Mentre Trump e Vladimir Putin si sono incontrati in Alaska per cercare di raggiungere un’intesa sul futuro dell’Ucraina, e non solo, la più grande democrazia del mondo, l’India, è stata idealmente al loro fianco, nel suo “appuntamento con il destino”
L’India ha issato il tricolore per il suo 79º anniversario dell’Indipendenza in un contesto segnato da tensioni militari, minacce terroristiche e nucleari, e da una diplomazia sotto pressione. Sul confine occidentale, un recente scontro con il Pakistan ha riaperto una ferita storica, il primo confronto dopo l’Operazione Sindoor. Le dichiarazioni del Field Marshal Asim Munir, Capo di Stato Maggiore pakistano, che ha avvertito Nuova Delhi di “gravi conseguenze” minacciando una guerra nucleare da suolo americano, hanno aggiunto un elemento di frizione a un rapporto bilaterale già in bilico.
A Pahalgam, nel cuore del Kashmir, un attentato avvenuto ad aprile con l’uccisione di 26 turisti hindu ha riportato la violenza terroristica al centro dell’agenda. La presidente Droupadi Murmu, nel suo discorso alla nazione, ha definito l’attacco “codardo e disumano” e ha lodato l’Operazione Sindoor, condotta dalle forze armate indiane con “steely resolve”, come esempio di prontezza e capacità strategica. “La nostra unità — ha affermato — è la risposta più potente a chi cerca di dividerci”.
Sul fronte internazionale, il legame con gli Stati Uniti è attraversato da una “guerra commerciale” che va ben oltre le tariffe. Energia, tecnologia e forniture militari restano temi caldi, ma il nodo più delicato è la pressione politica di Washington. Il presidente Donald Trump vede nell’India un attore capace di esercitare influenza su Mosca e di pesare sulla traiettoria del conflitto in Ucraina. Un riconoscimento di peso, ma che rischia di mettere alla prova l’autonomia strategica di Nuova Delhi, cardine della sua politica estera.
Murmu ha trasformato la celebrazione in un discorso di direzione strategica. Ha ricordato che “giustizia, libertà, uguaglianza e fraternità” sono le colonne portanti della Repubblica e ha collegato la crescita economica del 6,5% all’energia dei giovani, all’intraprendenza delle donne e all’inclusione delle comunità marginalizzate. Ha elogiato il progresso tecnologico, dal primato globale nei pagamenti digitali alle ambizioni nell’intelligenza artificiale, sottolineando che “il futuro si costruisce con innovazione e partecipazione”.
La Presidente ha anche voluto richiamare l’eredità gandhiana: “Corruzione e ipocrisia non devono essere inevitabili prodotti della democrazia”. Un monito diretto alla classe dirigente, ma anche alla società civile, affinché il percorso verso il 2047, centenario dell’Indipendenza, non si misuri solo in termini di PIL e potenza militare, ma nella capacità di preservare l’integrità del progetto nazionale.
Il suo messaggio finale ha il tono di un avvertimento: l’India è in un “Amrit Kaal”, un’epoca di rinascita e opportunità, ma il cammino è stretto. Tra il peso delle sfide interne e le aspettative esterne, la nazione dovrà difendere il proprio spazio, restare autonoma e guidare il proprio destino in un mondo in cui gli equilibri cambiano rapidamente.
Mentre Trump e Vladimir Putin si sono incontrati in Alaska per cercare di raggiungere un’intesa sul futuro dell’Ucraina, e non solo, la più grande democrazia del mondo è stata idealmente al loro fianco, nel suo “appuntamento con il destino”, mentre traccia il proprio cammino per tornare a essere la grande potenza che un tempo fu. Qualunque cosa accadrà tra Stati Uniti e Russia, dopo il faccia a faccia avvenuto nel giorno dell’Indipendenza indiana, avrà un impatto diretto sul mondo, ma ancor più sulla sua più grande democrazia.