Guardando la mappa del Vecchio continente ci si accorge che i Paesi guidati da forze di centrosinistra sono solo una manciata. Ne deriva una riflessione sui motivi che hanno portato a questo scenario. Da dove nasce la crisi della sinistra europea e americana? Come far riprendere la sua spinta propulsiva che adesso sembra esaurita? Lo abbiamo chiesto al presidente Giuliano Amato che, da profondo conoscitore del mondo progressista, ha condiviso con la rivista Formiche delle ricette per far ripartire il mondo left tra le due sponde dell’Atlantico.
Partiamo dagli Stati Uniti, dove il Partito democratico ha subìto una seconda sconfitta contro Trump in meno di dieci anni. Come si è arrivati a ciò?
Se c’è una cosa chiara oggi negli Stati Uniti è che si sono estremizzate le posizioni. L’esempio di politica radicalizzata nel sistema politico statunitense si fa particolarmente sentire con gli integralismi di destra, pensiamo alle leggi contro l’aborto; oppure alla censura sui libri delle biblioteche scolastiche in Florida; o al licenziamento delle persone transgender dalle forze armate. Di fronte a questo quadro, se ragioniamo a come ci si è arrivati, ecco che qui i democratici hanno un carico di responsabilità molto elevato.
Perché?
Per spiegare come sono andate le cose, devo risalire almeno agli anni Settanta, quando accadde un fenomeno di per sé molto positivo: negli Stati Uniti si passò dalla storica cancellazione delle proprie origini da parte delle minoranze immigrate, al traguardo di essere accettati e quindi al superamento del modello della assimilazione. Comincia così a farsi strada l’orgoglio delle radici identitarie. Essere americano non è più contrastante con le proprie radici. Un’evoluzione raggiunta anche grazie alla legge sui diritti civili voluta da Kennedy e fatta approvare da Johnson. Sono gli anni dell’orgoglio degli afroamericani interpretato, dopo Luther King, dal regista Spike Lee.
Un’evoluzione che arriva ai nostri giorni?
Sì, perché nasce la cultura della diversità, che col tempo diventerà ciò che chiamiamo woke, che diventa non assertiva per la propria identità, ma intollerante verso coloro che la negano. Ha inizio quel fenomeno che porta alla correzione della storia, alla cancellazione delle figure contrarie al riconoscimento dell’identità, all’intolleranza nei confronti di coloro che la pensano diversamente. Da un lato si chiede che sparisca la statua del generale Grant, dall’altro si impedisce nelle università, a chi dice che queste cose non si devono fare, di poter addirittura parlare. Un fenomeno di rigetto degli altri che arriva a provocare dei fenomeni in precedenza impensabili.
Ma perché negli Usa si è verificata questa disaffezione per i democratici?
Faccio un altro esempio, nelle città americane negli anni passati è esploso il tema che vediamo oggi a Milano, di una edilizia che lascia fuori i ceti medio-bassi e di affitti che crescono vertiginosamente. Quando era in corso la campagna elettorale che ha riconfermato Trump, ho letto diverse interviste di donne sole che si pensava avrebbero votato per i democratici per via delle posizioni repubblicane sull’aborto, ma veniva poi fuori il problema degli affitti. Con canoni di 900 dollari, se il guadagno è 1200, le donne non vivono più. Molte di loro hanno votato repubblicano perché i democratici non hanno fatto nulla nelle stesse città che amministravano per fare in modo che gli affitti non arrivassero a quei livelli.
Ecco Presidente, allora i progressisti americani non sono stati capaci con la loro linea politica di contrastare il populismo. Come possono oggi invertire la rotta?
Ciò che nei democratici ha dimostrato di funzionare è l’esistenza di una forte leadership capace di tenere insieme ed equilibrare le diversità che esso ha sempre avuto al suo interno. Teniamo conto che i democratici sono sempre stati il partito che raccoglie via via le minoranze che si formano, le aiuta a integrarsi e ad essere anche rappresentate al massimo del riconoscimento. Tuttavia, c’è una naturale tendenza nell’elettorato democratico a disperdersi per i vari rami in cui è formato. L’elemento unificante secondo la tradizione americana è la figura del presidente degli Stati Uniti. Che impersona e incarna l’unità. Ciò è accaduto con Roosevelt, Clinton, Obama, ma non con Biden.
Parliamo ora della crisi delle forze di centrosinistra in Europa…
Quello che accade oggi è la conseguenza del passato. Di solito si dice che i partiti socialisti europei abbiano cominciato a perdere quando è arrivato il neoliberismo. Il XXI secolo ha portato ad un grande sviluppo, ma molto diseguale, che ha garantito una riduzione della povertà in Paesi extra-europei, ma ha fatto aumentare le diseguaglianze proprio nei ceti medio-bassi in Europa, con perdita di posti di lavoro e riduzione salariale. In questo contesto, i socialisti non hanno saputo fronteggiare questo cambiamento, perché le loro vecchie politiche degli anni Sessanta non funzionavano più, ma c’è dell’altro.
E che cosa hanno fatto?
Si sono buttati sui diritti civili. Basti pensare al governo Zapatero che tra il 2004 e il 2008 ha introdotto leggi per gli omosessuali; sull’interruzione della gravidanza e quant’altro ed è finita che ha conquistato il consenso delle Ztl delle città, cioè dei ceti superiori, ma ha perso il consenso degli inferiori che da tutto questo si sono sentiti esclusi e non rappresentati. Di qui le difficoltà che i partiti socialisti incontrano oggi.
Tutto è riconducibile ai diritti civili?
Che non era sbagliato, ma c’è un ma. La ragione che ha portato i partiti progressisti in Europa a perdere è stata la fine dei vecchi partiti. Il partito tradizionale aveva una rete sul territorio che assumeva posizioni politiche sulle quali formava il consenso attraverso le sezioni e quando arrivava a sostenere cose in Parlamento, aveva maturato il consenso su di esse attraverso quella rete. Non erano posizioni assunte estemporaneamente, dopo aver letto i sondaggi.
Ci faccia un esempio.
Arrivò il tempo a fine anni Sessanta del divorzio. L’elettorato dei socialisti e dei comunisti, da principio, non era per il divorzio. Era un elettorato con valori conservatori, condivisi con la religione. Io ho battuto buona parte delle campagne toscane per convincere, sezione dopo sezione, i miei vecchi compagni che il divorzio era una cosa giusta. Il Pci, che più ancora dei socialisti in quegli anni aveva una solida rete territoriale, ci mise mesi prima di esprimersi a favore del divorzio. Non perché stesse lì a sfogliare la margherita, ma per costruire nella sua rete territoriale, il consenso.
Oggi i leader seguono altre logiche. Non tornerà la politica di allora…
La politica che è seguita con la fine dei vecchi partiti, ha creato nuove forme di rapporto. I leader che parlano attraverso la televisione non sentono più il bisogno di andare in giro, di interagire, di interloquire, di ascoltare, di accogliere obiezioni e di rispondere. Si parla dall’alto e si raccoglie la reazione degli elettori attraverso i sondaggi. Se questo è il nuovo terreno della politica, vincono i conservatori.
Per quale motivo?
Perché i progressisti volendo cambiare hanno bisogno di creare le condizioni di accettazione di un futuro. Se non hanno più gli strumenti per l’interazione e il dialogo sono perdenti. Ed è ciò che ha fatto perdere la politica dei diritti. Non era mica sbagliato sostenere i diritti civili, ma ci sarebbe stato bisogno di convincere, di interagire, di quella politica partecipata di cui è venuta meno la strumentazione.
Che consiglio si sente di dare alla compagine di sinistra dei vari Paesi che fatica a trovare un posto?
Devono ritrovare la politica partecipata. I partiti progressisti, senza la politica partecipata, la politica fatta anche dal basso, la politica fatta discutendo, la politica fatta guardandosi negli occhi, perdono. Se usano soltanto la strumentazione dei sondaggi, o il comunicatore politico che gli spiega gli esiti, vinceranno i conservatori. Insomma è chiaro che la questione emersa a Milano, un problema di fondo ce l’ha. Lo stesso che ha portato tante donne americane a votare per Trump.
A questo punto cosa dice del centrosinistra in Italia?
Come ho spiegato, se è importante convincere l’elettorato che si colloca a sinistra, è non meno importante per un partito che aspiri alla maggioranza, da solo o in coalizione, necessariamente con partiti minori, tener conto di valori e interessi diffusi, che altrimenti trovano rifugio tra i conservatori.
Formiche 216