Il Regno Unito ha pubblicato una nuova strategia di sicurezza verso il 5% del prodotto interno lordo entro il 2035. Centrale l’approccio “all-of-society” e l’audit sulla Cina, vista come sfida strategica da gestire con pragmatismo e difese rafforzate
Dopo la strategia industriale diffusa ieri e quella di difesa pubblicata a giugno, oggi il governo britannico guidato dal primo ministro laburista Sir Keir Starmer ha reso disponibile la strategia di sicurezza nazionale dal titolo “Sicurezza per il popolo britannico in un mondo pericoloso”. La scelta della data non è causale, considerato che oggi è iniziato a L’Aja, nei Paesi Bassi, il summit Nato che confermerà la scelta degli alleati di raggiungere l’obiettivo del 5% del prodotto interno lordo in spese militari e di sicurezza entro il 2035, dopo che la strategia di difesa di Londra si è ispirata al principio Nato first. E neppure che tutti e tre i documenti siano stati presentati prima del bilancio d’autunno non sembra un caso, con la pressione che ora monta sul cancelliere Rachel Reeves.
Il documento segna un cambio di paradigma: difesa, diplomazia e innovazione sono integrate in un unico sforzo nazionale. Con un occhio vigile verso Pechino – ma senza definire la Cina una “minaccia” – e un impegno economico senza precedenti, il Regno Unito si prepara a una nuova era di competizione globale, puntando su un defence dividend che unisca prosperità e sicurezza.
Il mondo entra in un’era di radicale incertezza, caratterizzata da competizione tra grandi potenze, aggressioni autoritarie e minacce ibride – dal cyber-terrorismo all’interferenza straniera – che rendono sempre più complesso tutelare i confini fisici e digitali del Regno Unito, si legge. Per questo, decisioni dei prossimi anni sul futuro dell’Europa, dell’Indo-Pacifico, dell’energia e dell’intelligenza artificiale avranno impatti duraturi sul decennio a venire.
Così, per la prima volta dalla Guerra Fredda, Londra si impegna a investire il 5% del prodotto interno lordo in sicurezza nazionale entro il 2035, un “dividendo di difesa” concepito come volano per la crescita industriale e occupazionale. Questo target non è solo un obbligo verso gli alleati, si legge nella strategia, ma strumento per rinnovare il contratto sociale con le comunità locali, garantendo posti di lavoro e sviluppo tecnologico. Tutto ciò, però, richiede “ingegno, creatività e rischio calcolato, oltre a coerenza e perseveranza” per rafforzare la resilienza interna, dalle infrastrutture critiche alla cybersicurezza . Il concetto di “all-of-society effort” mira a unire governo, aziende, università e cittadini in una mobilitazione continua, in cui sicurezza e benessere economico sono due facce della stessa medaglia.
Tre i pilastri della strategia. Security at Home: difesa dei confini, monitoraggio dei cavi sottomarini (che trasportano il 99% dei dati britannici) e contrasto ai gruppi di migranti illegali. Strength Abroad: priorità a Nato first e rafforzamento delle alleanze tradizionali (Stati Uniti, Unione europea, Canada) insieme a partnership nell’Indo-Pacifico e nel Medio Oriente; sostegno senza condizioni all’Ucraina, sia militarmente sia attraverso misure ibride. Sovereign and Asymmetric Capabilities: ricerca e sviluppo in intelligenza artificiale, quantum e biotecnologie, nucleo duro di industrie strategiche e un nuovo hub sulla Cina per orientare imprese, università e cittadini nelle relazioni economiche.
C’era grande attesa per le parole scelte sulla Cina. La revisione degli interessi verso la Cina è stata completata e definita threat-driven, ovvero orientata alla minaccia, si legge: Pechino è partner nei grandi dossier globali – clima, salute, finanza – ma resta fonte di “spionaggio, interferenze e minacce cyber”. L’audit raccomanda un aggiornamento di competenze governative e una sezione dedicata sul portale gov.uk per orientare gli stakeholder nei rapporti con la Cina. Anche qui, tempismo non casuale: nei giorni scorsi una delegazione del Partito comunista cinese guidata da Yuan Jiajun ha incontrato il consigliere sulla sicurezza nazionale Tim Barrow e rappresentanti di imprese cinesi e britanniche; il governo non ha ancora deciso se dare l’ok alla mega-ambasciata cinese a Londra oggetto di timori di sicurezza da parte degli alleati, a partire dagli Stati Uniti.
E ancora: previsti investimenti massicci in intelligenza artificiale (86 miliardi di sterline in ricerca e sviluppo), quantum (121 milioni nel biennio 2025-2026) e biomanufacturing, insieme a un potenziamento del National Space Operations Centre con il sistema Borealis (da 65 milioni di sterline). Queste misure puntano a ottenere un vantaggio asimmetrico e a proteggere asset critici nello spazio. La Royal Navy coordinerà la difesa dei cavi sottomarini e della “shadow fleet” russa sotto l’Operation Atlantic Bastion. Le basi oltremare (Gibilterra, Falklands, Diego Garcia) restano pilastri della proiezione globale, mentre il nuovo piano di approvvigionamento prevede 12 nuovi sommergibili e 30.000 posti di lavoro aggiuntivi.