammaticità del momento.

Le modalità delle tante manifestazioni che si susseguono in occidente e in Europa per chiedere la fine della guerra a Gaza sono figlie di questo quadro. In Italia, per esempio, il 7 giugno tre partiti di opposizione, PD, 5S e Avs hanno indetto una manifestazione di parte escludendo categoricamente una delle due parti in conflitto: gli israeliani e gli ebrei italiani. Si sono sollevate molte voci autorevoli per chiedere che quella manifestazione potesse davvero dare una mano alla pace.

Quella di Edith Bruck, scrittrice sopravvissuta alla Shoah, che su La Stampa il 27 maggio ha espressamente detto “chi vuole la pace porti in strada bandiere palestinesi e israeliane” che “chiunque ne ha la possibilità, di qualsiasi religione o colore, si impegni per la convivenza”. E ancora “Io sono contro la guerra, quindi bisogna chiedere a Israele di ritirarsi. Mi domando perché nessuno chieda con la stessa forza ad Hamas di arrendersi”.

Anche Bernard -Henri Lévy, filosofo e scrittore ebreo francese sempre su la Stampa il 1 giugno nonostante le sue severissime critiche a Netanyahu chiede che l’Occidente faccia pressioni su quei paesi che hanno armato e armano ancora oggi Hamas, e che “la pressione internazionale si eserciti non su Israele, ma su di loro, gli sponsor di Hamas, e dunque tramite loro su quegli individui votati alla morte che sopravvivranno soltanto grazie al loro supporto”.

Anche dall’Italia l’Associazione Sinistra per Israele-due popoli due Stati ha chiesto agli organizzatori di inserire nella piattaforma del 7 giugno, oltre alla richiesta a Netanyahu di fermare i bombardamenti su Gaza, sei punti chiari affinché davvero in quella piazza si potesse con forza chiedere la pace: la liberazione immediata di tutti i rapiti israeliani; l’esposizione sempre anche delle coccarde gialle dei rapiti; che sia espressa solidarietà attiva verso gli israeliani che si oppongono al governo e verso i palestinesi che si oppongono a Hamas; che l’iniziativa affermi la necessità dello smantellamento di Hamas; la condanna del dilagante antisemitismo, anche quando si manifesta nelle forme dell’ostilità verso i singoli cittadini di Israele, rifiutando qualunque avallo al principio della colpa collettiva; il rilancio della prospettiva di pace con al centro la proposta di “due popoli e due Stati”.

Gli organizzatori hanno risposto un no secco alle proposte di Edit Bruck, di Bernard -Henri Lévy e di Sinistra Per Israele, chiudendosi a riccio sulla mozione che avevano presentato in parlamento.

Hanno ceduto alle ali più estremiste, che sono tanto “coccolate” e che vogliono solo la capitolazione di Israele.

Quella manifestazione rischierà di cadere nelle mani di slogan violenti, antisemiti, distruttivi, dove gli ebrei italiani non potranno partecipare, dimenticando che tantissimi israeliani ed ebrei sono per il dialogo e la pace tra i due popoli.

È un rischio reale che si poteva evitare, facendo una operazione politica diversa, più faticosa ma più giusta. Che parlasse al mondo, perché è totalmente falso il racconto manicheo e propagandistico che c’è chi vuole la pace e chi vuole la guerra.

Le sofferenze immense del popolo palestinese vanno fermate, ma non si fermano se tutti gli attori in gioco non vengono messi nelle condizioni di vivere, e vivere in sicurezza. Da quella piazza non può arrivare il messaggio “mors tua vita mea“, che piazza pacifista sarebbe?


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