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La Cina tra diplomazia e deterrenza. Così Sco e parate ridefiniscono l’ordine globale

Di Ivan Caruso

La prima settimana di settembre 2025 ha certamente segnato un momento di svolta nella geopolitica globale, con la Cina che ha orchestrato una sequenza di eventi complementari capaci di proiettare potenza su dimensioni multiple. Dal Summit della Shanghai Cooperation Organization (Sco) di Tianjin alla grandiosa parata militare di Pechino per l’80° anniversario della vittoria sul Giappone, Xi Jinping ha dimostrato la capacità cinese di combinare soft power diplomatico e hard power militare in una strategia coordinata di ridefinizione dell’ordine internazionale. L’analisi del generale Ivan Caruso, consigliere militare della Sioi

Il vertice di Tianjin ha rappresentato molto più di un incontro regionale. Con la partecipazione di 25 paesi che rappresentano oltre il 40% della popolazione mondiale e il 24,7% del Pil globale, l’evento ha assunto i contorni di una vera e propria controffensiva diplomatica all’egemonia occidentale. L’immagine di Xi Jinping che cammina mano nella mano con Putin e Modi ha cristallizzato simbolicamente l’emergere di un asse alternativo, mentre Trump giocava a golf dall’altra parte del Pacifico.

La “iniziativa di governance globale” lanciata da Xi non è stata casuale: mentre gli Stati Uniti di Trump alienano alleati storici con dazi punitivi – il 50% imposto all’India ne è esempio lampante – la Cina si propone come garante di un “sistema più giusto ed equo”. Putin ha aggiunto un elemento semantico significativo parlando di “Maggioranza globale”, suggerendo che il blocco occidentale rappresenti ormai una minoranza nel sistema internazionale.

L’avvicinamento tra India e Cina, dopo anni di tensioni himalayane culminate negli scontri del 2020, dimostra l’abilità diplomatica cinese nel capitalizzare gli errori americani. Modi, spinto dai dazi trumpiani e dalle accuse di essere “la lavanderia della Russia”, ha trovato in Pechino un interlocutore disposto a parlare di “partnership anziché rivalità”.

La parata militare: il messaggio della deterrenza tecnologica

La parata del 3 settembre ha completato il quadro strategico con una dimostrazione di forza militare senza precedenti. Per la prima volta, la Cina ha esposto apertamente la sua triade nucleare completa: missili balistici intercontinentali Dongfeng-61 e Dongfeng-31, il Julang-3 a lancio sottomarino e il Jinglei-1 lanciato da aereo. Questa trasparenza strategica rappresenta un salto di qualità nella deterrenza nucleare cinese.

Ma è l’arsenale convenzionale a trasmettere il messaggio più diretto agli Stati Uniti. I missili ipersonici “carrier-killer” YJ-17, YJ-19 e YJ-20 sono progettati specificamente per negare la superiorità navale americana nell’Indo-Pacifico. Il sistema laser LY-1, i droni sottomarini HSU-100 e le nuove capacità anti-drone costituiscono una panoplia tecnologica che sfida direttamente la proiezione di potenza statunitense nella regione.

L’elemento più sofisticato è rappresentato dall’integrazione tra sistemi nucleari, ipersonici, droni e armi a energia diretta in una dottrina multi-dominio. Le nuove formazioni cyber, aerospaziali e di supporto informativo che hanno sfilato per la prima volta testimoniano l’evoluzione istituzionale dell’Esercito Popolare di Liberazione verso una forza del XXI secolo.

La complementarità strategica dei due eventi

La sequenza temporale non è casuale: il Summit Sco ha fornito la legittimazione politica internazionale, mentre la parata ha offerto la credibilità militare necessaria a sostenere le ambizioni geopolitiche cinesi. Xi ha dimostrato di poter contare su alleati strategici (Russia, Corea del Nord) e partner economici (India, Iran, Pakistan) mentre possiede gli strumenti militari per scoraggiare interventi esterni.

La presenza dei peacekeepers cinesi con i caschi blu Onu rappresenta un messaggio sottile ma importante: la Cina non si propone come potenza revisionista distruttiva, ma come garante di un ordine internazionale rinnovato che rispetti il multilateralismo. È una sfida diretta all’unilateralismo trumpiano e al ridimensionamento americano delle istituzioni internazionali.

Le reazioni occidentali e l’accelerazione della polarizzazione

La reazione di Trump, che ha accusato Xi di “cospirare” con Putin e Kim Jong-un, rivela l’efficacia della strategia cinese nel creare un dilemma strategico per Washington. Più gli Stati Uniti adottano politiche unilaterali e aggressive, più spingono potenze regionali come l’India verso l’orbita cinese.

L’assenza di leader occidentali alla parata – ad eccezione di Fico (Slovacchia) e Vučić (Serbia) – dimostra l’approfondirsi del divario tra blocchi geopolitici. Ma il vero successo cinese è rappresentato dalla presenza di leader del Sud-Est asiatico e dell’Asia centrale, regioni tradizionalmente contese tra le grandi potenze.

Verso un nuovo equilibrio multipolare?

Gli eventi di inizio settembre segnano l’emergere di un ordine geopolitico genuinamente multipolare. La Cina ha dimostrato di possedere sia la visione strategica che gli strumenti pratici per sfidare l’egemonia americana. La combinazione di attrazione economica (Sco), alleanze strategiche (con Russia e Corea del Nord) e deterrenza militare (parata) costituisce una formula potenzialmente vincente.

Il messaggio finale è duplice: agli alleati potenziali, Pechino offre partnership economica e rispetto della sovranità; agli avversari, mostra una capacità militare crescente e alleanze consolidate. In un mondo in cui l’America di Trump privilegia la coercizione economica all’attrazione politica, la strategia cinese potrebbe rivelarsi vincente nel lungo periodo. La partita per il futuro ordine mondiale è appena iniziata, ma la Cina ha chiarito di voler giocare da protagonista, non più da comprimario.


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