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Istanbul, tra dimostrazioni di forza e cauti segnali di dialogo. La prospettiva di Caruso

Di Ivan Caruso

A meno di 24 ore dall’operazione “Spiderweb” che ha colpito il cuore della flotta aerea strategica russa, le delegazioni di Mosca e Kyiv si sono confrontate nel palazzo Çırağan di Istanbul per il secondo round di colloqui di pace. Risultati limitati ma concreti su questioni umanitarie, mentre resta aperto l’interrogativo se l’escalation militare possa paradossalmente aprire la strada al dialogo. L’analisi del generale Ivan Caruso, consigliere militare della Sioi

Il secondo round di colloqui russo-ucraini a Istanbul si è concluso dopo poco più di un’ora con quello che il ministero degli Esteri turco ha definito un risultato “non negativo”. Eppure, dietro questa prudente formulazione diplomatica si nasconde una realtà complessa: mentre le delegazioni scambiavano documenti nel palazzo Çırağan, l’eco dell’operazione “Spiderweb” lanciata dall’Ucraina il 1° giugno risuonava ancora negli equilibri del confronto.

L’ombra lunga dell’operazione “Spiderweb”

L’operazione “Spiderweb” che ha colpito oltre 40 bombardieri strategici russi distribuiti dall’Oblast di Murmansk alla Siberia orientale ha ridefinito il contesto negoziale. Kyiv si è presentata a Istanbul forte di una dimostrazione di capacità senza precedenti: 117 droni lanciati da territorio russo stesso, nascosti in capanne di legno montate su camion e attivati a distanza per colpire il 34% della flotta di bombardieri strategici russi. Il ministro della Difesa ucraino Rustem Umerov ha nuovamente guidato la delegazione, come già avvenuto nei precedenti colloqui del 16 maggio, incarnando questo equilibrio tra deterrenza militare e ricerca diplomatica che l’Ucraina cerca di mantenere nelle trattative.

La Russia, dal canto suo, ha mostrato segni di una rinnovata flessibilità tattica. Il capo delegazione Vladimir Medinsky ha annunciato la consegna unilaterale di 6.000 salme di soldati ucraini e proposto tregue locali di 2-3 giorni per il recupero dei caduti. Gesti che, pur limitati, rappresentano un’apertura umanitaria significativa in un conflitto caratterizzato finora da crescente brutalità.

Risultati concreti ma limitati

I colloqui hanno prodotto accordi specifici su questioni umanitarie: lo scambio “tutti per tutti” di prigionieri feriti e under-25, la restituzione reciproca di 6.000 salme e l’organizzazione di commissioni mediche per i feriti gravi. A questi si aggiunge una richiesta personale del presidente turco Erdogan per uno scambio specifico “tutti i musulmani per tutti i musulmani” tra i prigionieri di guerra, proposta su cui entrambe le parti stanno riflettendo. Progressi tangibili che dimostrano come, anche in assenza di breakthrough politici, esistano margini per alleviare le sofferenze del conflitto.

Particolare rilevanza assume la consegna da parte ucraina di una lista con 339 nomi di bambini deportati, tema che tocca una delle ferite più profonde della guerra. La risposta russa – il rimpatrio solo in presenza di genitori o tutori legali – rivela però la complessità di questa questione che va ben oltre gli aspetti tecnici.

Strategie negoziali in evoluzione

L’Ucraina ha mantenuto le sue richieste massimaliste: cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni, rilascio integrale dei prigionieri e incontro Putin-Zelensky con possibile partecipazione di Trump. Posizioni che, alla luce dell’operazione “Spiderweb”, assumono maggiore credibilità negoziale. Kyiv ha dimostrato di poter alzare significativamente i costi del conflitto per Mosca, rendendo più appetibile una soluzione diplomatica.

La Russia ha risposto con un memorandum “molto dettagliato” sulle proprie proposte di pace, documento che l’Ucraina si è impegnata a esaminare nelle prossime settimane. Secondo il capo delegazione russo Medinsky, questo memorandum rappresenta una versione aggiornata e più specifica delle posizioni russe, trasmesso attraverso intermediari turchi. Il documento, che Kyiv non aveva ricevuto nei giorni precedenti – a differenza dell’Ucraina che aveva già consegnato le proprie proposte – sembra configurarsi come una risposta strutturata alle richieste ucraine di cessate il fuoco incondizionato. Il rifiuto russo del cessate il fuoco incondizionato era prevedibile, ma la disponibilità a discutere tregue locali e la presentazione di proposte scritte indicano un approccio più strutturato rispetto al passato.

Il fattore Trump e la dimensione temporale

L’ombra di Donald Trump aleggia sui negoziati. La proposta ucraina di un incontro Putin-Zelensky con il presidente americano tra il 20 e il 30 giugno suggerisce la volontà di Kyiv di sfruttare il momentum diplomatico dell’amministrazione Usa. Significativa anche l’osservazione di un alto funzionario ucraino secondo cui la Russia sta “mettendo in scena una dimostrazione di diplomazia” per Trump, rivelando come entrambe le parti siano consapevoli del peso dell’asse Washington nella risoluzione del conflitto.

Prospettive: tattica o strategia?

La brevità dell’incontro e l’assenza di strette di mano iniziali tradiscono la persistente diffidenza reciproca. Tuttavia, alcuni elementi suggeriscono che siamo di fronte a qualcosa di più di una mera manovra dilatoria. La combinazione tra la dimostrazione di forza ucraina, il nuovo sostegno occidentale con i missili a lungo raggio annunciati da Friedrich Merz, e la disponibilità russa a concessioni umanitarie configura uno scenario inedito.

Il fatto che entrambe le delegazioni abbiano concordato un possibile nuovo incontro per fine giugno indica la volontà di mantenere aperto il canale diplomatico. L’Ucraina ha ottenuto una settimana per esaminare il memorandum ricevuto dalla Russia, tempo che Kyiv utilizzerà per valutare le proposte di pace di Mosca forte delle nuove capacità offensive dimostrate con l’operazione “Spiderweb”.

Conclusioni

I colloqui a Istanbul rappresentano un test per verificare se l’escalation militare possa paradossalmente aprire spazi negoziali. L’operazione “Spiderweb” ha dimostrato che l’Ucraina può rendere molto costoso il prosieguo del conflitto per la Russia, mentre i gesti umanitari di Mosca potrebbero indicare tanto una genuina apertura diplomatica quanto una manovra tattica per alleggerire la pressione internazionale. Rimane inoltre in sospeso la questione di una possibile ritorsione russa all’attacco del 1° giugno, che potrebbe influenzare significativamente l’evoluzione del dialogo diplomatico. Il prossimo mese sarà cruciale per capire se questi segnali si tradurranno in progressi sostanziali o se rimarranno tattiche per guadagnare tempo in vista di una nuova fase del confronto militare.


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