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Algoritmi, inclusione e accessibilità. L’università alla prova dell’IA

L’intelligenza artificiale sta rivoluzionando non solo il mercato del lavoro ma anche la formazione. Tra opportunità e sfide, l’università è chiamata a diventare motore di sviluppo e inclusione. Al Centro studi americani, il dibattito organizzato da Formiche

Come cambia la formazione nell’era dell’intelligenza artificiale e come questa può impattare positivamente su un settore così importante per il futuro del Paese? Di certo, in un mondo che va veloce, l’università non può più limitarsi a trasmettere nozioni, ma deve diventare la miccia capace di accendere sviluppo economico e sociale, cogliendo le opportunità offerte dalla transizione tecnologica e colmando un divario che in Italia rimane ampio. Questi i temi al centro del convegno “Learning revolution: formazione, IA e sfide globali” promosso da Formiche, tenutosi il 16 settembre al Centro studi americani di Roma. La moderatrice Alessandra Micelli, condirettore di Formiche e direttore di Healthcare Policy, ha presentato i dati del rapporto Ocse Education at a Glance 2025, secondo i quali il nostro Paese resta fanalino di coda in Europa: solo il 31% dei giovani possiede un titolo universitario (contro una media del 48%) e appena il 29% degli adulti partecipa ad attività di formazione continua, a fronte del 47% Ue.

LE PRIORITÀ DELL’ESECUTIVO

“Il processo di upskilling e reskilling è tra le priorità di questo esecutivo”, ha affermato Serafino Sorrenti, chief information security officer presso la presidenza del Consiglio dei ministri. Per Sorrenti, urge dunque “raccogliere le necessità del mercato, lavorando con gli stakeholder”. L’università in questo è destinata a ricoprire “un ruolo strategico, per questo si sta integrando il ruolo del partenariato pubblico-privato per andare a colmare quello che oggi è mancante” ha sottolineato. “Confidiamo che grazie all’impegno del governo i dati possano migliorare il prossimo anno”, ha poi concluso.

OPPORTUNITÀ E SFIDE

“L’IA ci mette di fronte a una trasformazione gigantesca, è una tecnologia affascinante e terribile”, ha osservato Alessio Pecorario, officiale della Santa sede e specialista in governance, diplomazia e politiche digitali, citando le parole usate da papa Francesco al G7 dello scorso anno. Una tecnologia che, se non governata, “rischia di generare nuove disuguaglianze”. Da qui la necessità, ha aggiunto, di puntare su algoretica e modelli di governance che garantiscano dignità ed eguaglianza. Senza comunque dimenticare le sfide legate a un uso improprio o acritico degli strumenti generativi, l’integrazione dell’IA nella formazione può avere enormi ricadute positive. Come ha sottolineato Barbara Cominelli, chairman Urban land institute, può “aumentare l’esperienza educativa, renderla più accessibile e inclusiva, e aprire nuove opportunità di lifelong learning”.

INCLUSIONE, ACCESSO, PERSONALIZZAZIONE

Un punto che si intreccia con le riflessioni di Andrea Stazi, senior advisor strategy and external affairs di Multiversity: “Se ben gestita, l’IA può riportare in auge l’apprendimento socratico: guidare gli studenti con domande mirate, stimolare passione per la ricerca, spingerli ad andare oltre la semplice raccolta di informazioni”. Non mancano però le cautele. Alcuni modelli generalisti registrano tassi di errore fino al 20%. “In certi contesti non accettabile”, ha avvertito Cominelli. Per questo resta imprescindibile la centralità di docenti e tutor. “Le piattaforme di Multiversity – ha sottolineato Stazi – nascono native digitali e alla luce dell’avvento dell’IA si sono arricchite di strumenti nuovi. Un grande passo avanti è stata l’introduzione di un tutor chatbot, un assistente virtuale intelligente disponibile ventiquattrore su ventiquattro e sette giorni su sette”. Questo tutor è stato addestrato solo ed esclusivamente con materiale fornito dai docenti, quindi, ha spiegato il rappresentante di Multiversity, “non può dare risposte errate e non da allucinazioni. I docenti hanno valutato le risposte date dal chatbot con un 99% di risultato corretto”.

UN IMPEGNO COLLETTIVO

Dall’accessibilità all’etica, dall’ecosistema all’impegno istituzionale, la learning revolution non può che essere un progetto collettivo. Barbara Cominelli ha insistito sul fatto che l’IA, per non trasformarsi in un boomerang, deve essere accompagnata da un’educazione consapevole al suo utilizzo, capace di ridurre il digital divide e ampliare le opportunità di inclusione. Uno sforzo che, per sua natura, “non può restare confinato a iniziative isolate, ma deve diventare gioco di squadra, un vero ecosistema, su temi che non possono non trovarci d’accordo”. Un richiamo raccolto da Andrea Stazi, che ha rimarcato la centralità delle istituzioni: “La formazione è un interesse nazionale, un diritto fondamentale, e deve essere al centro dell’agenda politica e pubblica”. E che trova eco nelle parole di Alessio Pecorario, per il quale l’educazione non può prescindere da una dimensione etica: “Bisogna portare la dimensione etica nello sviluppo dell’IA in ambito educativo. Il tema è quello di educare anche gli educatori. E le istituzioni devono essere pronte ad intercettare questi bisogni”.


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