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Sinistra, l’agenda esclude il Centro. L’intervento di Merlo

Come diceva un leader e statista della Democrazia cristiana, Carlo Donat-Cattin, “in politica conta chi detta l’agenda”. A prescindere anche dai rapporti di forza. E l’agenda, oggi, nella coalizione progressista la dettano i vari partiti di sinistra. Per il Centro c’è posto solo sugli spalti. L’intervento di Giorgio Merlo

Come da copione, il campo largo è una coalizione espressione della sinistra populista, estremista e radicale. Un fatto talmente noto che non meriterebbe neanche di essere commentato se non per evidenziare che il Centro e la “politica di centro” da quelle parti sono strutturalmente un corpo esterno ed estraneo rispetto al progetto politico complessivo della coalizione. Del resto, parliamo di una coalizione che si basa solidamente su tre sinistre: quella radicale e massimalista della Schelin del Pd; quella populista e demagogica dei 5 Stelle di Conte e quella estremista ed ideologica del trio Fratoianni/Bonelli/Salis. Il tutto supportato dal segretario generale della Cgil Landini.

Una coalizione che, coerentemente, ha l’appoggio incondizionato della sinistra editoriale, televisiva, giornalistica, intellettuale, artistica e culturale dei soliti noti che ogni giorno possiamo tranquillamente ascoltare nei vari talk televisivi compiacenti e nelle argomentazioni sulla carta stampata “amica”. Un blocco – sociale, politico, culturale e quasi etico – sufficientemente granitico che non contempla altri apporti se non del tutto irrilevanti ed ininfluenti. È il caso, nello specifico, della simpatica e goliardica “tenda” inventata e patrocinata dal duo Bettini/Renzi che avrebbe addirittura il compito di bilanciare il peso abnorme della sinistra radicale, populista ed estremista all’interno della coalizione progressista.

Come tutti sanno, a cominciare dai protagonisti stessi della simpatica “tenda”, si tratta del solito escamotage per sostenere – ahimè – che la coalizione è plurale da un lato ma che, dall’altro, garantisce un grappolo di parlamentari ai promotori della “tenda” stessa. Cioè a Renzi e ai “suoi cari”. Detto questo per la cronaca, quello su cui vale la pensa spendere ancora una parola è sul profilo e sulla natura di quella coalizione. Si tratta, cioè, e del tutto legittimamente, di una alleanza che vede le forze della sinistra italiana, nelle sue multiformi espressioni, decisive della costruzione del progetto politico alternativo al centro destra. Detta in termini ancora più chiari, si tratta di una alleanza che non ha nulla a che vedere con il tradizionale centro sinistra. Cioè quell’alleanza che abbiamo conosciuto dopo la fine della prima repubblica e il tramonto del partito italiano per eccellenza, cioè la Democrazia cristiana. Un’alleanza, com’è noto a tutti, che si reggeva sulla collaborazione/competizione tra un centro riformista, democratico e di governo e una sinistra altrettanto riformista, democratica e di governo. Ma con due culture di riferimento e due tradizioni sociali ed ideali profondamente diversi.

L’esatto contrario di quello che avviene oggi dove il Centro, di fatto, non esiste più perché la coalizione progressista si riconosce nel pianeta variegato e composito della sinistra italiana. Del resto, per chi avesse ancora qualche dubbio, è appena sufficiente verificare come sono state costruite le coalizioni nelle varie regioni per rendersene conto senza ulteriori commenti al riguardo. Per queste ragioni, semplici ma essenziali, vale sempre l’antico monito di un leader e statista della Democrazia cristiana, Carlo Donat-Cattin, quando sosteneva che “in politica conta chi detta l’agenda”. A prescindere anche dai rapporti di forza. E l’agenda, oggi, nella coalizione progressista la dettano i vari partiti di sinistra. Per il Centro c’è posto solo sugli spalti.


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