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Nato, il pilastro europeo tenga conto della vocazione mediterranea dell’Italia. Il commento di Serino

Di Pietro Serino

Il risultato del Vertice Nato dell’Aja impone all’Italia un impegno significativo nella crescita della spesa militare. In questo scenario, la presidente Meloni indica la strada per un secondo pilastro europeo all’interno dell’Alleanza Atlantica, con una particolare attenzione al fianco Sud, oggi teatro di crescenti tensioni geopolitiche. La sfida per Roma sarà costruire capacità militari integrate e coerenti, capaci di rispondere alle nuove minacce tra Africa, Mediterraneo e Medio Oriente. Il commento del generale Pietro Serino

Il Vertice Nato dell’Aja ha visto l’impegno dei Paesi Alleati a incrementare la spesa militare nei prossimi 10 anni, fino a raggiungere il target del 3,5% del Pil.

Il nostro presidente del Consiglio ha affermato che l’Italia rispetterà tale impegno, con una traiettoria che terrà conto della necessità di salvaguardare sia la spesa sociale sia la tenuta dei conti pubblici. Ciò premesso, è indubbio che le Forze Armate italiane, dopo trent’anni di riduzioni e di tagli, vivranno un periodo di crescita qualitativa, quantitativa e capacitiva, di cui già si cominciano a vedere i primi passi.

Ma in che direzione dovrà crescere lo strumento militare nazionale? Anche su tale aspetto, le dichiarazioni della presidente Meloni aiutano a fare chiarezza. Infatti, la Presidente ha precisato che la sicurezza dell’Europa dovrà continuare ad essere garantita attraverso l’Alleanza Atlantica e che gli europei dovranno dare vita ad un vero secondo pilastro della Nato, che incrementi e complementi le capacità della Nato nella sua interezza; ha anche affermato che, fatto salvo l’impegno collettivo a fronteggiare la minaccia proveniente dalla Russia, minaccia particolarmente sentita dalle Nazioni che con Russia e Bielorussa confinano, è necessario che l’Alleanza dedichi maggiore attenzione ai rischi provenienti dal fianco Sud.

Su quest’ultimo aspetto, appare necessario fare una importante considerazione: negli ultimi anni, il quadro securitario nell’area dell’Africa compresa tra il Mediterraneo a Nord e l’allineamento Golfo di Guinea e Corno d’Africa a Sud è notevolmente peggiorato. Ciò è stato causato dalla presenza sempre più attiva di attori geopolitici come la Russia e la Cina. La prima, in particolare, approfittando del disimpegno statunitense in tale regione, ha creato le condizioni per estrometterne definitivamente gli europei ed in particolare la Francia, appoggiando con proprie compagnie militari, la Wagner prima e l’Afrika Korps oggi, una serie di colpi di stato nel Sahel. La Russia, inoltre, è stabilmente presente nella Libia orientale e nel Sudan, ovvero nel Mediterraneo centrale e nel Mar Rosso. Di fatto, il fianco Est ed il fianco Sud dell’Alleanza sono oggi strettamente legati e fronteggiano le due braccia di una tenaglia che avvolge l’Europa, coinvolta suo malgrado in un ampio conflitto ibrido.

Tutto ciò premesso, per lo sviluppo capacitivo dello strumento militare italiano si evidenziano due linee d’azione: l’una a carattere politico, l’altra più tecnico-militare.

La prima riguarda la costruzione del pilastro europeo della Nato. l’Italia può e deve farsi promotrice di un coordinamento tra i Paesi europei che lo vogliono, al fine di sviluppare, dove conveniente e possibile,  capacità militari comuni, e pienamente integrabili negli altri casi. Questo processo, che può realizzarsi seguendo le modalità della cooperazione rafforzata, ovvero del trattato esterno alla Ue, avrebbe una serie di vantaggi: politici, militari ed economici. Sul piano politico avvierebbe, operando all’interno del quadro transatlantico e del processo di pianificazione della Nato, l’auspicata costruzione di una capacità europea di difesa e di una base industriale comune. La collocazione in ambito Alleanza è della massima importanza perché, non bisogna sottacerlo, la difesa europea in passato è stata vista da molti come un rischio di indebolimento  del legame con gli Stati Uniti o, peggio, un tentativo di emancipazione dell’Europa dagli stessi. Operando, invece, nel contesto della pianificazione Nato, anche gli Alleati  estranei all’iniziativa in parola ne avrebbero piena visibilità e si eviterebbe pure duplicazioni di capacità. Inoltre, agendo come gruppo e non più come singole Nazioni, ci sarebbe la possibilità di rendere disponibili capacità complesse che, ad oggi, sono garantite quasi esclusivamente dagli Stati Uniti. Ci si riferisce al trasporto aereo strategico, ad assetti per le comunicazioni a lunga distanza ed a sistemi satellitari e velivoli per la sorveglianza; in sintesi, quelle capacità che i militari definiscono abilitanti strategici, essenziali per condurre qualunque tipo di operazione. Tralasciando i vantaggi militari, di fatto già enunciati, sul piano industriale le Nazioni partecipanti alla costruzione del pilastro europeo dell’Alleanza, ponendosi come obiettivo la realizzazione di capacità in comune o pienamente integrabili, saranno giocoforza chiamate a razionalizzare ed integrare le rispettive strutture di ricerca, di sviluppo e di produzione dei sistemi per la difesa, anche facilitando la costituzione di Joint Venture, via che molte industrie europee hanno già iniziato a seguire.

La seconda linea d’azione riguarda quali capacità militari costruire. All’inizio degli anni 2000, le Forze Armate, anche per insufficienza di risorse economiche, fecero la scelta di concentrarsi su capacità adatte a conflitti asimmetrici, tipo Afghanistan, e di tralasciare le capacità tipiche dei conflitti tra Stati. Ora è necessario non fare lo stesso errore a parti invertite, perché l’Italia ha un ruolo importante da svolgere nel contesto Nato ed europeo: guardare al Sud, al Mediterraneo allargato.

Quindi, oltre a sviluppare gli abilitanti strategici già menzionati, auspicabilmente nell’ambito del pilastro europeo della Nato, e le capacità riferibili ai domini spaziale e cibernetico, due ambiti dove il confronto tra democrazie occidentali ed autocrazie è già in atto, l’Italia deve disporre di capacità militari per svolgere il proprio ruolo in tre ambiti.

Il primo, richiede un robusto sistema di difesa aerea ed antimissile e forze convenzionali integrate dai sistemi che le nuove tecnologie hanno reso disponibili, uno su tutti: i droni, nelle loro declinazioni aerea, terrestre, marittima e subacquea. Tale componente sarà destinata a proteggere l’Alleanza da aggressioni dirette al proprio territorio. Il secondo richiede capacità expeditionary per poter svolgere operazioni di sicurezza, di stabilizzazione e di assistenza militare nella regione dell’Africa già menzionata e nel vicino Oriente. Si tratta di missioni che le Forze armate italiane svolgono egregiamente da almeno trent’anni e che restano necessarie anche nel nuovo scenario. Questo è il contesto dove gli europei devono assumersi la responsabilità di fare da soli, senza l’alleato Statunitense, ed è anche quello dove bisognerà faticosamente recuperare un ruolo politico, oggi ai minimi storici. L’ultimo ambito è prettamente marittimo e subacqueo. L’Italia e la sua Marina militare devono essere protagoniste nell’assicurare la libera navigazione nel corridoio che da Gibilterra allo Stretto di Bab el-Mandeb, attraverso il Mediterraneo ed il Mar Rosso, mette in comunicazione l’Atlantico con l’Oceano Indiano. Come si è visto, è un’area dove è molto presente la Russia, con unità navali sia di superficie che subacquee. Anche la Cina, con la sua importante base a Gibuti, non è estranea alla zona, che ha un’importanza vitale per l’economia ed il commercio internazionale e che può essere interdetta anche da entità non statuali, come avvenuto nel caso degli Houthi. Sempre nel Mediterraneo allargato, lo strumento aeromarittimo nazionale dovrà garantire la protezione delle infrastrutture subacquee, che possono essere soggette anche ad attacchi ibridi non attribuibili, come è già successo nel Mar Baltico.

In sintesi per collocazione geopolitica, al centro del Mediterraneo e membro fondatore dell’Alleanza Atlantica e dell’Unione europea, l’Italia deve attrezzarsi per sviluppare uno strumento militare che sia in grado di assolvere efficacemente ruoli nell’intero spettro delle operazioni militari, dal conflitto tra entità statuali all’assistenza militare. Lo impongono l’attuale scenario internazionale e il suo sistema economico, di grande Nazione manifatturiera che necessita di scambi commerciali. Lo impone anche la Storia, che ha sempre visto l’Italia come elemento di equilibrio e di raccordo tra l’Europa, l’Asia e l’Africa.


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