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A Mosca aumentano blackout digitali. Cosa c’è dietro

La Russia affronta una guerra cognitiva inedita: per contrastare i droni ucraini, Mosca moltiplica i blackout digitali locali, bloccando le reti dati mobili e paralizzando la vita quotidiana, con effetti cognitivi e psicologici che impattano sul fronte militare e civile interno

Oggi, in Russia, all’improvviso ogni accesso ai servizi digitali della vita quotidiana, dalla messaggistica istantanea ai social, fino ai servizi economici e finanziari digitali, viene totalmente interrotto: i blackout quotidiani del traffico dati mobile, imposti localmente per contrastare i droni ucraini, sono diventati la norma.

Come riportato dal New York Times, le sospensioni di internet hanno subito un ripido incremento dopo il giorno dell’operazione ucraina nota come Spiderweb (Paoutina). A maggio le interruzioni registrate erano 69; nel solo giugno sono diventate 655 — più dell’intero totale mondiale del 2024. In luglio, oltre l’85 % delle regioni russe ha subito blackout almeno una volta. Questo perché, secondo il Cremlino, spegnere la rete dati mobile ostacolerebbe la navigazione dei droni ucraini, che userebbero, in parte, le connessioni mobili per orientarsi.

Il potere psicologico dei droni. Tra paura e immobilizzazione

Il meccanismo è semplice e crudele: i telefoni hanno due reti: voce e dati. Le chiamate vocali restano attive quando la rete dati viene spenta, ma nulla funziona: pagamenti digitali, app, mappe. La vita quotidiana, ormai fortemente digitalizzata, e i servizi essenziali si fermano. A Izhevsk, durante un blackout, un drone ha colpito una fabbrica di missili: tre morti, decine di feriti, senza allarmi né comunicazioni in tempo reale.

Sul piano geopolitico, la strategia di Mosca ha due obiettivi principali. Da un lato, la difesa asimmetrica contro uno strumento ucraino percepito come invasivo e invisibile; dall’altro, il controllo interno, legittimato dall’emergenza ma volto a consolidare un kill switch digitale nazionale. Oltre all’aspetto prettamente cinetico e fisico delle operazioni unmanned, i droni producono sul campo effetti psicologici e cognitivi. Soldati e civili riferiscono sintomi tipici del Ptsd, paure indiscriminate e agiti di ritiro: la presenza costante e sonora di un drone può paralizzare una trincea o un quartiere interno, costringendo le truppe a restare nascoste, al riparo.

Le articolazioni cognitive riguardanti l’utilizzo dei droni sono numerose: attirano il fuoco nemico, distogliendo l’attenzione, mentre l’attacco principale procede indisturbato. Costringono i soldati nemici a nascondersi e ad abbandonare repentinamente precise aree geografiche. Producono nei bersagli ansia anticipatoria e paura generalizzata, unendo così utilizzo dei droni e guerra cognitiva, obbligando Mosca a causare intenzionalmente continui e reiterati blackout per cercare di limitare gli attacchi asimmetrici di Kyiv.

Le conseguenze: erosione della fiducia e frattura sociale

In Russia, evidenzia il Nyt, ciò ha portato a una rassegnazione generale. Sfottò sui blackout, meme, canzoni virali sui disservizi diventano simboli di adattamento a una normalità di controllo. Il Cremlino sa bene che bloccare l’infrastruttura digitale non provoca rivolte se la misura è mediata da una narrativa di sicurezza. Questo ha spinto verso una centralizzazione dei poteri di shutdown, con il Ministero della Comunicazione che lavora per designare un’unica autorità per gestirli, trasformando blackout locali in una strategia nazionale sistematica. La combinazione di blackout e presenza di droni e la statalizzazione dello spazio digitale ha reso la Russia un laboratorio involontario di cyber-coercizione: dove il silenzio del cielo si accompagna al silenzio forzato della rete.

Per difendersi da una minaccia tecnologica aerea, il Cremlino accetta di oscurare la sua società, erodendo la fiducia, comprimendo le libertà e cementando un modello di Stato ipercontrollato. Il contrasto alla guerra asimmetrica ucraina non si combatte solo al fronte, ma anche dentro le menti e le infrastrutture digitali dei cittadini russi.


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