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Africa e Mediterraneo: tra Piano Mattei, debito e transizioni il futuro è adesso. L’analisi di Scandizzo

Il messaggio arrivato dalla 10° Conferenza Annuale della Società italiana per l’economia dello sviluppo, tenutasi a Villa Mondragone è che l’Africa e il Mediterraneo oggi rappresentano un’opportunità storica: popolazione giovane, aumento del Pil, aumento della domanda di energia, infrastrutture e posti di lavoro. Tuttavia, senza una visione e strumenti adeguati, questa opportunità sarebbe perduta e assisteremmo impotenti a un aumento delle condizioni negative già presenti nella regione. L’intervento di Pasquale Lucio Scandizzo

La 10° Conferenza Annuale di Sites (Società italiana per l’economia dello sviluppo), tenutasi a Villa Mondragone con il patrocinio della Fondazione Tor Vergata e della Banca mondiale, nelle giornate del 15 e 16 settembre, non è stata solo una conferenza accademica. Essa si è posta l’ambizione di ospitare una riflessione di attualità sulle sfide strutturali e le opportunità che l’Africa, la regione mediterranea e l’Europa devono affrontare. Economisti, politici e istituzioni internazionali si sono confrontati con argomenti quali la crescita, il debito, il cambiamento e la geopolitica, evidenziando quanto i destini delle due sponde della regione del Mediterraneo siano venuti ad essere intrecciati.

Due delle sessioni chiave hanno riguardato la nuova agenda per la crescita dell’Africa, presentata dalla Banca Mondiale, e il Piano Mattei italiano, avviato nel 2024 per la ristrutturazione delle relazioni euro-africane. Due filoni del dibattito hanno cercato confronto e integrazione: la necessità economica di solidi pilastri per la crescita endogena e la necessità politica di convertire la strategia in pratica.

La Strategia di sviluppo e il piano Mattei

In numerose sessioni della Conferenza è stato sottolineato il fatto che l’Italia si trova oggi in una posizione strategica unica per diventare il ponte tra l’Europa e l’Africa per ragioni non solo geografiche, ma anche geopolitiche, economiche e infrastrutturali. I porti italiani – Gioia Tauro, Napoli, Trieste – sono già protagonisti nel Mediterraneo, ma non stanno ancora sfruttando appieno le loro potenzialità. Serve un salto di qualità: visione, investimenti, alleanze.

La proposta avanzata durante la conferenza è ambiziosa e complessa: rilanciare una politica ampia di investimenti, anche in continuità con il Pnrr, con la prospettiva di trasformare il Piano Mattei in una vera e propria piattaforma finanziaria e logistica al servizio dello sviluppo euro-afro-mediterraneo. In sinergia con il Global Gateway europeo e il Green deal, l’Italia può guidare una nuova stagione di cooperazione pragmatica ed equilibrata. 400 milioni di persone vivono nel sud del Mediterraneo. Si tratta di un’area in crescita demografica ed economica, con un Pil in crescita e una domanda sempre più forte di infrastrutture, energia, logistica e occupazione. Al Nord, l’Europa si trova ad affrontare le sfide della stagnazione e della transizione ecologica. La convergenza tra queste due realtà non solo è possibile, ma necessaria.

L’Italia, per la sua storia e la sua posizione, è la candidata naturale per facilitare questa convergenza. Ma il vantaggio logistico non è sufficiente. Abbiamo bisogno di un’infrastruttura finanziaria in grado di accompagnare e garantire i progetti. Da qui l’idea di un Fondo o una Banca afro-mediterranea di sviluppo: un’istituzione finanziaria multilaterale, ma disegnata con una nuova prospettiva di integrazione tra capitale pubblico e privato, dedicata al finanziamento delle infrastrutture portuali, delle reti intermodali, delle pmi locali e dei progetti transfrontalieri. Questa istituzione, più volte proposta nello spirito di rilanciare lo sviluppo delle organizzazioni multilaterali, sarebbe una risposta concreta alla reale e sempre più pressante necessità di uno strumento finanziario di stabilizzazione, crescita e inclusione.

Offrirebbe garanzie ai privati, ridurrebbe il rischio paese e sbloccherebbe capitali pubblici e privati. In questo contesto, va affrontata anche la questione strutturale del debito pubblico africano, che frena gli investimenti, lo sviluppo e l’inclusione. La istituzione proposta può promuovere una linea di credito ispirata al Piano Brady, per ristrutturare il debito africano attraverso strumenti innovativi: scambi di debito con investimenti produttivi, emissioni obbligazionarie garantite da istituzioni multilaterali, fondi di compensazione pubblico-privati. Un tale meccanismo non solo alleggerirebbe l’onere del debito, ma libererebbe risorse per la sanità, l’istruzione, le infrastrutture e l’innovazione.

Ma lo sviluppo infrastrutturale deve andare di pari passo con lo sviluppo umano. La costruzione del capitale umano condiviso è la vera infrastruttura invisibile del futuro afro-mediterraneo. L’Italia può promuovere una rete di università, istituti tecnici e centri di formazione applicata in collaborazione con i partner africani, per formare nuove generazioni di professionisti, tecnici, manager e innovatori. La mobilità educativa e professionale può diventare un asse strategico di cooperazione.

Allo stesso tempo, è necessario costruire un sistema di welfare afro-mediterraneo che accompagni l’integrazione economica con diritti, tutele e servizi. Un mercato del lavoro condiviso ha bisogno di sicurezza sociale, protezione della salute, uguaglianza di genere, inclusione dei giovani. Anche qui l’Italia ha modelli, competenze e strumenti da mettere a disposizione in una logica di co-sviluppo. Il Piano Mattei può così diventare la base per sviluppare un’iniziativa internazionale di ampio respiro che si concretizzi non solo in un contenitore politico, ma in una piattaforma operativa: multilivello, multinazionale e multidimensionale. Un’infrastruttura diplomatica e finanziaria in grado di coinvolgere attori europei, africani e internazionali.

Una nuova stagione di competizione globale è in corso. Cina, Usa, Ue stanno investendo centinaia di miliardi nella connettività strategica: Bri, Pgii, Global Gateway. Se l’Italia vuole contare, deve agire ora. Con determinazione, con metodo, con partnership. Nei prossimi dieci anni, questa strategia può generare crescita dell’occupazione, stabilità e sviluppo sostenibile. Scommettere sul Mediterraneo non è solo una scelta economica. È una scelta politica, ambientale, culturale che investe nella sicurezza condivisa, nella prosperità diffusa, nella cooperazione tra le coste.

Debiti e sostenibilità: la proposta giubilare

Tra le grandi tendenze osservate alla conferenza Sites c’è il debito, un ostacolo strutturale allo sviluppo sostenibile. Il debito estero dell’Africa ha raggiunto il livello di 1.160 miliardi di dollari nel 2024, pari al 75% del Pil della regione, con un costo medio annuo di circa 163 miliardi di dollari, superiore al costo della spesa sanitaria o dell’istruzione per la maggior parte delle nazioni africane. L’iniziativa del Giubileo, presentata a Villa Mondragone, propone una soluzione creativa: la riduzione del debito per gli investimenti locali nelle energie rinnovabili, nell’ambiente e nella resilienza agli impatti della crisi climatica. Questa proposta intreccia giustizia sociale e giustizia ambientale, facendo eco agli appelli di Papa Francesco a “non lasciare indietro nessuno”. Questo modo di pensare va oltre il modello tradizionale di aiuti tradizionali, concettualizzando la riduzione del debito come catalizzatore per il cambiamento sistemico.

La nuova questione meridionale della regione euromediterranea

Un altro punto focale risiede nella posizione relativa del Sud Italia e del Mediterraneo. Entrambi rischiano di essere lasciati indietro dai cambiamenti ecologici, digitali e demografici, a meno che le politiche non vengano più snelle. I porti italiani – Gioia Tauro, Napoli, Trieste – restano inattivi, non permettendo all’area mediterranea di emergere come un vero e proprio snodo del commercio internazionale. Gli studi quantitativi presentati nel corso della sessione della Conferenza organizzata in collaborazione con la Svimez, mettono in luce i risultati sostanzialmente positivi del Pnrr sul Mezzogiorno, risultati che però potrebbero essere compromessi dalla mancanza di un piano di investimenti capace di sostenere lo sviluppo anche nel lungo termine.

In questo contesto, l’espansione del Piano Mattei, e la creazione di una Istituzione Finanziaria Afro-Mediterranea di Sviluppo potrebbe fornire uno stimolo decisivo per la realizzazione di un piano organico di investimenti in infrastrutture, istruzione, pmi e progetti transfrontalieri, riducendo il rischio paese e mobilitando finanziamenti privati. Questi investimenti dovrebbero anche essere sostenuti dalla creazione di un sistema pensionistico ed assicurativo a sostegno di un mercato del lavoro tra le due sponde del Mediterraneo e dalla ristrutturazione del debito dell’Africa, che libererebbe risorse per i settori della sanità, dell’istruzione e dell’innovazione.

Ricerca, evidenze e One Health

Oltre alle macro-strategie, la conferenza ha evidenziato la necessità di un processo decisionale basato su dati concreti per le situazioni fragili e colpite da conflitti. La Fao e il Cnr hanno presentato rapporti sull’impatto delle migrazioni, dei cambiamenti climatici e dell’instabilità sulle società del Mediterraneo. L’accuratezza dei dati è la chiave per tradurre politiche elevate in soluzioni efficaci. Un’altra innovazione è arrivata dall’ approccio One Health, che lega insieme salute, ambiente ed esposizione sociale e che ha visto impegnati, oltre ai gruppi di ricerca più attivi sull’argomento, anche le strutture del Ministero della Salute. Gli studi presentati mettono in evidenza come le prospettive di crescita sostenibile e la riduzione delle disuguaglianze vadano bene al di là del reddito: i contesti ambientali e sociali modellano i risultati sanitari nel corso della vita. Legare insieme queste lezioni richiede il riconoscimento dello sviluppo e della salute pubblica come indivisibili.

Opportunità e rischi

Il messaggio di Sites-Villa Mondragone è che l’Africa e il Mediterraneo oggi rappresentano un’opportunità storica: popolazione giovane, aumento del Pil, aumento della domanda di energia, infrastrutture e posti di lavoro. Tuttavia, senza una visione e strumenti adeguati, questa opportunità sarebbe perduta e assisteremmo impotenti a un aumento delle condizioni negative già presenti nella regione: disuguaglianze, instabilità politica, crisi migratorie incontrollate.
Partendo da una felice intuizione legata ad una iniziativa bilaterale, il piano Mattei potrebbe fornire l’impulso per trasformare il Mediterraneo in una zona estesa ed intensa di cooperazione multilaterale. Ma per questo, dovrebbe andare oltre la retorica: con una governance trasparente, una pianificazione europea, strumenti finanziari innovativi, nonché una politica coraggiosa per la ristrutturazione del debito.


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