Silvio vive in quanto i precetti che si possono ricavare dal suo modo di comunicare sono applicabili universalmente, non solo alla politica. Ed è vivo anche nel cuore delle persone che hanno avuto il dono di lavorare con lui. Gli si voleva bene, gli si vuole bene. Era come uno di famiglia e lui ti faceva sentire tale
Non l’avevo visto arrivare. Il secondo anniversario della morte di Silvio Berlusconi mi ha colto di sorpresa. Me lo hanno ricordato stamattina presto la lettura dell’ottima riflessione di Mario Ajello sul Messaggero e l’affettosa intervista ad Adriano Galliani sul Corriere della Sera.
Ajello ha scritto un pezzo chiaro, utile e intelligente, nel senso etimologico del termine.
La sua riflessione mi ha anche fatto capire perché non mi sono accorto dell’anniversario. Come ho detto parlando con mia moglie a colazione, in realtà per me è come se Silvio fosse più che mai vivo.
Lo è perché – ora che non faccio più politica – applico le molte cose che ho imparato da lui in 29 anni di lavoro fatto insieme alle campagne elettorali di Forza Italia alla comunicazione della mia Fondazione Pensiero Solido.
Silvio vive in quanto – come dico agli studenti laddove le varie università mi chiamano a raccontare la comunicazione politica di Berlusconi – i precetti che si possono ricavare dal suo modo di comunicare sono applicabili universalmente, non solo alla politica.
Berlusconi è vivo anche grazie alle tante clip di suoi interventi che ogni giorno sono postate su Instagram e TikTok e che fanno numeri notevoli e molte condivisioni.
Lo è nelle continue e insospettabili belle testimonianze di avversari politici. Proprio ieri sera ho visto in Linkedin una recente intervista di Niky Vendola nella quale Vendola racconta la telefonata di un’ora che gli fece Berlusconi la sera del funerale di suo padre.
Infine Berlusconi è vivo nel cuore delle persone che hanno avuto il dono di lavorare con lui. Come ricorda Galliani nella sua intervista, lui trattava alla pari tutti.
Non si è mai comportato da padrone. Ricordo l’esordio delle sue telefonate: “Scusa se ti disturbo…” oppure il gusto di spiegarmi il perché delle sue scelte comunicative e al tempo stesso la sua apertura ad accogliere spunti e suggerimenti.
Come ho già avuto modo di dire, nelle mie cinque legislature da deputato molto raramente ho sentito dire dai colleghi degli altri partiti che volevano bene al loro leader.
Per noi di Forza Italia era la norma. Gli si voleva bene, gli si vuole bene. Era come uno di famiglia e lui ti faceva sentire tale. Gli ho sempre dato del lei, come si usava nelle famiglie di una volta. Era una forma di rispetto. Oggi mi sento di dargli del tu. Ciao Silvio!