Dal porto di Trieste alla centralità crescente dell’India, passando per la sicurezza marittima e il Piano Mattei: l’Italia vuole giocare un ruolo da protagonista nel nuovo corridoio India-Medio Oriente-Europa (Imec). Nel confronto promosso da Forza Italia e aperto da Deborah Bergamini, presso la Sala della Regina di Montecitorio, rappresentanti delle istituzioni nazionali e internazionali hanno discusso come valorizzare le infrastrutture esistenti per rafforzare la proiezione strategica nazionale
Nel contesto del progressivo mutamento degli equilibri geopolitici globali e della ridefinizione delle rotte strategiche per l’approvvigionamento energetico e lo scambio di merci, il corridoio Imec (India-Middle East-Europe Corridor) rappresenta una delle più rilevanti iniziative infrastrutturali emerse negli ultimi anni. Il dibattito “Il progetto Imec: l’Italia protagonista di rotte indo-mediterranee che decidono il futuro”, organizzato dal dipartimento Esteri di Fi su iniziativa di Deborah Bergamini, vice presidente della Delegazione italiana al Consiglio d’Europa e vice segretario nazionale e responsabile del Dipartimento Esteri ed Affari europei, ha messo in luce il potenziale sistemico di questo progetto per l’Italia e la necessità di sviluppare una visione integrata a livello nazionale che consenta di posizionarsi stabilmente all’interno delle nuove filiere globali.
Le parole di Bergamini
”Oggi dedichiamo la nostra attenzione al futuro del nostro Paese parlando del corridoio Indo-Mediterraneo. La regione mediorientale sta attraversando una crisi drammatica: il vecchio assetto al quale eravamo abituati si sta distruggendo. Il compito di chi fa buona politica è quello di continuare, anche nei momenti più difficili, a garantire una prospettiva di sicurezza e stabilità ai cittadini che rappresentiamo”, ha detto Bergamini, aprendo i lavori del convegno. ”La presenza oggi di relatori importantissimi – ha proseguito – attori politici, istituzionali, diplomatici, personalità della grande impresa, è prima di tutto una testimonianza. Proprio perché stiamo vivendo un momento particolarmente buio dobbiamo costruire tutti insieme il nostro futuro, dialogando, non rifuggendo mai dal confronto anche quando qualche volta diventa un contrasto. Il corridoio Indo-Mediterraneo non è soltanto un’ infrastruttura strategica, che tocca profondamente gli interessi nazionali. È qualcosa di più: è uno strumento per interpretare un mondo che si lascia alle spalle una globalizzazione fallita, che deve trovare nuovi assetti. È una speranza, una nuova fase della storia del mondo. Ringrazio il segretario nazionale di Forza Italia Antonio Tajani, che ha consentito al Dipartimento esteri che ho l’onore di guidare di affrontare questo tema con serietà e relatori di prestigio”, ha concluso.
Dal Mediterraneo all’Indiano, passando per Suez
Secondo il viceministro Valentino Valentini, la chiave strategica consiste nel riconoscere la crescente importanza dell’India e dell’area del Golfo come snodi fondamentali nel nuovo ordine economico internazionale. “Dove passano gli eserciti non passano le merci”, ha ricordato, citando Bastiat, evidenziando la centralità della stabilità come prerequisito per l’efficienza dei corridoi logistici. L’India, con il suo peso demografico (oltre 1,4 miliardi di abitanti) e la crescente proiezione geopolitica, non è più soltanto un partner commerciale, ma un interlocutore strategico di lungo periodo. “Dobbiamo essere inseriti nelle filiere di produzione, nei rapporti con le grandi aziende e nella costruzione di infrastrutture”, ha poi aggiunto Valentini. In questa cornice si inserisce il ruolo crescente del porto di Trieste, storicamente proiettato verso Est, e oggi nuovamente epicentro di connessioni intercontinentali che arrivano a influenzare l’intero spazio europeo, da Amburgo al Mar Nero. Sandra Savino, sottosegretario all’Economia e delle Finanze ed assessore del Comune di Trieste, ha poi delineato con precisione il profilo logistico e normativo di Trieste.“La nuova via del cotone è una infrastruttura geopolitica e logistica di portata strategica”, ha sottolineato il sottosegretario, che poi ha affermato come l’Imec sia “un corridoio intercontinentale dove l’Italia deve essere protagonista, con la piattaforma di Trieste pronta ad accogliere la sfida”. Infatti, il porto si configura come piattaforma doganale e industriale avanzata, che consente stoccaggio illimitato, lavorazioni in loco e un regime fiscale agevolato. Ma è l’infrastruttura tecnologica a rappresentare un ulteriore elemento di vantaggio competitivo: il Port community system collega digitalmente tutti gli attori della catena logistica – dogana, Guardia di Finanza, spedizionieri – e gestisce corridoi doganali attivi con porti del Mediterraneo come quelli in Egitto e Turchia. L’interconnessione ferroviaria diretta con il centro e nord Europa fa inoltre di Trieste il primo porto ferroviario d’Italia.
Riguardo la dimensione marittima, è stato il sottosegretario alla Difesa Matteo Perego di Cremnago a porre l’accento sulla Difesa: “L’aspetto securitario è predominante per tutelare le rotte marine; Il 90% delle merci passa dal mare ed il 99% dei dati passa dai cavi sottomarini ed il trasporto marittimo è 6 volte meno inquinante di quello su gomma”. La protezione di queste rotte è una condizione essenziale per garantire la stabilità economica. L’Italia, ricorda il sottosegretario alla Difesa, partecipa a questo sforzo attraverso missioni navali in aree critiche, come l’operazione Aspides nello stretto di Bab el-Mandeb, contribuendo alla sicurezza delle principali arterie marittime. Inoltre, l’India, con una popolazione giovane (700mila persone con età media 25 anni) e una forza lavoro altamente qualificata “produce milioni di ingegneri” e si presenta come un partner con cui l’Italia può costruire relazioni industriali avanzate. Le dimensioni della sua economia e la stabilità istituzionale la rendono un attore imprescindibile nel quadrante indo-pacifico.
Nel corso del panel dedicato alle opportunità per l’Italia, moderato da Flavia Giacobbe, direttore di Formiche e Airpress, anche Stefania Craxi, presidente della Commissione Affari Esteri e Difesa, ha sottolineato la centralità strategica della dimensione marittima. “Il Mediterraneo è un crocevia indispensabile per Europa, Medio Oriente e Asia. L’Italia ha l’occasione di valorizzare l’intero sistema paese diventando il principale hub europeo di questo corridoio grazie alle infrastrutture avanzate di cui disponiamo, diventando il porto per l’Europa e lo snodo principale per i mercati consolidati ed emergenti”, ha evidenziato la presidente. La possibilità di legami e sinergie con il Piano Mattei sono concrete, ricorda la senatrice, e ciò consentirebbe l’integrazione con progetti già attivi nel Nord Africa e nel Golfo. La recente intesa tra Fincantieri e gli Emirati Arabi Uniti, ad esempio, rafforza la proiezione industriale italiana nel quadrante indo-mediterraneo, confermando il nesso tra industria, diplomazia e sicurezza. “L’India è la più grande democrazia al mondo ed è uno dei paesi con i più alti livelli di crescita”, ha poi sottolineato Andrea Orsini, membro della commissione Affari Esteri della Camera dei Deputati e vicepresidente della Delegazione italiana presso l’Assemblea parlamentare della Nato, che individua nella nomina dell’ambasciatore Francesco Maria Talò un importante segnale di attenzione nazionale verso il quadrante indopacifico e l’Imec. Nel mondo multipolare, ha osservato Orsini, i corridoi infrastrutturali come Imec non sono semplici strumenti logistici, ma potenziali vettori di stabilizzazione, specialmente se connessi a iniziative politiche come gli Accordi di Abramo. Sull’importanza strategica dei porti per il commercio nazionale ed europeo, nonché sull’efficacia di iniziative come l’Imec è poi intervenuto Antonio Rosario Gurrieri, commissario straordinario dell’Autorità di Sistema Portuale del mare Adriatico orientale, il quale avverte sulla possibile candidatura di Marsiglia come porto principale per l’Imec in Europa, ricordando che Trieste possiede connotazioni storiche e geografiche uniche per ricoprire questo ruolo: “il porto di Trieste è pienamente un porto europeo, di passaggio per le merci dirette in Europa e non solo in Italia”. L’autostrada del mare Trieste-Turchia è infatti già oggi una delle dorsali più operative del corridoio Imec. “Il treno è in partenza – e Trieste c’è già”, ha concluso.
Tra corridoi e deterrenza: la posta in gioco per l’Italia tra Mediterraneo, Iran e India
Il progetto Imec – il corridoio economico India-Medio Oriente-Europa – si sta imponendo come una delle iniziative infrastrutturali più ambiziose del momento, in un contesto globale segnato da tensioni geopolitiche e da un riassetto degli equilibri economici. L’evento tenutosi alla Camera dei deputati ha rappresentato non solo un’occasione per riaffermare il ruolo strategico dell’Italia, ma anche una finestra sul quadro di sicurezza internazionale in cui l’iniziativa va ad innestarsi. Proprio da questo intreccio tra economia e sicurezza è partito il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha richiamato l’attenzione sulla minaccia nucleare iraniana come ostacolo principale a una stabilizzazione duratura in Medio Oriente. “Lavoriamo per la pace e per la stabilità, ha detto, ma non può esserci pace se un Paese ha la bomba atomica e pensa di usarla contro un altro”. Il riferimento a Teheran è stato esplicito, anche alla luce del recente rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, che ha evidenziato il superamento della soglia critica da parte del programma nucleare iraniano. Il ragionamento di Tajani si lega a doppio filo con l’impostazione economica dell’iniziativa Imec, vista come strumento per trasformare aree di crisi in zone di cooperazione. L’obiettivo dichiarato è quello di far transitare merci laddove oggi passano armi. È in questa prospettiva che la Farnesina rivendica la scelta di abbandonare la Via della Seta cinese per puntare su una “via del Cotone”, più coerente con gli interessi italiani ed europei. Il corridoio, che congiungerà India, Penisola arabica, Israele e l’Europa, con snodo finale a Trieste, promette non solo interconnessioni logistiche, ma anche ricadute economiche significative. Una visione condivisa da altri esponenti presenti all’evento. Paolo Barelli, capogruppo di Forza Italia alla Camera, ha parlato di Imec come di “un’opera strategica per la valorizzazione dei nostri porti, dei nostri prodotti e dell’export, che è una delle colonne portanti dell’economia italiana”. Alessandro Cattaneo ha poi messo in evidenza la necessità di articolare l’iniziativa Imec non solo in termini infrastrutturali, ma anche geopolitici, in un momento in cui il sistema internazionale è attraversato da profonde discontinuità. A sottolineare la rilevanza dello scenario globale è stato anche Marco Minniti, presidente della Fondazione Med-Or, che dialogando con Kaush Arha, presidente del forum Foip, Francesco Parisi, presidente dell’associazione Trieste summit, Marco Sesana, general manager Generali e Enrico Maria Bagnasco, Ad Telecom sparle Italia, ha definito le due guerre in corso – in Medio Oriente e in Europa – come il “segno del collasso di un vecchio ordine mondiale”. In un mondo interconnesso, ha detto, “anche i Paesi più grandi non possono agire da soli”. Il riferimento alla Turchia, che ha saputo valorizzare il proprio posizionamento geostrategico per ottenere un posto stabile ai tavoli negoziali, è un invito implicito all’Italia a fare altrettanto, anche sfruttando l’occasione offerta da Imec.
Diplomazia al tavolo
In un confronto diplomatico moderato dall’inviato speciale per l’Imec Talò, con Konstantinos Kyranakis, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti ellenico, Antonio Bartoli, ambasciatore italiano in India e Nepal, e Carlo De Romanis, coordinatore del tavolo Esteri di Fi, l’ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti in Italia, Abdulla AlSubousi, ha messo in risalto l’enorme potenziale del corridoio e la necessità di affiancare ai binari tecnici solidi canali diplomatici. Gli investimenti già in corso tra Emirati, India e Italia – per decine di miliardi di dollari – sono solo una parte del quadro, che secondo AlSubousi richiede un impegno coordinato per trasformare l’architettura commerciale in un ponte di stabilità regionale. Anche la Francia guarda con attenzione all’iniziativa. È stato l’ambasciatore francese Martin Briens a richiamare l’attenzione sulla vulnerabilità delle attuali vie di comunicazione e sulla necessità di diversificare gli snodi commerciali. In una regione attraversata da instabilità e rivalità sistemiche, ha detto, “i nostri scambi non possono dipendere da una sola rotta”. Nel complesso, il progetto Imec si presenta come una scommessa su una visione multilivello: economica, certo, ma anche diplomatica e strategica. In uno scenario in cui l’ordine internazionale appare frammentato, l’Italia cerca di collocarsi come attore propositivo, capace di coniugare sicurezza e sviluppo. Ma per farlo, la stabilizzazione del Medio Oriente – e in particolare la questione iraniana – resta un passaggio obbligato. In questo senso, la diplomazia economica evocata da Tajani si intreccia con il più ampio obiettivo di contenere le derive conflittuali, trasformando il corridoio indo-mediterraneo in un vettore di riequilibrio.
Geopolitica del mare tra industria e sicurezza nazionale
“L’economia marittima è, oggi, pienamente geopolitica», articolata in tre blocchi fondamentali: “la cantieristica, la logistica del commercio marittimo e la gestione delle infrastrutture portuali”. Lo ha sottolineato Pierroberto Folgiero, amministratore delegato di Fincantieri, nel corso dell’incontro organizzato da Forza Italia alla Camera e dedicato al progetto Imec. In uno scenario globale che definisce “manifatturiero”, Folgiero ha ricordato la necessità di “rivedere l’approccio italiano all’export”. Oggi, ha spiegato, “chi acquista, navi comprese, richiede che il valore aggiunto ricada anche localmente”. Questo impone un cambiamento nel modo di cooperare industrialmente: “Bisogna costruire scambi solidi e geopoliticamente stabili”. In tal senso, la nuova centralità dell’economia marittima impone un adattamento culturale e strategico. La testimonianza di Fincantieri – ha aggiunto il manager – è quella di una «conversione globale verso l’economia marittima come leva geopolitica». Per sostenerla, servono «catene lunghe fondate sulla complementarità tra manifattura e tecnologia» e soprattutto una trasformazione nel modo di collaborare con Paesi lontani, valorizzando “l’interesse reciproco”. Un’opportunità che si lega alla riflessione sulla deindustrializzazione europea: “Negli ultimi 30 anni il 90-95 per cento della cantieristica mondiale è andata in Cina e Corea del Sud. L’Occidente si è completamente deindustrializzato dal punto di vista marino”. Secondo Folgiero, oggi si sta invertendo questa tendenza, anche per effetto del fattore difesa: “I Paesi vicini all’Italia hanno capito che gestire i commerci marittimi rappresenta una leva geopolitica”. In questa cornice, l’India si presenta come «un partner ideale», per via di un saldo demografico positivo, una concorrenza di ingegneri e lavoro e un accesso a materiali e tecnologia difficilmente reperibili altrove, se non in Cina. L’Italia, ha un vantaggio: le sue Pmi e le competenze distintive. Ma serve una strategia di lungo periodo che riconosca nel mare non solo un orizzonte economico, ma anche uno strumento di politica estera industriale. Solo così l’Europa potrà recuperare capacità manifatturiera, autonomia produttiva e influenza marittima lungo i nuovi assi dell’Indo-Mediterraneo.