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Nato e difesa europea, ora o mai più. Il fronte industriale contro la minaccia russa

Il Defence Industry Forum, organizzato a margine del Summit Nato dell’Aja, ha reso centrale una riflessione strategica: per garantire la sicurezza collettiva dell’Occidente, l’alleanza transatlantica deve rafforzare le sue capacità industriali, integrando innovazione, produzione e interoperabilità, in stretta collaborazione tra settore pubblico e privato, tra governi e aziende

Il Defence Industry Forum, in corso oggi e domani, ha delineato una visione netta: l’Alleanza Atlantica deve rafforzare la propria resilienza strategica, partendo dall’industria della difesa. Tra minacce convenzionali e ibride, la capacità di produrre, innovare e cooperare industrialmente diventa oggi una condizione imprescindibile per garantire la sicurezza collettiva.

La politica della difesa

Il ministro della Difesa dei Paesi Bassi, Ruben Brekelmans, ha sintetizzato con chiarezza il principio su cui si fonda la deterrenza militare credibile: “Gli uomini che difendono le nostre nazioni possono farlo solamente con l’equipaggiamento giusto”. Le capacità operative, ha affermato, dipendono dalla disponibilità di strumenti adeguati. “Senza equipaggiamenti moderni, efficaci e tempestivamente disponibili, non è possibile volare, combattere, navigare”, ha aggiunto. La responsabilità ricade su chi prende decisioni politiche e strategiche: “è nostro dovere dare loro il corretto equipaggiamento”. Da qui la necessità di costruire nuovi paradigmi di cooperazione industriale, superando le logiche esclusivamente di mercato. Brekelmans ha proposto un approccio basato su fiducia reciproca, trasparenza e condivisione degli obiettivi, in grado di coniugare l’esigenza di rafforzamento industriale nazionale con forme funzionali di cooperazione sovranazionale. Le infrastrutture strategiche, come i cavi sottomarini, sono oggi asset vitali e devono essere protette attraverso una visione integrata e strutturale. In sintesi: “Unite, innovate, deliver”.

Prontezza atlantica e cooperazione industriale

Mark Rutte, segretario generale della Nato, ha definito con nettezza il perimetro della minaccia. “Si vis pacem, para bellum”: chi vuole la pace deve prepararsi alla guerra, ha affermato Rutte, aggiungendo: “La Nato si trova oggi di fronte a una Russia in pieno riarmo, alla competizione tecnologica con la Cina, e alle minacce provenienti dall’Iran e dalla Corea del Nord”. Di fronte a questi vettori di minaccia convergenti, la Nato non può più essere soltanto un’alleanza militare: deve diventare un’alleanza industriale, in grado di sostenere nuove linee produttive, potenziare la produzione di navi, munizioni e piattaforme avanzate, integrare le tecnologie emergenti e mettere in sicurezza le catene di approvvigionamento di materiali critici. Rutte ha sottolineato come l’Europa stia già mostrando un salto di qualità nel settore della difesa comune, sia sul piano politico che industriale. L’Ucraina rappresenta il banco di prova, ma anche il simbolo di questa trasformazione. Tuttavia, l’Alleanza non può permettersi lentezze o divisioni: “Dobbiamo incrementare e unire la produzione per non essere superati”. Con una chiara allusione ai ritardi accumulati nei cicli decisionali, riguardo i quali Rutte ha sottolineato come la regola dell’unanimità renda Nato e Ue entità “difficili con cui avere a che fare”. È tempo – ha poi sottolineato –  di dotarsi di nuovi strumenti di spesa collettiva, di meccanismi decisionali più rapidi, e di un piano condiviso per raggiungere l’obiettivo del 5% del Pil in spesa difensiva. “Ora è il momento per l’industria di produrre. Mettiamoci a lavoro”.

L’Europa e la Nato

A sostegno di questa visione, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha ribadito che l’innovazione tecnologica rappresenta oggi un asset fondamentale della difesa. L’Ucraina ha dimostrato che lo sviluppo di capacità adattive e tecnologiche sul campo di battaglia – dai droni alla gestione delle informazioni – può fare la differenza operativa. Per questo l’Ue deve potenziare gli strumenti che favoriscono la crescita di startup innovative, promuovere investimenti pubblico-privati, e incentivare l’integrazione tra base industriale civile e militare. Le sinergie dual use non sono più un’opzione: “vi devono essere più collegamenti tra il mondo civile e quello militare”, ha poi sottolineato la presidente Von der Leyen, richiamando alla necessità di lanciare nuovi progetti tecnologici a uso duale, rafforzare il procurement congiunto e adottare contratti a lungo termine per aumentare capacità produttiva e tempi di risposta. L’obiettivo è costruire una credibile capacità di deterrenza entro il 2030. Questo implica non solo risorse, ma un vero cambiamento di mentalità: “occorre lasciare la comfort zone e unire pensiero tecnologico e strategico”, connettendo attori pubblici e privati, civili e militari. Secondo la presidente della Commissione, le minacce ibride oggi non distinguono più tra confini interni o esterni, e la difesa europea non può che essere interconnessa con quella transatlantica. Occorre dunque sviluppare capacità comuni di risposta a minacce e attacchi, fisici e cibernetici, che diretti tanto verso Bruxelles quanto in direzione di  un qualunque Stato membro dell’Alleanza.

La lezione ucraina

La riflessione strategica è stata infine rafforzata dall’intervento del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha ricordato come la minaccia non venga soltanto dalla Russia, ma da un network sempre più coeso di attori statali e non statali ostili: Mosca, Teheran, Pyongyang, Pechino. “Solo insieme possiamo resistere, reagire e difenderci”. La cooperazione politica, industriale e civile, ha ricordato, è l’unico strumento per affrontare minacce comuni. Solo unendo risorse, conoscenze e capacità produttiva sarà possibile costruire una difesa europea e transatlantica efficace. La guerra in Ucraina deve fermare la Russia, i cui obiettivi strategici non si limitano al territorio ucraino ma puntano verso il cuore dell’Europa e dell’Alleanza.


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