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Parlare con la Cina, ma non legarsi mani e piedi. L’intervento di Menia

Dopo le indiscrezioni di Bloomberg a proposito della possibile e progressiva diminuzione di presenza cinese in soggetti industriali italiani di un certo rilievo, come Pirelli, Ansaldo e Cdp reti, ecco alcune considerazioni del vicepresidente della Commissione esteri/difesa del Senato, Roberto Menia

Nel 2019 l’Italia era il ventre molle dell’influenza cinese in Europa. Oggi no, grazie al governo Meloni. Si può essere interlocutori della Cina, senza per questo legarsi mani e piedi, come fatto da Conte con la Via della Seta. In questa direzione va la direttrice di marcia imboccata con la possibile progressiva diminuzione di presenza cinese in soggetti industriali italiani di un certo rilievo, come Pirelli, Ansaldo e Cdp reti.

Il caso del produttore di pneumatici, dove al 37% figura la società statale cinese Sinochem International Corp, è l’esempio più calzante di come il ruolo di governance di un investitore esterno vada ristretto per una ragione tattica, geopolitica, economica. Come osservato da Bloomberg, “il caso Pirelli è un esempio lampante delle sfide che l’Europa deve affrontare mentre si muove in un nuovo scenario geopolitico. La regione, che ha accolto con entusiasmo gli investitori cinesi all’indomani della crisi finanziaria del 2008, ora sta lottando per ridurre il rischio legato alla Cina , nel tentativo di proteggere i settori critici e di rimanere dalla parte giusta del presidente degli Stati Uniti Donald Trump”.

Su Pirelli va ricordato che, più volte, le autorità statunitensi avevano manifestato alcune preoccupazioni sulla partecipazione di Sinochem in riferimento al caso dei pneumatici “cyber tyre”, che raccolgono e trasmettono dati in tempo reale. Per cui la perdita del controllo di Sinochem è stata una diretta conseguenza del decreto golden power da parte del governo italiano. Lo scudo ha una ragione tattica e di opportunità: le aziende non sono tutte uguali, come insegna il caso dei cantieri Ferretti (eccellenza non solo nel diporto), in più fa rumore la possibilità che realtà esterne e di un certo peso possano silenziosamente defraudare l’Italia delle sue preziose tecnologie. È all’interno di questo ragionamento che risiede la motivazione per cui potrebbe cambiare lo scenario industriale, che andrà gioco-forza tarato sugli obiettivi del nostro alleato americano.

Inoltre la decisione cinese di sanzionare due banche lituane dopo la stretta europea contro Mosca per la sua aggressione all’Ucraina “inquadra” il tipo di politica immaginata da Pechino e la conseguente risposta. Quando il governo cinese osserva che l’ Ue dovrebbe “correggere le sue pratiche illecite e smettere di danneggiare gli interessi cinesi” mostra il suo vero volto su tali dossier. E conferma, una volta di più, la bontà della scelta italiana.


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