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Ecosistemi trasparenti e responsabilità. La ricetta del ministro Bernini per il futuro della ricerca

Di Anna Maria Bernini

La scienza stessa, per sua natura, non conosce confini. Ma ciò non significa lasciare ad altri le chiavi del progresso. La riflessione a firma del ministro dell’Università e della ricerca Anna Maria Bernini, pubblicata sull’ultimo numero di Healthcare Policy

Non esiste parola più abusata e al tempo stesso più vera di “futuro”. Ma il futuro non è un concetto astratto: è fatto di scelte, di ricerca, di conoscenza. Si costruisce nei laboratori, nelle aule universitarie, cresce grazie ai talenti che da sempre si formano nelle università e nelle istituzioni dell’alta formazione artistica e musicale. È da qui che parte tutto. Le istituzioni dell’alta formazione e la ricerca sono la porta d’ingresso del domani.

La domanda allora non è più “da dove partiamo”, ma “come rendiamo davvero efficiente questo sistema”. La rotta che abbiamo scelto, in un’Italia che sa essere protagonista in Europa, è chiara: più attori in campo, non solisti ma un’orchestra. Atenei, centri di ricerca, imprese, enti locali, pubblico e privato insieme. Valorizzando le nostre radici e i territori ma senza chiuderci, spalancando le porte alla collaborazione internazionale. Perché il futuro non è mai a compartimenti stagni. È fatto di connessioni. Cosa dobbiamo fare lo sappiamo bene: incentivare la collaborazione, costruire ecosistemi, attrarre talenti e investimenti. Non possiamo andare in ordine sparso: il sapere o è collettivo, o non è. L’ecosistema della conoscenza è insieme strumento e contesto, il terreno e il seme.

La scienza stessa, per sua natura, non conosce confini. Ma ciò non significa lasciare ad altri le chiavi del progresso. Sarebbe un errore fatale, significherebbe diventare marginali, irrilevanti, una parola che ricorre spesso in questi giorni quando si parla di Europa. Ma il vero rischio, peggiore dell’irrilevanza, è la dipendenza da altri. Perché lo sappiamo: la risorsa più rara, più preziosa, non è l’oro né il litio. È la conoscenza.

Italia ed Europa sono sintonizzate su un obiettivo comune: usare le nuove tecnologie come strumenti di progresso condiviso. Vale per le biotecnologie, per la biologia sintetica, per la biosicurezza. Il Covid, appena cinque anni fa, ci ha insegnato quanto fossimo vulnerabili tutti, persino i Paesi più avanzati. E niente ci garantisce che minacce simili non si ripresenteranno. La prevenzione nasce sempre dalla conoscenza. E la biosicurezza non difende solo salute e benessere: difende perfino la nostra libertà. L’anno scorso, al G7 di Bologna su ricerca e innovazione, i sette ministri dell’Alta formazione e della ricerca hanno sposato con convinzione la nostra proposta: ecosistemi trasparenti, responsabili, inclusivi. E soprattutto etici. È questo il modello che ci guiderà: condivisione, non sopraffazione.

Ecco perché la nostra responsabilità è moltiplicata. Non difendiamo solo un Paese ma un’idea di comunità che non ha confini. Perché è la ricerca a generare innovazione, ma è la responsabilità a garantirne il senso: che resti sempre al servizio dell’umanità. E se è vero che da un grande potere derivano grandi responsabilità, il potere che abbiamo oggi è la conoscenza. Sta a noi saperla usare.


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