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Anatomia delle milizie irregolari Russe. Ecco la fanteria ibrida di Mosca

L’esercito parallelo di Mosca conta su soldati regolari, mercenari, foreign fighters e milizie irregolari: uno strumento ibrido che tiene in vita la guerra in Ucraina e minaccia di esportare instabilità a livello globale, dall’Europa all’Africa

Dal Donbass al Sahel, il Cremlino ha costruito negli ultimi due decenni una strategia militare e geopolitica che non va oltre ai proiettili e ai missili. È la cosiddetta New Generation Warfare (Ngw), o guerra ibrida, un insieme di strumenti che vanno dalla disinformazione al sabotaggio, dai cyberattacchi alla pressione energetica, dall’uso di mercenari, di milizie proxy e di forze irregolari all’infiltrazione politica, fino alla manipolazione dei flussi migratori. Tutto con l’obiettivo di logorare l’Occidente dall’interno.

“La Nevsky Battalion accetta volontari”. L’annuncio, comparso sui social russi, in particolare Telegram, nell’estate del 2025, è solo la punta dell’iceberg. Basta sostituire il nome con “Wolves”, “Saint George” o uno delle decine di battaglioni analoghi per cogliere l’ibridazione delle forze armate del Cremlino, che punta sempre più su forze ibride per sostenere la guerra in Ucraina. Un meccanismo che da un lato amplia la base di uomini impiegabili senza necessitare di nuove mobilitazioni, dall’altro indebolisce la professionalità delle forze regolari, generando fragilità nelle operazioni combinate. E che, anche in caso di cessate il fuoco, rischia di sopravvivere al conflitto, proiettando instabilità all’interno e all’esterno dei confini ucraini.

La genealogia

Il ricorso russo alle forze irregolari non nasce oggi. Già durante la seconda guerra in Cecenia (2009) Mosca aveva creato milizie locali per condurre operazioni antinsurrezionali ed ottenere la vittoria repressiva.

Nel 2008, durante la guerra in Georgia, furono le milizie ossete e abkhaze, addestrate e armate dal Cremlino, a integrarsi con l’esercito regolare, combinando così modalità operative ibride, combinando utilizzo di milizie, assalti rapidi e cyberatacchi, puntando al riconoscimento delle regioni separatiste.

Nel Donbass, dal 2014 in avanti, Wagner, i reparti ceceni e le formazioni popolari sostenute dall’intelligence russa giocarono un ruolo decisivo nel destabilizzare Kiev ed in Siria (2015), la combinazione di aviazione e milizie mercenarie a supporto di Assad hanno mostrato, ancora una volta, la combinazione di forze irregolari e modalità asimmetriche per il raggiungimento di obiettivi governativi, legittimando in sempre più Wagner e Redut, i due principali network mercenari.

Formatesi da un centro di addestramento creato nel 1998 da veterani delle guerre cecene e forze speciali, Redut si affermò come piattaforma legata all’intelligence militare dopo il 2008 e fu presto superata da Wagner, divenuta strumento semi-ufficiale del Cremlino per operazioni in Ucraina, Siria e Africa, dove oggi è meglio conosciuta come Afrika Corps.

L’espansione dei battaglioni regionali

Oltre all’esercito regolare, l’apparato militare di Mosca si articola in una complessa rete organizzativa in continua evoluzione.

Sotto l’ombrello del Combat Army Reserve (Bars), creato nel 2015 come corpo riserva, milizie nazionale ed interregionali di volontari, comprese unità cosacche e compagnie private (tra le quali spicca la milizia Konvoy) operano con uno statuto ibrido e con impieghi oltreconfine.

Successivamente al Bars e già a guerra in corso, l’unione di intenti tra Redut ed i reduci del Donbass ha dato vita a Dobrokor (2023), un meccanismo statale di reclutamento che convoglia i volontari, oggi impiegati a Kharkiv, Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhya e Kherson attraverso gli uffici militari, promettendo importanti bonus economici in cambio di contratti annuali.

La legione straniera di Putin

Ad aumentare la complessità dello scenario è l’apporto crescente di combattenti stranieri e la formazione di interi battaglioni o milizie irregolari da impiegare sul campo e provenienti da tutto il mondo, tramite il cardine dell’ideologia, della coercizione o della motivazione economica.

Oltre al fenomeno dei foreign fighters arruolati su base volontaria, uomini provenienti dalla Corea del Nord e Cina sono stati rinvenuti in Ucraina, insieme al bacino di soldati migranti provenienti da Uzbekistan, Tagikistan e Kirghizistan, arruolati con forza o combattenti volontari, come quelli provenienti da Siria e Yemen.

Sfruttando la propria influenza crescente in Africa, il Cremlino può oggi contare sui cosiddetti Black Wagner, uomini provenienti da Senegal, Ghana, Camerun, Togo, arruolati con inganno, con borse di studio fittizie, promesse di lavoro o cittadinanza o tramite coercizione, stessi metodi utilizzati per attrarre combattenti provenienti da Cuba.

Guerra asimmetrica e milizie irregolari

Questo modello offre al Cremlino vantaggi significativi, permettendo di sostenere una guerra d’attrito con costi politici contenuti, di assorbire perdite senza intaccare le truppe nazionali e di attingere a competenze diversificate (sabotaggio, guerriglia urbana, uso di droni).

Ma i rischi sono altrettanto gravi. Le catene di comando parallele, lealtà divergenti e addestramenti ridotti erodono la coesione militare. L’esercito ibrido assume così i caratteri di una milizia, trasformandosi in un insieme di volontari, mercenari, detenuti e combattenti stranieri, perdendo così di affidabilità, efficacia organizzativa e addestrativa.

Anche se il conflitto cessasse, queste strutture non scomparirebbero. In Ucraina potrebbero trasformarsi in strumenti di repressione o governance ombra nelle aree occupate. All’estero, replicare il modello Wagner è una prospettiva concreta: mercenari temprati nella guerra urbana e nei droni potrebbero essere dispiegati in Africa, Medio Oriente o Asia come forza ibrida a disposizione del Cremlino.

Parallelamente, la struttura articolata del corpus bellico di Mosca si dimostra perfettamente in linea con la ristrutturazione delle Forze Armate voluta dallo Stato Maggiore russo a seguito dell’impostazione della Dottrina Gerasimov (2013), secondo cui gli strumenti non militari avrebbero superato in efficacia la forza delle armi.

Così, l’utilizzo di milizie irregolari in Ucraina si aggiunge alla lunga e variegata lista di strumenti asimmetrici utilizzati in funzione antioccidentale: sabotaggi a infrastrutture energetiche, logistiche e industriali in Europa (spesso sotto forma di operazioni sotto falsa bandiera), operazioni cibernetiche, campagne di influenza politica e informativa, manipolazione dei flussi migratori.

Per l’Occidente, questo significa adeguare e integrare analisi di intelligence e aggiornare strumenti giuridici, che rischiano di dimenticare i sabotaggi e gli attacchi cibernetici al di sotto della soglia dell’art. 5 della Nato.

Per l’Europa, rappresenta l’urgenza di consolidare le proprie relazioni con i partner Nordafricani e con i Paesi Eurasiatici, mettendo così in sicurezza il Mediterraneo, ed i fronti Sud ed Est del Continente e dell’Alleanza.

Per l’Ucraina, invece, l’attuale ibridazione capacitiva e operativa di Mosca significa includere tra le condizioni per un eventuale cessate il fuoco la smobilitazione delle milizie e delle formazioni semi-indipendenti impiegate nel territorio di Kyiv, la cui sopravvivenza rischia di trasformare l’esercito ombra di Putin in una minaccia globale permanente.

 


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