Sono il radicalismo, il massimalismo, l’estremismo, la polarizzazione ideologica e la radicalizzazione del conflitto politico gli ingredienti necessari ed indispensabili per ridare smalto e qualità all’azione di governo? La riflessione di Giorgio Merlo
Detto in modo molto semplice, ma l’estremismo è la cifra politica decisiva per costruire un’alternativa di governo all’attuale maggioranza guidata da Giorgia Meloni e, soprattutto, il massimalismo radicale è un programma politico che rassicura la stragrande maggioranza degli italiani ed anche utile al Paese? Sono, queste, domande persin banali ma, al contempo, decisive per comprendere qual è il profilo e l’identità politica, culturale e programmatica del cosiddetto “campo largo”. Cioè della solida alleanza – solida si far dire – tra le tre sinistre italiane. Quella radical/massimalista di Schlein, quella populista e demagogica dei 5 Stelle di Conte e quella estremista ed ideologica del trio Fratoianni/Bonelli/Salis. Il tutto coordinato dal capo della Cgil Landini che, da quanto emerge concretamente quasi tutti i giorni, detta l’agenda politica ai tre partiti di riferimento. Come la recente vicenda referendaria ha platealmente confermato.
Per queste ragioni, semplici ma oggettive, emerge una domanda politica di fondo. Ovvero, sono il radicalismo, il massimalismo, l’estremismo, la polarizzazione ideologica e la violenta radicalizzazione del conflitto politico gli ingredienti necessari ed indispensabili per ridare smalto e qualità all’azione di governo? Passa, cioè, attraverso questa griglia politica la ricetta per fare dell’Italia di nuovo un grande e riconosciuto Paese a livello europeo e internazionale? E, su tutto, sarebbero questi partiti – con i relativi progetti politici – con il loro concreto e tangibile comportamento le forze capaci di rideclinare un nuovo riformismo di governo? Per carità di patria sorvoliamo sulla politica estera che era, e resta, il versante decisivo che qualifica una coalizione e dove registriamo puntualmente e sistematicamente 3 posizioni diverse per tre partiti. Ma, per restare sul terreno economico sociale, su quello delle riforme istituzionali e sulle politiche della crescita e dello sviluppo, non c’è un solo argomento che non sia vissuto ed interpretato sempre e solo all’insegna della più totale delegittimazione morale e politica dell’avversario/nemico. Un metodo e una prassi che semplicemente confliggono con la benché minima cultura di governo e che, al di là di ogni altra valutazione, era e resta l’aspetto costitutivo che qualifica i partiti e, soprattutto, una coalizione che non abbia solo l’obiettivo di essere una minoranza chiassosa, rumorosa se non addirittura violenta.
Ecco perché, quando pariamo di “democrazia dell’alternanza” o di “democrazia compiuta”, per citare una espressione cara al linguaggio e alla cultura democratico cristiana, abbiamo anche e soprattutto il dovere di far sì che entrambi gli schieramenti maggioritari – e cioè il centro destra e la sinistra – siano democraticamente affidabili, sinceramente riformisti e con una chiara e netta cultura di governo. Se dovesse permanere questo clima di pervicace delegittimazione politica, culturale e morale, dobbiamo prepararci ad una stagione dove sarà la deriva degli “opposti estremismi” a farla da padrone. Con tanti saluti a tutto ciò che è anche solo lontanamente riconducibile alla qualità della democrazia e alla credibilità delle stesse istituzioni democratiche.