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Sicurezza nazionale e rischio indiretto. Chi c’è nel mirino della guerra ibrida iraniana

Di Stefano Dambruoso e Francesco Conti

L’Italia non rappresenta un bersaglio per eventuali azioni ritorsive della Repubblica Islamica, che storicamente preferisce concentrare le sue attività in Medio Oriente, negli Usa, oppure nei Paesi occidentali con un’elevata presenza di elementi della diaspora iraniana. Tuttavia, il rischio non può essere mai escluso. L’analisi di Stefano Dambruoso, magistrato, e Francesco Conti, studioso della materia

L’operazione aerea israeliana e americana contro obbiettivi sul territorio iraniano ha diffuso un’allerta globale per eventuali azioni violente riconducibili alla Repubblica Islamica dell’Iran, a cui è ragionevole associare la disponibilità di molteplici minacce asimmetriche per colpire i propri nemici, primo su tutti Israele, senza il ricorso alle proprie forze armate. La Forza Quds, l’unità di élite dei Pasdaran responsabile per le operazioni all’estero, conta numerose cellule in
Occidente, anche dormienti, reclutate per tutelare gli interessi del regime iraniano.

LA MINACCIA TERRORISTICA

La minaccia principale riguarda le ambasciate israeliane all’estero, simbolo fisico della cosiddetta “entità sionista” invisa agli Ayatollah. Nel 2012 molti agenti affiliati ai Pasdaran colpirono le ambasciate israeliane in India, Georgia e Thailandia, facendo uso di ordigni esplosivi, che fortunatamente non fecero vittime. Più recentemente, nel 2024, sono state prese di mira anche le ambasciate israeliane in Svezia e Danimarca, con un progetto che prevedeva l’uso di granate ed armi da fuoco. L’intelligence svedese (SÄPO), nel suo più recente rapporto annuale, ha ancora descritto l’Iran come “uno dei principali istigatori di attività di terrorismo e sabotaggio in Europa”.

La minaccia terroristica riconducibile all’Iran, molto spesso considerata residuale in Occidente rispetto a quella di ispirazione jihadista, è oggi invece tornata fra le più attuali. Lo scorso mese, infatti, l’antiterrorismo britannico ha arrestato ben sette cittadini iraniani in due operazioni congiunte, descritte come fra le più importanti da diversi anni a questa parte. Esse si aggiungono ai venti casi di terrorismo collegati all’Iran sventati nel Regno Unito dal 2020, secondo statistiche dell’MI5 (l’intelligence interna britannica).

IL RICORSO AGLI ASSASSINII POLITICI

La Repubblica Islamica dell’Iran negli ultimi anni per colpire i propri nemici ha realizzato assassinii mirati all’estero. I primi omicidi mirati di oppositori al regime all’estero vennero infatti compiuti già a partire dal 1979. Nel 2011, secondo il Dipartimento della Giustizia Usa, due membri appartenenti all’intelligence iraniana pianificarono di assassinare il diplomatico saudita Adel al-Jubeil, con un ordigno esplosivo, in uno dei suoi ristoranti preferiti nella capitale statunitense. Nel tentato omicidio di Masih Alinehad (nota attivista per i diritti delle donne) a New York City nel 2022, il governo iraniano si affidò ad esponenti della malavita russa originari dell’Azerbaijan ed operanti nella metropoli americana, poi condannati per tentato omicidio nel marzo di quest’anno.

Nel Regno Unito, invece, secondo il Direttore Generale dell’MI5 Ken McCallum, l’Iran si avvale anche di trafficanti di droga.Un’altra strategia utilizzata dal regime iraniano per ostacolare il lavoro delle agenzie di controspionaggio estere è il ricorso ad individui con status di diplomatico, formalmente operanti nelle varie ambasciate della Repubblica Islamica basate all’estero. L’Europa è anche teatro delle operazioni dei sicari iraniani con copertura diplomatica. Nel 2018, un cittadino iraniano è stato arrestato per aver orchestrato l’assassinio, con ordigni esplosivi, dei leader dell’organizzazione dissidente dei Mujahedeen del Popolo, che stavano tenendo un comizio presso Parigi. L’uomo è stato poi rilasciato nel 2023 a seguito di uno scambio di prigionieri che ha coinvolto un cittadino belga arbitrariamente arrestato, come spesso accade, a Tehran.

LA DIMENSIONE CYBER

L’Iran dispone anche di capacità cyber offensive, altro strumento chiave per condurre una guerra asimmetrica ed ibrida contro i suoi nemici storici: Usa ed Israele. La Repubblica Islamica utilizza perciò gruppi hacker affiliati al governo in attacchi, spesso coincidenti con campagne militari più tradizionali (come durante l’appena conclusa Guerra dei Dodici Giorni), che vanno dai più semplici malfunzionamenti informatici (un attacco in stile Distributed Denial of Service) fino a veri e propri atti di sabotaggio. Uno dei casi più famosi è stato il l’attacco cyber contro l’impianto per la filtrazione dell’acqua di Eshkol (nel Negev) del 2020. Gli hacker iraniani, attraverso una sofisticata operazione cyber, erano quasi riusciti ad aumentare il livello del cloro nel sistema idrico, con possibili conseguenze dannose, anche potenzialmente mortali, per centinaia di cittadini israeliani. Nel dicembre dello scorso anno, l’Fbi ha invece scoperto un’operazione di hackeraggio ai danni di PLC (programmable logic controller) utilizzati a livello industriale in molteplici ambiti, come quello sanitario.

QUALI RISCHI PER IL NOSTRO PAESE?

L’Italia non rappresenta un bersaglio per eventuali azioni ritorsive della Repubblica Islamica, che storicamente preferisce concentrare le sue attività in Medio Oriente, negli Usa, oppure nei Paesi occidentali con un’elevata presenza di elementi della diaspora iraniana. Tuttavia, il rischio non può essere mai escluso. La Repubblica Islamica ha infatti posto in essere attentati anche contro singoli cittadini israeliani all’estero. In questo caso, l’Italia, quale frequentatissima meta turistica estiva, potrebbe divenire luogo di azioni violente contro civili. Analogamente a quanto accaduto a Cipro , isola con alto tasso turistico e dove vi sono state tre distinte operazioni contro cittadini israeliani in meno di due anni, tutte sventate grazie alla stretta collaborazione fra le agenzie di sicurezza cipriote ed il Mossad.

Nel primo caso, del luglio 2023, soggetti associabili ai Pasdaran avevano compilato una lista di cittadini da assassinare nell’isola mediterranea. Copione poi seguito negli altri due casi, il primo del dicembre 2023 ed il secondo risalente a pochi giorni fa. Nello stesso periodo, un individuo, probabilmente in contatto con l’intelligence iraniana, è stato arrestato per spionaggio presso la base dell’aviazione britannica di Akrotiri, sempre a Cipro. Le basi militari Nato presenti in Italia potrebbero rappresentare quindi un potenziale bersaglio di eventuali operazioni di spionaggio o sabotaggio degli agenti iraniani. Sorvegliata speciale in questo caso è la base di Sigonella, che ospita importanti asset della US Air Force come droni Reaper, utilizzati, per l’eliminazione del generale della Forza Quds Qassem Soleimani a Baghdad nel 2020, oltre a quelli per la raccolta di intelligence ad alta quota Global Hawk, uno dei quali venne abbattuto dalla contraerea iraniana nel 2019, mentre stava sorvolando lo stretto di Hormuz.

Il rischio di attentati potrebbe però anche essere amplificato dalla sempre costante minaccia dei lupi solitari ispirati dalla propaganda online, senza alcun contatto diretto con operatori iraniani, così come accade per le organizzazioni jihadiste. Solo poche settimane orsono c’è stato l’omicidio dei due membri dell’ambasciata israeliana a Washington D.C., uccisi presso il Capital Jewish Museum da un attentatore solitario, mobilitatosi autonomamente in seguito alle violenze a Gaza. Per questo motivo, le sedi riconducibili allo Stato di Israele e alla fede ebraica sono attentamente sorvegliate e presidiate dall’intelligence e dalle Forze dell’Ordine.

L’Italia corre anche il rischio di attacchi cyber, come già osservato nel diverso contesto della guerra in Ucraina: gruppi di hacker riconducibili al governo russo hanno attaccato siti internet istituzionali, spesso anche come ritorsione politica. A febbraio, dopo le forti critiche del Presidente Mattarella all’imperialismo russo, sono stati sventati diversi tentativi di attacchi cyber riconducibili al Cremlino. La collaborazione strategica fra Russia e Iran non opera solo nel settore dei droni Shahed, ma anche nel mondo cyber, dove Mosca fornisce a Tehran strumenti per condurre operazioni di cyber warfare. Le nostre agenzie di intelligence sino ad oggi sono state però sempre capaci di tenere al sicuro importanti interessi nazionali sotto attacco cibernetico


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