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Ricostruzione Ucraina. Quando Rizzi (Dis) avvertiva sul rischio infiltrazioni criminali

Dalla ’ndrangheta alle mafie russe, turche e cinesi, il pericolo di infiltrazioni criminali nella ricostruzione dell’Ucraina è concreto, soprattutto nei settori edilizi e finanziari. Ecco cosa diceva il direttore del Dis a marzo

“La storia ci ha insegnato che il momento della ricostruzione è anche il momento di maggiore vulnerabilità”, in particolare per quanto riguarda il rischio di infiltrazioni della criminalità. Era il 4 marzo scorso quando il prefetto Vittorio Rizzi, che allora era da pochi giorni direttore generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, pronunciava queste parole alla presentazione della relazione annuale dell’intelligence, con riferimento all’Ucraina invasa dalla Russia. Sono passati poco più di quattro mesi da quelle parole. Domani Roma ospiterà, alla Nuvola, la quarta edizione della Conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina 2025 (Ukraine Recovery Conference 2025).

In quell’intervento, Rizzi faceva riferimento anche a un precedente: la caduta del Muro di Berlino e le conseguenti attività di organizzazioni come la ’ndrangheta e Cosa nostra, “profondamente” impegnate nella ricostruzione. Ed è dagli sforzi contro la mafia, in nome del follow the money reso celebre da Giovanni Falcone, che le autorità italiane stanno lavorando da tempo con le controparti ucraine e i partner internazionali per contrastare il rischio di infiltrazioni criminali nella ricostruzione dell’Ucraina.

Rischio che è concreto, specie in settori come edilizia, infrastrutture, gestione dei rifiuti, armi e migrazione. Particolare attenzione viene posta al riciclaggio di denaro, con il timore che le mafie possano “ripulire” capitali investendo in zone di guerra. I rischi provengono dalle mafie locali (ucraina e russa), ma anche da ’ndrangheta, mafia turca, cinese, serbo-croata e da altre provenienti dai Paesi che finanziano la ricostruzione.

La Banca Mondiale stima che serviranno almeno 524 miliardi di dollari entro il 2035 per ricostruire il Paese. E mentre alcune aree sono ancora sotto attacco, altre più stabili stanno già ospitando progetti di investimento e sviluppo.

Infatti, nonostante il conflitto sia ancora attivo da tre anni e mezzo, con attacchi quotidiani e territori contesi, il governo ucraino e i suoi partner internazionali hanno avviato da tempo un processo di ricostruzione. L’obiettivo è duplice: dare un segnale di resilienza, mostrando che l’Ucraina non è solo vittima, ma anche protagonista della propria rinascita; e preparare il terreno per la ripresa economica, attrarre investimenti, pianificare infrastrutture e garantire continuità istituzionale.

Anche perché c’è un altro rischio: che la Russia usi le infiltrazioni come pretesto per una nuova invasione. D’altronde, la narrativa della “denazificazione” e della “lotta alla corruzione” è già stata usata nel 2022. Potrebbe essere riadattata per giustificare nuove azioni militari. E ancora: se la guerra si concludesse con confini incerti, Mosca potrebbe sostenere che le aree sotto controllo ucraino siano “infestate” dalla criminalità o gestite da governi corrotti. Infine, la Russia potrebbe sfruttare il caos post-bellico per destabilizzare l’Ucraina e rafforzare la propria presenza nelle regioni contese.


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