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Ma il Centro non si può svendere. L’opinione di Merlo

Il Centro – piccolo o grande che sia non ha importanza alcuna – non può e non dev’essere ridicolizzato. Per nessuna ragione e, men che meno, non deve essere sacrificato sull’altare di nessun seggio parlamentare che viene regalato a chi si presta a questa opera di demolizione e di cancellazione di una nobile e qualificata tradizione politica, culturale, ideale e soprattutto programmatica. L’opinione di Merlo

Siamo quasi tutti d’accordo che il Centro nella politica italiana continua ad essere un luogo politico importante per non dire quasi decisivo ai fini della garanzia di una sana ed efficacia azione di governo. Non a caso continua ad essere di straordinaria attualità l’antico slogan che “in Italia si vince al Centro ma, soprattutto, si governa dal centro”.

Un monito che non solo è durato per quasi 50 anni nella vita democratica del nostro Paese, cioè per l’intera prima repubblica ma che, almeno per quanto riguarda la riflessione che “si governa dal centro”, è valso anche e soprattutto dall’avvento di Berlusconi in poi. Cioè a partire dal 1994. Ora, però, il Centro, e come tutti sappiamo, non è solo un luogo geometrico o una posizione che vive di rendita o un banale strumento trasformistico ed opportunistico. Il Centro vive e cresce se dispiega una politica, cioè se riesce a declinare un progetto politico e di governo.

Non a caso, e nella migliore tradizione democratico cristiana e non solo, si parla di una “politica di centro” e non solo o soltanto di un progetto centrista. Ma questo progetto lo si può dispiegare credibilmente nella misura in cui non viene ridicolizzato o, peggio ancora, trasformato in uno slogan ad uso e consumo di chi subdolamente lo propugna nell’attuale cittadella politica italiana.

Fuor di metafora, che senso ha confondere il Centro moderato e riformista con una “tenda” – cara all’ex comunista Goffredo Bettini – all’interno di uno schieramento politico distinto e distante da tutto ciò che è riconducibile al Centro come l’attuale ‘campo largo’ delle sinistre? Di grazia, ma cosa ha in comune un Centro riformista e democratico con il radicalismo massimalista della Schlein, con il populismo demagogico dei 5 stelle, con l’estremismo ideologico del trio Fratoianni/Bonelli/Salis e con il pan sindacalismo di Landini? Per garantire alcuni seggi a Renzi e “suoi cari” certamente è un legame importante ma finisce lì. Come, credo, è noto un po’ a tutti.

E ancora, cosa c’è in comune tra un Centro riformista e democratico con il sovranismo qualunquista e vagamente populista della Lega salviniana? A mio parere, ma non solo a mio parere, praticamente nulla. Ecco perché di fronte a queste banali ma oggettive domande non possiamo non arrivare ad una altrettanto banale conclusione. Ovvero, anche per il Centro le alleanze non sono una variabile indipendente.

Se si vuole ridicolizzare il Centro e ridurlo ad una insignificante ed irrilevante appendice si può tranquillamente alleare con chiunque. Dalla Lega di Salvini al populismo di Conte, dal massimalismo di Fratoianni/Bonelli al radicalismo della Schlein. Ma il tutto, però, ad una precisa condizione. Ovvero, quel Centro sarà solo e sempre un piccolo tassello da aggiungere ad una coalizione dove chi detta realmente l’agenda politica abita da un’altra parte. Appunto, il Centro può e deve essere confinato in una “tenda” o in un accampamento o in un rifugio. Con la consegna, precisa e definita, che si deve accontentare di alcune briciole che gli azionisti di riferimento gentilmente elargiscono. Per queste ragioni, semplici ma oggettive, il Centro – piccolo o grande che sia non ha importanza alcuna – non può e non dev’essere ridicolizzato. Per nessuna ragione e, men che meno, non deve essere sacrificato sull’altare di nessun seggio parlamentare che viene regalato a chi si presta a questa opera di demolizione e di cancellazione di una nobile e qualificata tradizione politica, culturale, ideale e soprattutto programmatica. La coerenza, verrebbe da dire, non ha prezzo al riguardo.


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