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Difesa e industria, così il governo pensa a una regia nazionale per la sicurezza

Dopo l’adesione al Safe Facility europeo, Palazzo Chigi, secondo un articolo di Milano Finanza, lavora ad una regia nazionale della difesa. Un consorzio pubblico-industriale che possa riunire le maggiori industrie italiane e la classe dirigente, trasformando la Difesa in leva di competitività e resilienza

Secondo Milano Finanza il governo Meloni starebbe puntando a costruire un vero e proprio consorzio nazionale della difesa a guida pubblica. L’obiettivo? Integrare capacità industriali, attrarre fondi europei e generare occupazione, sviluppando tecnologie dual-use che abbiano ricadute anche civili, dalla robotica al quantum, dallo spazio alla cybersicurezza.

Il progetto è stato al centro di una riunione a porte chiuse convocata nei giorni scorsi a Palazzo Chigi. Intorno al tavolo, oltre a Crosetto, c’erano i ministri Tajani e Giorgetti, e i vertici di Leonardo, Fincantieri, Cassa Depositi e Prestiti, Invitalia e Ferrovie dello Stato. L’esecutivo punta a costituire una regia pubblica capace di selezionare i progetti, accompagnarli e renderli finanziabili, anche tramite un futuro consorzio nazionale a guida pubblica. Tra le ipotesi, quella di affidare a Cdp il ruolo di coordinamento operativo. Un’idea che ricorda, per ambizione, il modello Airbus, nato nel 1969 per sfidare l’egemonia americana nell’aerospazio.

Questo passo arriva dopo un’accelerazione già evidente. Dal 2022 a oggi il Parlamento ha approvato 46 nuovi programmi di difesa, di cui 37 inediti e 9 aggiornamenti, per un valore complessivo di oltre 42 miliardi di euro. Il ministro della Difesa Guido Crosetto, in meno di tre anni, ha trasformato la pianificazione militare in un motore industriale, rispettando l’obiettivo Nato del 2% del Pil e portando le esportazioni di armamenti a 7,69 miliardi di euro. Numeri alla mano, è crescente la consapevolezza dei propri settori strategici e critici e la volontà di riunire la rotta strategica in un’unica regia.

La sfida oggi non è solo militare. È economica, industriale, di sicurezza delle supply chain e delle infrastrutture critiche. Lo dimostra l’adesione, all’ultimo minuto, al Safe Facility, il nuovo strumento europeo da 150 miliardi di euro per rafforzare la base industriale della difesa, coordinare acquisti comuni e spingere sulla produzione condivisa. L’Italia ha chiesto 14 miliardi in prestito a Bruxelles per finanziare i programmi 2026-2030, con l’obiettivo di alleggerire il bilancio statale e sfruttare la leva europea, ma per Safe occorrono progetti concreti, partnership e sinergie pubblico-privato in grado di selezionare e concretizzare gli investimenti. Francia e Germania hanno già mobilitato Bpifrance e KfW, i loro istituti di sviluppo. Roma punta ad una regia che riunisca le proprie eccellenze industriali, militari e logistiche.

Per la prima volta, la pianificazione militare italiana quindi guarda oltre i confini delle caserme e considera le filiere di approvvigionamento, le materie prime strategiche e la resilienza delle infrastrutture critiche come elementi centrali della sicurezza nazionale. In un mondo in cui politica internazionale, economia e capacità militare sono inscindibili, la difesa diventa la capacità di garantire approvvigionamenti sicuri, proteggere la base industriale e giocare un ruolo nella nuova partita geopolitica europea.


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