L’amministrazione Trump ha compiuto retromarce su due decisioni chiave dell’era Biden: il veto all’acquisizione di US Steel da parte di Nippon Steel e la legge “divest or ban” su TikTok. Questi casi evidenziano la natura variabile del concetto di sicurezza nazionale, rischiando di comprometterla in questioni economiche e sociali complesse. L’opinione dell’avvocato Luca Picotti
Due dei casi più controversi di ingerenze governative della precedente amministrazione Biden, il veto all’acquisizione di US Steel da parte di Nippon Steel e la legge “divest or ban” su TikTok, sono oggi oggetto di retromarce o stalli a opera dell’amministrazione Trump.
Il che è abbastanza curioso. Il veto all’accordo Nippon Steel-US Steel nasce anche da una delicata coincidenza temporale con la campagna elettorale, che vide ai tempi Donald Trump opporsi fermamente alla vendita della storica azienda statunitense all’investitore estero – con conseguente pressione su Joe Biden. La vicenda di TikTok è ancora più emblematica, dal momento che fu proprio Trump ad iniziare nel 2020 la guerra giuridico-politica contro la piattaforma cinese, salvo poi diventarne di fatto l’ultimo salvagente dal 20 gennaio 2025.
In entrambi i casi, Biden ha invocato la sicurezza nazionale. Un richiamo evidentemente fragile rispetto al deal nel settore dell’acciaio, più complesso in merito a TikTok, atteso che in ordine alla legittimità della legge del Congresso sul ban, promossa e difesa da Biden, vi sono state anche due pronunce delle Corti favorevoli (Corte della Columbia e Corte Suprema).
Va da sé che oggi Trump ha, da un lato, autorizzato l’operazione Nippon Steel-US Steel, sebbene accompagnata da una inedita golden share alla europea (ma che pone condizioni non troppo dissimili rispetto all’ultimo National Security Agreement proposto dalle parti a dicembre 2024); dall’altro, sta continuando a prorogare tramite executive order il ban a TikTok, in spregio alla legge del Congresso (unico legittimato a sconfessarla, ad esempio abrogandola) e alle preoccupazioni di sicurezza nazionale (avallate pure dai giudici).
Al di là delle retromarce del singolo, cosa emerge? L’evidente carattere variabile della categoria di “sicurezza nazionale” e il rischio di una perdita di credibilità.
Se il veto di Biden a Nippon Steel, posto per ragioni palesemente domestiche, viene a essere però giustificato in nome della sicurezza nazionale e dopo solo qualche mese il successivo presidente autorizza invece il deal, con condizioni non dissimili da quelle dell’ultimo NSA rifiutato da Biden, quale credibilità per la categoria? Se il ban a TikTok viene disposto per ragioni di sicurezza nazionale, riconosciute persino dalla Suprema Corte, ma poi l’app continua a vivere e raccogliere dati a suon di proroghe, quale credibilità?
Quando si utilizza tale categoria bisogna stare attenti. Il confine è sottile. Se viene abusata, in modo antieconomico e in questioni in cui non dovrebbe c’entrare (US Steel era in crisi e necessitava del deal, promosso peraltro da una controparte giapponese) o molto complesse (l’app di TikTok si è radicata tra consumatori e nell’ecosistema dei social e la vendita non è affatto facile), il rischio è poi quello di retromarce, stalli, sconfessioni implicite o esplicite, quasi a suggerire che dopotutto non si era poi così seri quando la si invocava. Il che può avere implicazioni piuttosto negative su un campo essenziale come quello della sicurezza nazionale.