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Phisikk du role – Ogni giorno facciamo un atto di fede. Ma non per tutti

I politici sono da anni all’ultimo posto della considerazione popolare in tutti i sondaggi sul gradimento di figure che animano la nostra dimensione pubblica. Invece il caso dei magistrati e della difficoltà della gente di accordare loro fiducia un po’ è raccontato in un potente aforisma di Borges: “Non è necessario essere colpevoli per avere timore dei magistrati”

Chi l’ha detto che viviamo una stagione in cui credere nell’essere umano da parte degli esseri umani è diventato umanamente impossibile? In realtà, a prescindere dal nostro credo, laico o religioso che sia, ogni giorno compiamo un atto di fede molto impegnativo, perché può mettere in gioco la nostra stessa vita.

Prendiamo un autobus e investiamo un pezzo di fiducia nelle istituzioni che hanno selezionato il conducente, augurandoci che, dopo aver verificato la sua idoneità tecnica alla conduzione di un automezzo così ingombrante facciano anche una verifica del necessario equilibrio mentale, condizione che dovrebbe essere preliminare. Dal canto nostro daremo per scontato che l’autista abbia dormito sereno, che la sua signora, la sua compagna o compagno, abbiano corrisposto alle sue attese erotiche, che non esistano sospetti di adulterio in grado di devastarne l’umore con corredo di crisi abbandoni che, che i figli a scuola se la cavino, che lui abbia digerito bene tutto quello che ha mangiato iersera eccetera.

Ovviamente stesso discorso vale per il nostro ristoratore, e soprattutto per lo chef, che nella cucina negata allo sguardo degli avventori (ma da qualche tempo, proprio per celebrare un’operazione trasparenza, sono di moda le cucine a vista), possono fare la qualunque, come ballare la rumba con le suole delle scarpe imputridite sulla paillard o mescolare calzettoni da montagna -debitamente usati- con l’amatriciana.

Ma vale ancora di più per il medico, specie quello che ci deve operare, che reputiamo diverso da quello impersonato dal principe De Curtis nel film “Totò Diabolicus”, il quale, miope e svogliato, tirava fuori dalla pancia del paziente sotto i ferri tutto quel che gli capitava, gettandolo poi tra i rifiuti ospedalieri. Potremmo continuare a lungo componendo una lista che includa le figure in divisa, a cominciare da forze dell’ordine e piloti d’aereo. Questi ultimi ricevono una considerazione da parte nostra per via del particolare mezzo che viene affidato alla loro professionalità, l’aereo, che di per se’ rappresenta un salto emotivo ed esistenziale per l’umano dotato di gambe ma non di ali. Infatti la sfida gravitazionale è già di suo ritenuta una scelta innaturale, che spaventa molti, affascina alcuni, ma che, per quanto statisticamente affidabile, non sempre riesce a far compiere il salto mortale della razionalizzazione dell’irrazionale. In genere chi compie quel salto poi osserva la regola della dissonanza cognitiva: non torna più indietro, evidentemente convincendosi che quella scelta compiuta è assolutamente la più sicura. Le cronache di questi giorni, le più tristi e drammatiche, del rovinoso disastra dell’aereo indiano, spingono avanti l’idea di un intervento umano nella rovinosa dinamica che ha portato alla strage di passeggeri, adombrando persino qualche ipotesi di intenzionalità, corredate da pareri di esperti della psiche che dichiarano necessaria un’attenta verifica psichiatrica per deliberare l’assunzione, ripetuta periodicamente. Speriamo davvero che non sia andata così.

Nella lista dei destinatari dell’atto di fede c’è il nostro macellaio, che siamo certi non ci rifili l’hamburger con carni non identificabili; c’è, ovviamente il farmacista, che ha la licenza di proporci senza repliche da parte nostra, l’elisir che ci fa passare tutti i mali passeggeri (appunto, perché se no non passano); c’è il franchisee locale della catena di alimenti biologici, dove paghiamo felicemente dieci euro un fagiolino allevato con amore da mani espertissime.

Non figurano, però, politici e magistrati. I politici sono da anni all’ultimo posto della considerazione popolare (eccezione fatta per il Capo dello Stato che però viene vissuto come “istituzione”, non come parte in causa della politica) in tutti i sondaggi sul gradimento di figure che animano la nostra dimensione pubblica. La considerazione, peraltro, è comprovata da molti fattori che incrociano i sondaggi, a cominciare dall’abbandono delle urne e della militanza nei partiti, ormai ridotta solo ai dirigenti e ai loro stretti congiunti o aventi causa. Il caso dei magistrati e della difficoltà della gente di accordare loro fiducia un po’ è raccontato in un potente aforisma di Borges: “Non è necessario essere colpevoli per avere timore dei magistrati”.

Ma parecchio lo dice ogni giorno la malagiustizia, un certo protagonismo di alcuni pm, la lentezza inaccettabile dei processi, la quantità degli errori giudiziari. A ben vedere però l’atto di fiducia riconosciuto a tante figure, ma negato a politici e magistrati, ha un retropensiero, piuttosto inquietante: mentre dal macellaio, dal farmacista, dal medico, dall’autista e dal pilota, debbo andarci per forza per sfamarmi, per curarmi, per spostarmi da un lato all’altro del territorio, insomma io ho bisogno di loro, del politico e del magistrato no. Il politico, secondo questa lettura, è inaffidabile, non può fare bene. Il magistrato è meglio tenerlo lontano. Se mi si avvicina non può che farmi male. Anche se sono innocente.


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