Durante un incontro con l’Alto rappresentante Ue Kaja Kallas, il ministro cinese Wang Yi avrebbe dichiarato che Pechino non può permettere una sconfitta russa in Ucraina. Il motivo? Evitare che Washington si concentri completamente sul contenimento della Cina in Asia. Una posizione che conferma i sospetti europei
La Cina non vuole che la Russia perda la guerra in Ucraina. A dirlo non sono più solo le analisi degli esperti o le valutazioni dei governi occidentali, ma lo stesso ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, in un incontro con l’Alto rappresentante dell’Unione europea per la politica estera, Kaja Kallas. È quanto ha rivelato il South China Morning Post, secondo cui Wang avrebbe spiegato che una sconfitta di Mosca permetterebbe agli Stati Uniti di “reindirizzare tutte le risorse strategiche verso la competizione con la Cina” nell’Indo-Pacifico. Un’ammissione che può suonare come una bomba diplomatica gettando nuova luce sul reale posizionamento di Pechino nel conflitto ucraino.
In realtà, queste parole confermerebbero i timori di molte capitali europee: Pechino, dietro la retorica della “neutralità”, ha un chiaro interesse a preservare la tenuta strategica del Cremlino. L’idea che una Russia indebolita possa rafforzare il blocco occidentale, liberando Washington dall’impegno in Europa, è una delle chiavi di lettura più significative dell’incontro avvenuto mercoledì a Bruxelles. E mentre la diplomazia cinese parla di neutralità rispetto al conflitto, Pechino da tempo è accusata da Stati Uniti e Unione europea di fornire assistenza indiretta allo sforzo bellico russo. A preoccupare è soprattutto la fornitura di materiali a duplice uso, come componenti elettronici e droni, che Mosca utilizza per la produzione militare.
In pubblico, Wang ha ribadito che “la Cina non è parte del conflitto” e che non fornisce armi letali alle parti coinvolte. “Controlliamo rigorosamente l’export di materiali a duplice uso, compresi i droni”, ha detto il ministro in una conferenza stampa con l’omologo tedesco Johann Wadephul.
Durante la sua visita in Europa, Wang ha anche cercato di rassicurare l’Unione europea. “Cina e Unione europea non sono avversarie e non devono cercare lo scontro”, ha dichiarato, rispondendo a tono alle critiche di Kallas, che aveva accusato Pechino di minacciare la sicurezza europea con attacchi cibernetici e interferenze politiche. “La Cina non è responsabile delle sfide che l’Europa affronta, né lo è mai stata”, ha aggiunto.
Ma le parole riportate dal South China Morning Post hanno avuto un impatto molto più forte delle dichiarazioni ufficiali. Perché, di fatto, confermano che la guerra in Ucraina è letta da Pechino anche – e forse soprattutto – come un calcolo strategico globale in funzione anti-americana. “La Cina non è gli Stati Uniti”, ha puntualizzato Wang, invitando l’Europa a non riflettere automaticamente le posizioni di Washington. La Germania, da parte sua, ha colto l’occasione per chiedere a Pechino di esercitare maggiore pressione su Mosca. “La Cina usi la sua influenza affinché la Russia torni al tavolo dei negoziati. L’Ucraina è pronta”, ha detto il ministro tedesco Wadephul.
Ma da Mosca, il messaggio resta la linea dura del Cremlino. In una telefonata con il presidente statunitense Donald Trump, la prima da quando Washington ha rallentato la fornitura di armi a Kyiv, il leader russo Vladimir Putin ha ribadito che la Russia non intende “arretrare” e continuerà a perseguire i suoi obiettivi strategici.