Il dato politico di questo incontro è evidente. Sinora lo sforzo del presidente Trump verso un cessate il fuoco e/o accordo quadro è, senza alcun dubbio, quello più importante e significativo dall’inizio del conflitto, nel febbraio 2022. E grazie a Meloni non è mai mancata la mediazione e l’aiuto al dialogo tra le parti, contribuendo all’unione dell’Occidente contro chi vorrebbe vederne il suo declino. L’intervento di Simone Crolla, American Chamber of Commerce in Italy (AmCham)
La giornata di oggi segna un appuntamento assolutamente importante: il presidente Trump, dopo lo storico vertice in Alaska con Vladimir Putin, riunisce a Washington molti tra i capi di Stato e di governo alleati: Giorgia Meloni, Emmanuel Macron, Keir Starmer, Friederich Merz, il presidente Zelensky, oltre al segretario generale della Nato, Mark Rutte e alla presidente Ursula von der Leyen.
L’occasione è frutto dell’intenso sforzo diplomatico iniziato dalla nuova amministrazione americana sin dalle prime settimane di gennaio e volto al raggiungimento di un nuovo accordo quadro con la Federazione Russa per porre fine, non solo al conflitto ucraino, ma per convergere verso una nuova ridefinizione degli assetti di sicurezza tra le due potenze, di nuovo contrapposte, anche se con importanti differenze, come nel secolo scorso.
Il dato politico di questo incontro balza assolutamente all’attenzione di tutti. Sinora lo sforzo del presidente Trump verso un cessate il fuoco e/o accordo quadro è, senza alcun dubbio, quello più importante e significativo dall’inizio del conflitto, nel febbraio 2022. In questo senso bisogna dar merito ai vertici dell’amministrazione di aver riallacciato i rapporti a livello di presidenti con la Federazione Russa e di aver condotto il difficile avversario strategico a più miti intendimenti a seguito dalla terribile perdita di migliaia di vite umane sui due fronti. Un cambiamento importante rispetto alla precedente amministrazione che sostanzialmente perseguiva l’obiettivo di una sconfitta militare e strategica dell’Orso russo su suolo ucraino.
Egualmente dovremmo inoltre complimentarci con la presidente Meloni per aver mantenuto in questi mesi una posizione di mediazione e di aiuto al dialogo nel difficile rapporto tra Usa e Ucraina sul solco di una importante constatazione: nell’attuale contesto ogni divisione in Occidente ci rende più deboli, e favorisce chi vorrebbe vedere il declino della nostra civiltà.
Meloni, insomma, in questi mesi, ha messo in pratica ciò che ha volentieri sostenuto o assecondato sin dall’insediamento della nuova leadership a stelle e strisce, cioè di poter essere un ponte tra Usa e Europa nel delicato scenario bellico alle porte del vecchio Continente, nelle negoziazioni sui dazi, nei delicati rapporti tra Washington e Bruxelles. Un compito complesso e delicato il cui sviluppo si è tuttavia contraddistinto per la cautela e l’enfasi sugli incontri multilaterali, piuttosto che su dichiarazioni forti o su posizioni ideologiche nette. Non possiamo inoltre non vedere come la presidente Meloni continui ad essere a Washington e per Washington un interlocutore assolutamente privilegiato e affidabile. Non è un caso, in questo senso, che Roma sia stata considerata seppur inizialmente come la sede del primo incontro tra Trump e Putin poi avvenuto nella simbolica location di Anchorage (Alaska).
Dall’osservatorio privilegiato dell’American Chamber of Commerce in Italy (AmCham), oggi presieduta da Stefano Lucchini, Chief Institutional Affairs and External Communication Officer di Intesa Sanpaolo, mi sento inoltre di confermare come questa solidarietà transatlantica contribuisca positivamente ed attivamente a mitigare la preoccupazione del business e degli investitori, anche se è pur vero che la mancanza di un’intesa limpida mantiene ancora alta la tensione.
Guardando all’Italia sappiamo con certezza quanto gli Usa siano importanti per il nostro sistema economico: essi rappresentano uno dei principali investitori esteri nel nostro Paese, il primo extraeuropeo, con un valore di stock di FDI che ammonta a 35.9 miliardi di dollari nel 2024, in aumento del 23% rispetto al 2023. Anche la dinamica degli investimenti italiani negli Usa attraversa inoltre un periodo di grande crescita grazie al percorso di internazionalizzazione delle nostre imprese: cumulativamente nel 2024 lo stock di FDI ammonta a 48.5 miliardi di dollari, in aumento del 600% rispetto al 2003. A conferma di questi numeri è bene citare Ferrero che a luglio ha ufficializzato l’acquisizione di WK Kellogg sul mercato americano, una pietra miliare per la crescita del gruppo italiano negli Usa che già conta lì più di 14.000 dipendenti.
Tornando allo shock del conflitto ucraino, è bene ricordare in modo particolare l’elevato prezzo pagato sin dal 2022 da molti degli operatori economici tra le due sponde dell’Atlantico che hanno visto un’impennata dell’inflazione e del prezzo delle materie prime in molte delle verticali, un calo della fiducia in molti settori, una maggiore volatilità e ad un crescente interesse verso asset ritenuti più sicuri (bond, oro, titoli della difesa) come protezione da shock geopolitici. In questo contesto il mondo del business guarda con interesse e con favore agli sforzi di Trump e al raggiungimento almeno di un cessate il fuoco per il congelamento del conflitto. Questi due elementi influirebbero positivamente sulle dinamiche economiche e commerciali e consentirebbero inoltre a molti degli operatori economici di potersi maggiormente impegnare nel duraturo e significativo sforzo di ricostruzione della martoriata Ucraina. Al presidente Trump e ai leader europei oggi riuniti a Washington non rimane che fare un prezioso quanto ben augurante: in bocca al lupo!